Un’indagine sull’identità all’India

La scelta dell’essenzialità si fa traiettoria cardine perUno spettacolo di fantascienza di Liv Ferracchiati in scena al Teatro India di Roma dal 18 al 23 aprile. La scena che accoglie lo spettatore è una scena nuda, gli oggetti che la popolano, non catalogabili, volutamente eccedenti dal contesto: è l’indeterminatezza che li sottrae al confine del “meramente funzionale” consentendo loro di assumere una pluralità di significati simbolici nel corso della rappresentazione.

L’identità dell’oggetto simbolo

Un catasto di blocchi di ghiaccio sul lato sinistro, sul lato destro il parapetto di una nave rompighiaccio, un cappotto blu, due microfoni al centro del palcoscenico: di fronte alla messa in discussione del confine tra reale e immaginato, tra visto e non visto, l’oggetto diventa arbitrario, si afferma nella sua funzione mutevole, rinunciando a rappresentare ciò che dovrebbe rappresentare.

Prova a dirmi- ma credo che non ci riuscirai- ciò che senti adesso (…)”

Di fronte alla caduta delle consuetudini della rappresentazione, lo stesso linguaggio subisce un cortocircuito e diventa primario innesto per il fraintendimento tra Petra (Petra Valentini) e Liv (Liv Ferracchiati), in piedi davanti al microfono sotto la finta neve che cade.

Se l’oggetto perde identità, se cade ogni corrispondenza fra parola e oggetto, l’oggetto è allora linguisticamente inesprimibile.

L’evidenza dell’artificio scenico come mezzo decostruttore dell’identità

La neve che cade è finta, ed è finta anche la pancia di Petra, così come finta è la sua gravidanza. Non celata, ma volutamente e dichiaratamente manifesta, l‘esposizione della finzione rivela come ciò che lo spettatore sta guardando non è spettacolo, ma processo di costruzione, continuo ricorso a quell’artificio che meglio sappia esprimere ciò che altrimenti non può essere espresso. Di pari portata è la dialettica tra finto e immaginatotra finto e invisibile: in quale luogo esiste l’uomo con il cappotto vintage (Andrea Cosentino)? In quale spazio immaginativo il cappotto di Petra è blu? In quale invece è rosso e svolazzante? Se ciò che esiste è posto in essere sulla base di una costruzione identitaria, l’oggetto non identificato non esiste, la persona che non ha identità deve sceglierne una per divenire visibile. Eppure la questione rimane aperta, aperta poiché affidata alla logica dell’indeterminatezza.

Dell’identità dell’oggetto alla costruzione identitaria dell’io

“Perché uno straccio di identità ci vuole”

Nel sondare il nodo impalpabile della rappresentazione identitaria, la costruzione dell’identità si metaforizza in uno spettacolo di fantascienza, risultato di una precisa costruzione scenica.

Liv (Liv Ferracchiati), nel duplice ruolo di attore e personaggio, sceglie delle convenzioni, ci sta un po, le scoperchia, le ribalta, se ne libera: così facendo, persegue un processo di decostruzione che svela la sovrastruttura della realtà, ne strappa il velo rivelando la sua necessaria finzione.

Il ritmo cadenzato della realtà è anch’esso parte di una scelta scenica, di una composizione: così come i protagonisti stanno componendo una storia di ghiaccio, l’identità umana si struttura e si compone per consentire una sua auto-rappresentazione nel mondo.

La provvisorietà dell’identità, la sua frammentarietà, la sua finitudine, è qui personificata con la fine del mondo, con l’immagine dunque di una distopia universale talmente impalpabile da rischiare di apparire retorici nel raccontarla. 

Se esiste una soluzione, è forse quella di raccontare la paura come si racconta una fiaba, una fiaba di trichechi con la testa tonda tonda, di una nave rompighiaccio che attraversa l’oceano da nord a sud per portarli in salvo. 

Forse invece, una soluzione non esiste o troppo profonda per essere sondata; e dietro al mistero c’è sempre un altro mistero: se lo chiede il protagonista, attore di uno spettacolo di fantascienza che esortandosi afferma:

“Alle soglie della fine mi sono setacciato come un passino, e non è rimasto niente”.

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Uno spettacolo di fantascienza – Quante ne sanno i trichechi

uno spettacolo di Liv Ferracchiati 
con (in ordine alfabetico) Andrea Cosentino, Liv Ferracchiati e Petra Valentini
aiuto regia Anna Zanetti 
drammaturgia di scena Giulio Sonno 

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Elena Salvati

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