“THE OLD GUARD” su Netflix: la recensione

 di Miriam Bocchino

 

È disponibile su Netflix dal 10 luglio “The Old Guard”, lungometraggio della regista  Gina Prince-Bythewood, basato sul fumetto The Old Guard 1 – Fuoco d’apertura scritto da Greg Rucka e illustrato da Leandro Fernandez.

Il film, così come il fumetto, si focalizza su un’idea semplice ma originale: una squadra di soldati viaggia per il mondo alla ricerca di un lavoro come mercenari. L’originalità? La loro essenza li rende immortali o quasi, come si scoprirà nel proseguo della storia. I protagonisti, infatti, sono in grado di guarire da ogni ferita, mantenendosi giovani e in ottima forma fisica, nonostante la “fine” arrivi anche per loro in modo imprevisto e implacabile.

Il gruppo, composto da Booker, Nicky e Joe, tre combattenti che hanno attraversato i secoli affrontando i principali conflitti della storia e compiendo con le loro azioni atti di bene inconsapevoli, è guidato da Andy, interpretata da una sempre magistrale Charlize Theron.

Andy, il cui vero nome è Andromaca di Scizia, figura millenaria e un tempo venerata quasi come un Dio, è una donna forte e determinata ma ormai stanca; vive la sua immortalità come frutto di un destino avverso e ha con sé il dolore e il rimorso per le perdite subite.

Booker (Matthias Schoenaerts), al contempo, è un uomo silenzioso, permeante di sofferenza per la vita condotta e per i lutti affrontati, come quello per il figlio malato di cancro che non ha potuto salvare.

Nicky (Luca Marinelli) e Joe (Marwan Kenzari), al contrario, appaiono nel loro amore condiviso in grado di apprezzare la bellezza dell’esistenza e di godere della vicinanza con gli altri.

I quattro, dopo un allontanamento durato un anno, si rincontrano nelle strade del Marocco per compiere un nuovo incarico: alcune ragazze sono state prese in ostaggio nel Sud Sudan e il signor Copley (Chiwetel Ejiofor), ex agente della CIA, vuole ingaggiarli per liberarle. Andy, nonostante la titubanza iniziale, decide di accettare: il senso etico prevale sulla sua resistenza. Il lavoro, tuttavia, si scoprirà essere una trappola: il signor Copley li ha traditi. Quest’ultimo, infatti, vuole catturare i soldati per consegnarli a Steven Merrick (Harry Melling), dirigente di un’industria farmaceutica, e trovare il modo di usare il loro potere per far guarire il mondo dalle malattie.

L’esistenza dei quattro protagonisti si complica ulteriormente con l’arrivo di Nile (Kiki Layne), una nuova immortale che, ferita gravemente durante lo svolgimento della sua attività di soldato in Afghanistan e guarita inaspettatamente, è prelevata, in modo perentorio, da Andy per impedire che i sospetti e le domande si facciano sempre più insistenti nei suoi commilitoni.

Gli interrogativi, tuttavia, sopraggiungono nella stessa Andy, la quale si interroga sul perché, dopo oltre 200 anni, un nuovo immortale è giunto alla luce. È un segno? Qual è il significato profondo del suo arrivo?

Ma un altra domanda si fa ancora più impellente: come affrontare la minaccia che inesorabile sembra circoscrivere le loro vite?

“The Old Guard”, pur essendo un action (combattimenti, azione e musica ad alta tensione) con una venatura fantasy, è in grado con delicatezza di affrontare tematiche da sempre presenti nell’uomo, quali la sindrome del sopravvissuto, la perdita degli affetti, l’amore capace di superare le avversità e il “tempo” che, nel suo essere fuggevole, è amico e nemico.

La storia dell’umanità ci narra che tutto ha un inizio e una fine; non può esistere la vita senza la morte: se ciò viene meno quali sono le conseguenze?

Il lungometraggio ha una regia attenta e ben strutturata in grado di restituire allo spettatore una storia complessa eppure rappresentata in modo semplice. Alcune domande rimangono, tuttavia, insolute: il sequel, non ancora confermato ma plausibile, potrebbe fornire le risposte necessarie.

“Continuare a vivere non significa non soffrire”.

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