All’Opera di Roma si apre la Stagione 2024/25 con Giuseppe Verdi. Al Costanzi scintillante per la prima è il doge genovese il primo dei “Volti del potere“
Piazza Beniamino Gigli è scintillante.
Tutto è pronto per la prima all’Opera di Roma di mercoledì 27 Novembre.
Il Simon Boccanegra di Giuseppe Verdi ha inaugurato I volti del potere, la stagione 2024/25 della lirica romana. La storia del Doge genovese è andata in scena con la regia di Richard Jones, accompagnata dall’Orchestra del Teatro dell’Opera di Roma.
Una prima che l’ottima orchestra dell’Opera ha accompagnato sotto la raffinata direzione di Michele Mariotti. Ormai giunto al suo terzo anno da Direttore principale all’Ente Lirico romano, il Maestro ha raccolto lunghi applausi prima e dopo la rappresentazione. Applausi meritatissimi per un Direttore che conferma la cura con cui si approccia a ogni opera, attraverso il ricercato studio della partitura che permette di trasmettere al pubblico le diverse sfumature ed emozioni che accompagnano la complessa narrazione.
Sul palco due talenti assoluti del panorama lirico attuale, Luca Salsi ed Eleonora Buratto calati nei ruoli di Simon Boccanegra e Amelia, il padre e la figlia protagonisti a lungo separati. Due voci potenti ed espressive che brillano nel teatro buio, mentre fuori il pomeriggio autunnale si fa presto notte e a brillare restano solo le prime luminarie natalizie. Ma non c’è nome in questo cast che non sia stato applaudito dall’elegante pubblico del Costanzi.
Come la voce profonda di Michele Pertusi, nei panni di un ottimo Jacopo Fiesco, e Stefan Pop, che ha emozionato la sala con la romanza del suo Gabriele Adorno nel secondo atto.
Gabriele che poi non è altro che un Simon più giovane, in una storia in cui si ripete la contraddizione tra amore e potere. È come lui, ama Amelia con l’amore che lui provava per Maria e lo affronta come il giovane Boccanegra si contrapponeva a Fiesco. Quasi il dramma dell’invecchiare che sostituisce l’amore per il potere al potere dell’amore, in una danza che si ripete di generazione in generazione, destinata a non finire mai e soprattutto mai bene.
Siamo in una Genova lontana nel tempo rispetto al 1339 che vorrebbe la trama originale.
La scenografia di Antony McDonald ci mostra portici razionalisti che corrono verso la Lanterna, il faro simbolo della città ligure e del suo potere marinaro. McDonald ha curato anche i costumi, e in quelli scelti per il popolo si vede forte l’impronta d’oltremanica: cerate gialle, abbinamenti di blu e grigio che richiamano un immaginario da nord Europa, pescherecci sui mari glaciali, portandoci lontani da Zena.
Tutto cambia invece con le scene ambientate dentro al Palazzo Ducale, per il quale sono stati scelti costumi che vanno più incontro a quella che potrebbe essere l’idea del pubblico in sala. E tra questi spicca certo il mantello da Doge del Boccanegra, che è anche strumento di continuità tra l’inizio e la fine dell’opera. È con quello che Paolo Albani (Gevorg Hakobyan) proclama il protagonista Doge, vincendo su Fiesco nel prologo, e sarà lo stesso mantello a passare da Simon a Gabriele sul finale.
La ricerca di una connessione tra momenti diversi della narrazione è uno dei punti focali di questo allestimento del Simon Boccanegra.
Lo vediamo fin da subito, nella scelta registica di non mettere interruzione scenica tra prologo e primo atto. Il corpo esanime di Maria è posto su un piccolo altare, coperto da un velo scuro. Simon piange l’amor perduto, poi pian piano si allontana.
Ecco allora che nel silenzio generale, dopo qualche attimo, un corpo di donna si leva da sotto il sudario. Giovane, bella, in salute e certamente viva. È Amelia, e lì comincia la sua vicenda. Passato e presente che si rincorrono, giochi registici che creano continuità lungo i venticinque anni che separano il prologo dallo svolgersi della storia.
Si apre così “I volti del potere”, con quel Simon Boccanegra che dal potere ha avuto e perso, dall’amore sino alla vita. Unica opera di Giuseppe Verdi scelta per questa stagione, che riprenderà con la lirica in gennaio grazie alla Tosca, nel centoventicinquesimo anniversario della prima rappresentazione Romana.
E poi via via si seguirà lungo il 2025, per raccontare il potere e la storia visti dagli occhi di compositori e librettisti nel corso dei secoli. In un’era, la nostra, in cui il concetto di potere è ampio, incerto, fino a farci domandare, con più o meno serietà, quanto tutto si fermi a ciò che è visibile.
Forse dimenticando però che il potere, come ogni aspetto dell’umano vivere, ha dietro di sé persone, unità singole che, come lo stesso Boccanegra, sentono dall’interno tutte le contraddizioni del proprio valore. Fino ad essere così noti e importanti da ritrovarsi completamente soli.
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Simon Boccanegra – Musiche di Giuseppe Verdi – Regia Richard Jones – Direttore Michele Mariotti – Maestro del Coro Ciro Visco – Scene e costumi Antony McDonald – Luci Adam Silverman – Coreografia per i movimenti mimici Sarah Kate Fahie – Maestro d’armi Renzo Musumeci Greco
Personaggi e interpreti: Simon Boccanegra (Luca Salsi) – Maria Boccanegra: (Amelia) Eleonora Buratto – Jacopo Fiesco (Michele Pertusi) – Gabriele Adorno (Stefan Pop) – Paolo Albiani (Gevorg Hakobyan) – Pietro (Luciano Leoni) – Ancella di Amelia (Angela Nicoli) – Capitano dei balestrieri (Michael Alfonsi) -Orchestra e Coro del Teatro dell’Opera di Roma – Nuovo allestimento Teatro dell’Opera di Roma – Teatro dell’Opera di Roma 27 novembre al 5 dicembre 2024
Foto di scena ©Fabrizio Sansoni