L'uomo delle castagne

“L’uomo delle castagne”: la recensione

Un thriller scandinavo

Tra i dieci titoli più visti su Netflix è apparsa una serie, rimasta per settimane nella classifica della piattaforma, che in un nome stravagante racchiude un genere tra i più appassionanti del prodotto televisivo contemporaneo. “L’uomo delle castagne” è un thriller nordeuropeo, che si è inserito facilmente tra i lavori più riusciti nel panorama delle serie tv gialle nordiche.

Piccoli artefatti dalle sembianze bizzarre, costruiti con i frutti autunnali, sono la firma di un serial killer spietato. L’incipit raccoglie ciò che puntualmente riesce a far gola al telespettatore. L’assassino seriale, la brutalità degli omicidi, un mistero e la firma del killer, che vuole giocare con il pubblico.

Gli ingredienti sono contornati da un’ulteriore dimensione che rende l’opera ancora più suggestiva: l’atmosfera nordica, cupa, quasi sospesa, che solo le produzioni scandinave riescono a trasmettere. Costituiscono ormai un genere a sé. I panorami ampi e freddi, l’aria gravosa, i personaggi distaccati. È una cornice perfetta per un poliziesco brutale.

Non solo il contesto. La forza è anche nella trama. È un contorcimento che pare inestricabile. La violenza dell’uomo che colpisce donne madri. Sono target precisi che raccontano una storia mentale del protagonista invisibile. Niente nasce dal niente. Sono le azioni che si ripercuotono nell’uomo, è la permeabilità dell’individuo che assimila ciò che ha vissuto.

La trama di “L’uomo delle castagne”

La serie, tratta dal romanzo omonimo di Søren Sveistrup, comincia con una scena drammatica. Subito nel vivo della storia, un poliziotto si ritrova in una casa dove sono stati commessi diversi omicidi, per poi essere colpito a morte anche lui. Era il 1987.

Oggi, invece, i due detective Naia Thulin (Danica Curcic) e Mark Hess (Mikkel Boe Følsgaard) sono sulla scena di un delitto, dove il corpo martoriato di una donna è accompagnato da un piccolo uomo fatto di castagne. Parallelamente la ministra del governo danese Rosa Hartung (Iben Dorner) e il marito Steen (Esben Dalgaard) stanno cercando di ricominciare a vivere, a un anno dalla scomparsa della figlia piccola.

Il collegamento tra le diverse storie, i delitti e i personaggi è tutt’altro che scontato. L’ambientazione e i protagonisti rendono l’atmosfera ancora più fosca, alla ricerca di un sospettato senza identità ma che sembra conoscere bene sé stesso.

“L’uomo delle castagne”, uscito lo scorso mese sulla piattaforma streaming, è un prodotto ben costruito che accoglie le richieste del pubblico. Sa cosa chiede lo spettatore e glielo dà, con una dose di mistero ben realizzata. Non è un capolavoro, ma una miniserie che si inserisce di prepotenza tra i lavori televisivi scandinavi meglio riusciti.