Il camerata solo. L’uomo che seppellì Matteotti

Al Teatro di Villa Lazzaroni la storia di Amleto Poveromo, l’uomo che seppellì il parlamentare socialista

Cosa pensava chi ha sepolto Giacomo Matteotti? Se lo è chiesto Andrea Baldoffei, autore e protagonista de Il corpo di Matteotti, andato in scena al Teatro di Villa Lazzaroni dal 24 al 27 ottobre.
Nel centenario dell’omicidio, dopo tanti spettacoli sulla vita e la morte del politico sociali, Baldoffei ha portato sul palco l’altra parte della storia, quella violenta e spietata, l’animo duro e puro dei fascisti, quelli del credere-obbedire-combattere, intransigenti alfieri di un mondo ordinato e cameratesco.  Ma è davvero così?

Andrea Baldoffei

Baldoffei ci porta nella mente di Amleto Poveromo, incaricato di seppellire il corpo di Giacomo Matteotti, alla cui uccisione ha partecipato ma “non abbastanza”, non ha infierito quanto avrebbe dovuto sul deputato mentre veniva martoriato e ora ha questo gravoso compito.  Accanto a lui Matteo Vairo è Matteotti. Un corpo che si muove, che segue il suo carnefice in uno spettacolo che accanto al recitato, al testo, mette una sorta di danza.

Lavora su due piani “Il corpo di Matteotti”, quello della mente di Poveromo, il monologo interpretato in modo magnifico da Baldoffei, e i due corpi in scena, quello vivo e quello morto. Non essendo più possibile un dialogo tra i due Poveromo parla a se stesso e basta, ma è il dinamismo fisico che si svolge sul palco a ridare spazio all’idea di relazione.Non certo storica, non reale né realistica, ma valida nella finzione scenica, nella costruzione dello spettacolo. 

Il viaggio dentro all’animo di Poveromo si arricchisce con la presenza di Vairo, questo Matteotti che deve essergli rimasto addosso, per forza, almeno a livello morale. Forse il peso non è quello del corpo ma della coscienza, del senso di ciò che si stava compiendo. Il Matteotti fisico in scena è quello che Amleto Poveromo potrebbe sentirsi martellare dentro. Gli sguardi, l’angoscia, il tira e molla di questo ballo che noi vediamo è l’altro lato dei pensieri di chi sta seppellendo l’oppositore. C’è quanto possiamo ascoltare, questo lungo parlare tra sé, di sé e degli altri, e c’è l’indicibile, ciò che resta dentro ma le parole non sono capaci di esprimere.

Questo indicibile lo costruisce l’azione, correre, toccare, allontanarsi, avvicinarsi. Entrare nella psiche di un uomo è complesso, soprattutto se si prova a farlo per raccontare qualcosa di drammatico, e così il linguaggio muto del teatro e del corpo sono corsi in aiuto a Baldoffei per dire quello che manca.  Azione e parole si fondono, se ascoltare guida la mente guardare ci conduce l’animo. Senza sconti, perdoni, scuse.  Si rimane semplicemente assordi nel momento, da soli con loro.

Non è un dramma politico quello di cui parliamo. Lo è perché lo conosciamo, certo, e inseriamo Matteotti e Poveromo nel loro contesto, ma se in platea sedesse un alieno avrebbero davanti a sé un’ottima panoramica di cosa sia l’uomo.  Questo animale sociale che da solo è nulla, è povero, è angosciato dal seppellire il corpo che ha – a suo modo – contribuito a uccidere. Lontano dai camerati, dal valore protettivo del gruppo, dalla forza che dà essere parte di qualcosa, un uomo resta un uomo.
Drammaticamente, verrebbe da pensare. Perché ci conferma che aveva ragione Hannah Arendt, il male è drammatico perché è banale. 

Andrea Baldoffei e di spalle Matteo Vairo

Non esiste il fascista come singolo esemplare mostruoso, o se esiste non è la maggioranza. La maggioranza sono i Poveromo, che soli con loro stessi sono persone semplici, angosciate, spaventate persino. Magari esistessero i mostri come ce li immaginiamo, vien da pensare. Forse sarebbero più facili da sconfiggere.

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Il corpo di Matteotti – Di e con Andrea Baldoffei – Con Matteo Vairo – Disegno sonoro Alessandro Giannone – Disegno Luci Giulia Ferri – ©Foto di scena Silvia Bisordi – Produzione FONDAMENTA – La scuola dell’attore – Teatro Villa Lazzaroni dal 24 al 27 ottobre 2024

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