"La donna invisibile"

“La donna invisibile” al Teatro Trastevere: la recensione

Nei Fantastici Quattro l’invisibilità è il dono degno di un’eroina pronta ad utilizzarlo contro il male, nella realtà di tutti i giorni è la completa demoralizzazione di chi non riesce a mostrarsi per quello che è, l’assenza della propria dimensione davanti agli occhi degli altri. Un punto di forza nella fantasia, una condanna nella vita quotidiana. Eva Gaudenzi ha debuttato il 10 marzo con La donna invisibile al Teatro Trastevere per la regia di Emanuela Bolco in uno spettacolo che vorrebbe unire due mondi ma che ne finisce per tratteggiarne uno anonimo.

Adelaide Scomparin rivive di fronte al pubblico il suo passato di piccola attrice di borgata e le sue speranze per un futuro da star. È il racconto di tante persone come lei che covano il sogno di una piena realizzazione e che a un certo punto si voltano a guardare indietro e rivedono tutta la strada fatta, la tanta gavetta, le tante illusioni ma con in mano poco e niente. Adelaide rivive questi momenti con malinconica ironia. Dalle prime apparizioni durante le recite scolastiche fino alle tipiche riunioni di famiglia con madre, nonna, zia e l’immancabile amica di famiglia, Eva Gaudenzi traccia la storia di una donna cresciuta con l’obiettivo di uscire dalla borgata attraverso l’arte del palcoscenico, ma che rimane impigliata in ruoli secondari e protagonisti ambigui. L’anonimato la surclassa, l’invisibilità è diventata ormai sua amica. Decide così di accoglierla: farà uno spettacolo sulla donna invisibile dei “Fantastici Quattro”. Se non può essere vista da nessuno almeno potrà ribaltare la narrativa e usare l’invisibilità come dono.

Quando il tema sembra che possa essere sviscerato “La donna invisibile” finisce. Ma come, sembra appena cominciato ed è già finito? Quaranta minuti. Lei è da poco diventata invisibile per davvero, e poi? Un finale rocambolesco, strano, affrettato conclude un testo che sembrava potesse approfondire un argomento complesso ma che lo sfiora solamente in superficie. Rimane un po’ l’amaro in bocca.

Eva Gaudenzi tratteggia bene il personaggio incarnato (anzi, i personaggi), ma un’interpretazione volutamente ironica sembra voler restituire troppi momenti di lieve comicità che appaiono però forzati. La sua forza si vede nel monologo, fulcro del testo. È il momento in cui si spoglia delle paure e, nonostante nessuno la riesca a vedere, affronta la prova che sembra decisiva, fino a quando si rende conto che non può più sopportare l’invisibilità quotidiana per accogliere quindi quella fantascientifica.

L’attrice restituisce tridimensionalità al personaggio, incarnando quel passato descritto poco fa. Nel momento in cui si arriva al punto che apparirebbe come centrale nell’opera, la protagonista subisce una trasformazione che viene mostrata solo negli ultimi affrettati minuti.

Dalle buone intenzioni, con una Eva Gaudenzi sul pezzo, lo spettacolo si inceppa quando sembra stia per decollare, lasciando quel sapore amaro tipico di quando le aspettative non sono del tutto ricompensate.

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La donna invisibile

scritto ed interpretato da Eva Gaudenzi

Regia di Emanuela Bolco

Al Teatro Trastevere dal 10 al 12 marzo

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