Ninni/3: «La libertà ha sempre governato la mia vita»

Incontro con Annamaria Giromella, classe 1931, insegnante all’Accademia d’arte Drammatica per 38 anni, nel mondo del teatro e della recitazione sin dal 1953. Da sempre tutti la chiamano Ninni.

TERZA PARTE

F – Chi ti ha trasmesso l’educazione linguistica?

NMio nonno. Dopo il mio primo anno d’età, mio padre – medico – morì e io e mamma andammo a vivere con i nonni. Lui era professore di filosofia, mia nonna insegnante di francese. Tutte le mattine quando mi svegliavo ascoltavo mio nonno che ripeteva a memoria brani dei grandi poemi greci e latini che a me sembravano una musica meravigliosa. Diceva che così esercitava la memoria per mantenerla viva. A me quella musicalità e quella precisione nel declamare i versi m’è rimasta nell’orecchio e nell’anima fino ad oggi. Poi, a otto anni, mia madre si risposò con una persona sbagliata e in me nacque lentamente un forte senso di ribellione. Dovevo andar via e a ventidue anni mi sposai. Avevo il consenso di mamma e organizzai un matrimonio senza nessun invitato. Non volevo cerimonie finte. Optai per un marito simpatico, ironico, intelligente e che condividesse la mia scelta. Si chiamava Mario Pogliotti, giornalista e autore di canzoni. Ci sposammo alle sette di sera a Monterosso, sulle Cinque Terre, il giorno dopo la data fissata (perché pioveva), con due pescatori che ci fecero da testimoni. Il matrimonio non durò molto, ma siamo rimasti legati sempre da una profonda amicizia. Nel frattempo avevo conosciuto Raffaele Sposito, detto Faele, il padre di mia figlia Orsetta, un siciliano autore per la televisione e per il teatro con Antonio Amurri, Dino Verde e Guido Castaldo. Questa unione extramatrimoniale – non c’era ancora il divorzio e fui considerata un’adultera! – fece storcere il naso al Direttore generale della Rai che mi mise in castigo: fui così trasferita alle trasmissioni per l’estero. Mai punizione fu più gratificante: i programmi cominciavano alle 14.30 e per me che la sera ero sempre a teatro fu una svolta, la mattina potevo finalmente dormire. E quando, ottenni l’annullamento del matrimonio, mi risposai.

F – Finalmente con Faele?

N – No. Con Gianfilippo de’ Rossi. Mi raccomando, l’apostrofo!

F – Il critico musicale?

Claudio Gioè in «Il burbero di buon cuore», saggio del 1993 di Massimo Manna (Foto Le Pera)

NEsattamente. Persona adorabile e divertente. Nato e cresciuto nella Roma papalina di Palazzo Taverna a Tor di Nona, quando ci trasferimmo a via della Vite, a due passi da piazza di Spagna, già si sentiva un esiliato. Quando poi trovammo casa qui in via Turati, nella zona sabauda della capitale, mi disse: «Vedrai che mi chiederanno il passaporto».

F – E Orsetta, figlia di Sposito si chiama De’ Rossi.

NUna sua libera scelta determinata dall’affetto che la lega a chi le ha fatto da padre.

F – Anche questo, in un certo senso, è un gesto di ribellione.

NIl principio di libertà ha sempre governato la mia vita. Da quando mia madre mi insegnò che l’indipendenza economica era sinonimo di indipendenza fisica e mentale. Un valore che ho cercato di trasmettere a mia figlia. E lo stesso, per quel che ho potuto, ho cercato di passare ai miei allievi.

Maria Paiato in «Incantesimi e magie», saggio del 1982 di Aldo Trionfo (Foto Le Pera)

F – Ninni, una ragazza ribelle, una moglie indipendente, una donna amante della libertà.

NNon ho rimpianti. Non mi sono fatta mancare niente. Sono orgogliosa anche di tutte le mie avventure fugaci. Mi dispiace soltanto che il discorso della libertà femminile, malgrado le conquiste ottenute, sia ancora sospeso. Io sono di un’epoca in cui la donna, rispetto all’uomo, non aveva uguale diritto neanche allo studio e nemmeno al voto, dovrei essere soddisfatta di quel che abbiamo raggiunto, e certamente lo sono; ma nel frattempo il campo si è allargato e mi accorgo che restiamo sempre un passo indietro.

F – Cosa c’è oggi che trovi impari nel rapporto uomo/donna?

NQuesta storia dell’utero in affitto, per esempio: vorrei che qualcuno mi spiegasse perché si espone l’identità di una donna, mentre dell’anonimato che regna nelle banche del seme non se ne parla. Perché un bambino quando cresce, può rintracciare la sua madre naturale, mentre il padre che dona lo sperma ha diritto a rimanere nell’oscurità? In questa faccenda nulla è giusto e nulla è paritario: ci sono errori da una parte e dall’altra. Ma certamente, di base, manca un equilibrio. Un’altra ingiustizia che mi fa arrabbiare molto succede quando una ragazza è costretta ad abortire. Tutti i benpensanti sono pronti a gridare contro l’atto crudele della vita spezzata di un feto, ma dell’uomo che ha reso gravida una donna non se ne parla, eppure oggi ci sono i mezzi scientifici per rintracciarlo e per renderlo responsabile delle sue azioni.

F – Se dico Roma, che pensi?

NPenso al passato e trovo riparo nei ricordi, perché oggi Roma mi rattrista troppo. È una città piena di buche e d’immondizia. Le luci di notte non splendono più. E la maggior parte dei teatri importanti sono chiusi. Roma per me era il Teatro Eliseo, il Valle: luoghi che hanno una storia immensa, ma che sono stati abbandonati dall’ignoranza e così finiranno per essere dimenticati. Io sono molto affezionata anche alla Cometa, un altro posto che si spegnerà nell’oblio. Sono ricchezze che una città non dovrebbe mai perdere, e invece le ultime amministrazioni sembrano far di tutto per disfarsene. Non capisco le ragioni e neanche le voglio capire.

F – Ultimo argomento.

N Poi, però, andiamo a mangiare. Di che si tratta?

F – Della morte.

NE che ne so! Non ci penso. Ha da veni’! E spero che sia una cosa rapida. Non ho paura, anche se ogni tanto sento una certa curiosità, che però, in realtà, è uno stimolo vitale. La morte per me non esiste. Dico per me, perché purtroppo sugli amici la morte è diabolica. L’assenza che la morte semina intorno a chi resta non è descrivibile. Per fortuna, i miei amici sono ancora i ragazzi. E con loro la vita è meno vuota e la vecchiaia un po’ più giovane.

Terminiamo la nostra lunga chiacchierata con il desiderio di continuare a parlare; riprenderemo fra poco a cena. Io non ho finito di prendere appunti: resto seduto ad annotare una riflessione su queste ultime parole. Ninni da quasi cinquant’anni trascorre le sue giornate a stretto contatto con la gioventù, con il mondo che avanza, in compagnia di quella insostituibile freschezza che soltanto i ragazzi sanno trasmettere; e lei si è abituata a rimanere giovane in mezzo ai giovani, a comprendere il loro linguaggio, le loro scoperte quotidiane, le loro emozioni, a capire le loro curiosità. Sì, certo, c’è qualcuno che non sa chi sia la Magnani, ma gli occhi esuberanti, ingenui, incauti di chi si affaccia alla vita sono come quelli del primo amore. Oggi, a meno di due mesi dal suo 92° compleanno, Ninni non può fare a meno di questo sguardo. Per lei uscire e trovarsi circondata dall’energia della gioventù è diventata una magnifica droga salutare. Ricordo le telefonate con lei durante la clausura della pandemia: qualche volta la sentivo annoiata, insofferente, eppure, anche senza poter uscire, è riuscita a trovare il modo di continuare le sue lezioni tramite video, di continuare a trovare linfa fresca per la sua vitalità.

Fine terza parte (3/3)

Foto in evidenza: Ninni Giromella (Archivio Giromella)

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