Una serata con Sigfrido Ranucci

A Villa Lazzaroni il giornalista ha dialogato due ore con Ulderico Pesce per presentare “La scelta”, una biografia giornalistica dove si uniscono uomo e professionista

L’evento a ingresso libero ha riempito la sala del Teatro di Villa Lazzaroni. Nonostante la domenica sera, 20 ottobre, sono moltissime, più dei posti disponibili, le persone accorse per la presentazione del libro La scelta di Sigfrido Ranucci, edito da Bompiani e giunto all’undicesima ristampa.  Sul palco l’autore è atteso per dialogare con Ulderico Pesce. Ciò che ne esce è un dialogo lungo circa due ore, che parte dal libro ma poi si allontana, ci gira intorno, raccontando Ranucci come uomo e giornalista alla platea che lo ascolta incantata. 

Non abbiamo davanti un testo di narrativa, non ci attende una trama della quale vogliamo sapere qualcosa ma non tutto, non siamo spaventati da una discussione che può far uscire qualche spoiler.
Al contrario, farsi raccontare pezzi di vita dal diretto protagonista è una sorta di dono; sarà bello leggerlo, il volume, con quel suo titolo così forte, ma ancora meglio è sedere in sala e sentire cosa Ranucci ha voglia di dire di sé. E cosa Ulderico Pesce, la voce unica che a suo modo parla per tutti i presenti, avrà voglia di chiedergli, quali dei tanti punti possibili vorrà analizzare, scoprire a voce alta. 
Il punto di partenza sono i passaggi che più l’hanno colpito, gli aneddoti e i dettagli che tra i tanti sono rimasti più impressi nella mente del relatore, cominciando con l’incipit, un ricordo d’infanzia di Ranucci che in qualche modo ha segnato anche tutto il dopo. Il momento in cui si crea il germe di quella che sarà la scelta di Ranucci.

Siamo davanti a una presentazione diversa da quella di un libro di narrativa. In quel caso l’autore autore è solo scrittore, colui che costruisce e regala ai suoi lettori mondi immaginari. Un essere quasi mistico che parla attraverso i personaggi che crea ed esce dal suo studio per incontrare i lettori.
Ranucci invece entra settimanalmente nelle case dei suoi telespettatori, si affaccia dal televisore nei salotti di tutta Italia. Per molti è quasi una persona di famiglia, come spesso accade con le personalità del piccolo schermo.

Questo ha reso la serata al Teatro di Villa Lazzaroni un’occasione unica, un momento per rompere la barriera che separa tv e pubblico. Non c’è stata una grande opportunità di dialogo diretto ma il solo sedere davanti al giornalista, ascoltare dal vivo le sue parole, senza niente nel mezzo, è stato sufficiente ad andare oltre i limiti televisivi.

L’avventura giornalistica di Ranucci, tirata fuori dal programma che conduce, è la dimostrazione di come tutti abbiano più di una vita ma le cose si intersechino.  Non è un elenco di inchieste spiegate, regalando alla scrittura qualcosa in più rispetto ai contingentati tempi della trasmissione, ma un intersecarsi di lavoro e privato. C’è Ranucci, ci sono quelle cose di lui che non si conoscono o si conoscono meno, e ci sono i dettagli dell’attività giornalistica che mancano nel programma confezionato. I prima e i dopo, anche quelli molto successivi alla messa in onda, perché le inchieste non finiscono mai davvero. 

Una serata con Sigfrido Ranucci e Ulderico Pesce dovrebbe essere garantita a tutti quelli che hanno a cuore il giornalismo di inchiesta in un paese in cui farsi domande diventa sempre più difficile. Tanto difficile quanto necessario, perché prima ancora che sul voto è sul farsi domande e pretendere risposte che si regge una democrazia sana.

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