Intervista a Pamela Villoresi, direttrice del Teatro Stabile di Palermo

Il grande spessore di una direzione coraggiosaal quadrato!

La sala teatrale risulta il luogo in cui da sempre la società si raccoglie per ritrovarsi, un luogo dove tutto è finto ma niente è falso e dove lo spettacolo diviene momento partecipativo, luogo in cui la cittadinanza si ritrova e si interroga, collabora o si scontra. In occasione del debutto della nuova stagione ’23-’24 del Teatro Biondo di Palermo dal titolo Radici ho avuto l’onore, oltre che il privilegio, di intervistare la Direttrice Pamela Villoresi. Attrice, regista e direttrice del teatro stabile, ha collaborato ed è stata formata da Giorgio Strehler, Nino Manfredi, Vittorio Gassman, Marco Bellocchio, i Fratelli Taviani, Miklós Jancsó e Paolo Sorrentino, solo per citarne alcuni. Mi ha accolto con grande professionalità e generosità, riuscendo a regalarmi anche aneddoti intimi e personali, la sesta donna a dirigere un Teatro Stabile. Ci auguriamo che il CdA del Teatro Biondo di Palermo la riconfermi alla guida del teatro simbolo per la città.

Attrice, regista e direttore artistico da quando ha iniziato con il Teatro Metastasio di Prato non si è più fermata, per nostra fortuna. C’è un incontro, un momento bello o anche di sconforto, che l’ha colpita particolarmente e che porta con sé?

“I momenti belli ci sono stati come l’incontro con Giorgio Strehler mio padre teatrale, con Nino Manfredi che mi è stato grande maestro e con il Teatro Argot, con il quale abbiamo fatto tante tragedie, ma anche la nomina qui. Nel cinema ho vissuto momenti molto belli con registi importanti come Taviani e Bellocchio, ma sicuramente quando ho avuto i bambini è stato molto doloroso non poterli portare sempre con me quando partivo. Era particolarmente doloroso lasciarli e se avessi potuto permettermelo avrei smesso di lavorare, ma con il senno del poi … per fortuna che non l’ho fatto. Non furono momenti facili, anche a seguito della malattia di mio marito che si ammalò e poi morì e i momenti difficili li ho vissuti anche qui a Palermo. Momenti nei quali ho pensato anche di andarmene perché non capivo come si potessero fare delle cose così scorrette. Io non ho mai usato la politica nella mia carriera, come donna 5non avevo santi in paradiso, non avevo né armi politiche né tanto meno quelle della scorrettezza, anche perché non le avrei sapute usare. Ho pensato che agli occhi del mondo metà colpa sarebbe stata mia, il mondo avrebbe pensato : non ce l’ha fatta! Quindi ho stretto i denti e sono andata avanti ed ho elaborato un piano. In questo periodo sto leggendo un libro di Gianrico Carofiglio che parla dell’arte del jujutsu, che è la capacità di non rifiutare una cosa ma di accettarla, nel momento in cui tu accetti un’ aggressione allora puoi modificarla. Per fare un parallelismo con me è quello che sono riuscita a fare dirigendo un teatro come donna, se ci pensiamo bene nella storia della Repubblica Italiana io sono la sesta donna che dirige un Teatro Stabile … è un po’ poco!

Ci vuole molta forza quando si fanno le cose da soli, tutto sommato però penso che ne valga la pena. Ad oggi posso dire che dal mio arrivo qui, al Teatro Biondo, abbiamo duplicato gli abbonamenti e abbiamo duemila trecento studenti di più e la nostra scuola di Teatro, che non aveva nessun titolo, ad oggi è il primo corso d’Italia in recitazione e professioni della scena direttamente con il DAMS. Il pubblico è molto felice del cartellone e mi sembra che poi una piccola vittoria l’abbiamo portata a casa. Ci tengo a dire che una quindicina degli ex allievi della scuola sono impegnati in stagione con noi, il 9 inizia il nuovo triennio ed io spero che diventi una realtà che Palermo non butti via, anche perché è una scuola che chiama studenti anche da fuori Regione.

Nel suo ruolo di Direttore Artistico, in una città complessa come quella di Palermo, dove fare teatro e divulgare arte è complicato anche dovuto alla mancanza di finanziamenti o riduzione degli stessi, cosa può raccontarci sulla gestione del teatro simbolo della città?

Diciamo che abbiamo i problemi dell’Italia solo che qui sono al quadrato. Ad essere sincera sono al quadrato sia i lati negativi ma anche quelli positivi, poiché non vi sono mezze misure, sia per la reazione del pubblico che per i riconoscimenti. Ci si devono aspettare grandi scorrettezze come grandi problemi … poi alla fine ci sono anche grandi risultati.

La Stagione 2023-24 del Biondo si intitola «Radici», come un albero ideale che dipana le sue radici sul territorio della città. È questo il sentimento che muove le scelte del teatro Stabile per la stagione?

“Assolutamente sì, il primo spettacolo che inaugura la stagione è una nostra produzione in collaborazione con i più grossi teatri europei, oltre che con la Compagnia 111 di Aurélien Bory, abbiamo il teatro della Ville de Paris, il teatro di Lussemburgo e lo spettacolo avrà due anni di turnèe. Il lavoro di Bory nasce da una storia precisa, parla della città di Palermo e degli invisibili e si fa forte della storia di questo teatro che trentaquattro anni fa ospitò il debutto di “Palermo Palermo” di Pina Bauch. Allievo di Pina, Aurelian Bory rifà uno spettacolo su Palermo e lo rifà proprio al Biondo. Le danzatrici dello spettacolo sono sbalordite dal fatto che mai avrebbero pensato che l’occasione della loro carriera la desse Palermo, dopo aver studiato nei templi della danza europei. Questo per me è il significato del lavoro che ho cercato di fare in questi anni, più che fare delle operazioni di contentino e di piccola vetrina cerchiamo di fare in modo che gli artisti abbiano delle vere opportunità e si creino un mercato. Questo è già avvenuto con tanti attori che ora sono inseriti in cast come per esempio Aurora Cimino che lavora fissa a Milano, perché se si creano un mercato e crescono professionalmente poi non c’è più bisogno del Biondo, proprio per questo la regola che noi imponiamo nelle nostre produzioni e coproduzioni, fin dove è possibile, è far collaborare gli artisti del territorio.

Come nasce questo sodalizio tra Villa Tasca e il Teatro Biondo e vi farà ritorno per la nuova stagione estiva?

“Noi pensiamo di sì, pensiamo di rifarla come esperienza. Ci hanno contattato loro perché volevano ampliare la loro interlocuzione e avere un’ audience diversa al parco, per questo li ringraziamo. La stagione estiva l’avevamo fatta a Palazzo Steri che era l’ideale, ma l’anno in cui non l’ abbiamo potuta fare, per tristi ragioni economiche, si sono insediate altre realtà e gli spazi della città non erano più disponibili. Avevamo pensato all’interno della GAM ma anche loro dovevano risolvere alcuni problemi, avevano lavori di agibilità e i periodi non coincidevano. Alla fine abbiamo fatto questo tentativo con Villa Tasca e devo dire che funziona benissimo anche se all’inizio ero titubante perché è un po’ fuori città. È un luogo molto fresco e c’è la possibilità di fare aperitivi e di mangiare, tra la presentazione del libro e lo spettacolo.”

Come è stata accolta dal pubblico la messa in scena ispirata alla storia della famigerata “vecchia dell’aceto” che è stata la tesi degli studenti del Corso di Laurea in Recitazione e professioni della scena?

Benissimo, ha avuto un grandissimo successo, e in seguito abbiamo fatto un’ altra esperienza del genere. CoopCulture, che collabora con il museo Antonio Salinas, ci ha chiesto di fare degli spettacoli itineranti all’interno del museo per far vivere le sculture e i pezzi più importanti. Abbiamo così affidato a tre drammaturghe di scrivere delle storie, che sono state pubblicate da Kalos, il rapimento di Europa, le nozze di Zeus ed Era e la storia tragica di Medusa e tre registi ne hanno fatto le regie. Questa esperienza è molto riuscita tanto che CoopCulture vuole estenderla in tutti i musei della Sicilia.

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