Gli scarafaggi di «Freaks» che sconvolsero la brava gente

In meno di un anno Tod Browning, dalle stelle, cadde nelle stalle, anzi molto più giù. Nel 1931 diresse Bela Lugosi in «Dracula», cult dell’horror, che in poche settimane s’impose per un lungo periodo nelle classifiche degli incassi al botteghino; non solo, fu anche, sin da subito, osannato dalla critica. Il conte dai canini succhiasangue, mostro mantellato delle tenebre, colui che ha terrorizzato generazioni di adolescenti (e anche di molti adulti), nato dalla penna di Bram Stoker, divenne un’icona cinematografica grazie all’estro del suo regista. Alla MGM compresero che le storie che avevano come protagonisti i mostri potevano essere molto vantaggiose, e concessero a Browning il nulla osta per girare una seconda pellicola dove altri mostri si sarebbero esibiti in un circo. Questi però, benché fossero anche loro personaggi di un racconto («Spurs» di Tod Robbins), non erano creazioni della fantasia di un autore, ma esseri reali e il romanzo era soltanto il pretesto per ricavarne una trama.

Il cast, infatti, fu realizzato con autentici fenomeni da baraccone. Appunto, i «Freaks». Oltre a cinque attori, cosiddetti «normali», tutti gli altri, in pratica, interpretano la propria disgrazia, esibendo davanti alla macchina da presa le proprie malformazioni, le proprie mutilazioni. Frances ‘Connor, la ragazza senza braccia costretta a mangiare e fumare con i piedi; Johnny Eck, l’uomo senza gambe obbligato a camminare sulle braccia; Josephine Joseph, l’ermafrodita; Schlitzie, affetto da microcefalia; Prince Randian, l’uomo senza arti che si accende una sigaretta col fiammifero usando soltanto la bocca e striscia a terra come un serpente; Harry Earles, Daisy Earles, Angelo Rossitto, affetti da nanismo; Daisy e Violet Hilton, siamesi unite a vita per le anche; Olga Roderick, donna barbuta; Peter Robinson, uomo scheletro; e altri. Tutti EROI sconosciuti della nostra feroce inciviltà.

E Tod Browning fu uno dei primi a comprendere che quel mondo deturpato da malformazioni, e per questo motivo sfruttato, fosse abitato realmente da eroi. Riuscì a girare il film, ordinando una sceneggiatura che desse risalto a ciascuno, andando incontro a spese esorbitanti per le infinite difficoltà di ripresa, ma concluse Freaks per loro, per i «diversi»: per far emergere un’umanità nascosta ai più; che i cosiddetti «normali» voleva ignorare; anzi, voleva ammirare soltanto in circostanze spettacolari, per riderne, per prendersi beffa di quei fenomeni da baraccone, per compiacersi del loro stesso stato di grazia. Browning, durante la sua adolescenza, lavorò come circense: in quel periodo sotto i tendoni venivano mostrati nani, donne barbute, uomini senza braccia e senza gambe, e più la malformazione era evidente e «stupefacente» più la gente accorreva a vederle e ad applaudirle. Anche se a squarciagola essi reclamavano la stessa integrità di sentimenti. La stessa dignità.

Film coraggioso, anzi di più, girato nel 1932, proprio quando l’industria cinematografica stava cominciando ad allinearsi alle regole del Codice Hays pur di non rischiare censure (pericolo che significava perdita di denaro, speso per scene che sarebbero state tagliate). Una scelta intellettualmente autolesionistica, contro la quale soltanto pochi registi tentavano di opporsi. Tra questi, naturalmente, c’era Browning, già autore di grande esperienza con il cinema muto, e che ora, forte del successo ottenuto con Dracula, poteva considerarsi immune dal subire contraccolpi, invece, dopo «Freaks», fu messo da parte e la sua carriera in breve conobbe il tramonto. Aveva osato ribaltare la morale comune, offrendo al popolo dei «diversi» il riscatto sui «normali». Si gridò alla ribellione, allo scempio. Nel 1932 poteva essere considerato un affronto mostrare il rovescio di una medaglia che procurava orrore, da censurare, scandalo, da censurare, oscenità, da censurare. I diversi, all’epoca, sarebbero dovuti rimanere appartati, ma in esposizione per compiacere la brava gente, perché fonte di lauti guadagni per altre brave persone!

«Freaks» fu censurato sin da subito in molte sue parti. Non bisognò neanche scomodare il Codice Hays. In Inghilterra non fu mai proiettato, Rinnegato dalla Germania nazista. Alcuni stati americani lo misero al bando. Furono molte le scene tagliate e anche la pellicola oggi restaurata, presentata ieri alla rassegna del Cinema Pre-Code, è la versione rattoppata con un preambolo e una coda che l’autore dovette aggiungere per strappare il permesso alla proiezione. Soprattutto la parte finale è stata manipolata: non si vede, infatti, la sequenza (andata perduta) in cui i due amanti che hanno raggirato il ricco nano vengono mutilati da un’orda (mi si perdoni il paragone, ma l’effetto creato dall’autore regala proprio questa sensazione) di «zombie-scarafaggi» che strisciano nel fango per raggiungere coloro che sono stati i carnefici della loro dignità.

Un’opera, quella di Browning, all’epoca totalmente incompresa, che invece attraverso un’evidente atrocità e una necessaria violenza, mostra una grande umanità e una sensibilità raffinata nel portare sul grande schermo la ferocia della nostra «normalità». Ecco una pellicola che chiaramente indica ai cineasti contemporanei che non bisogna mai cedere alle viscide regole del buonismo, al controllo del corretto. Un artista, per non morire il giorno dopo, deve cavalcare costantemente l’onda dell’essere scorretto, della diversità, della provocazione, altrimenti finisce con l’autocensurarsi.

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Freaks, un film del 1932 di Tod Browning, tratto dal romanzo «Spurs» di Tod Robbins, sceneggiatura di Clarence Robbins; con Wallace Ford (Phroso), Leila Hyams (Venere), Olga Baclanova (Cleopatra), Roscoe Ates (Roscoe), Henry Victor (Ercole), Harry Earles (Hans), Daisy Earles (Frida), Rose Dione (Madame Tetrallini), Daisy e Violet Hilton, Schlitzie, Josephine Joseph, Johnny Eck, Frances ‘Connor, Peter Robinson, Olga Roderick, Koo Koo, Prince Randian, Martha Morris, Zip & Pip, Elizabeth Green. Al Palazzo delle Esposizioni per la Rassegna «Hollywood proibita. Il cinema senza censure del Pre-Code».