Nascondino. Nelle ombre dell’età acerba.

di Gabriele Almansi

Un doppio azzardo è approdato sulla scena al Teatro Lo Spazio con il titolo Nascondino. La prima audacia è il tema dell’opera di Tobia Rossi, prodotta da Giuseppe Di Falco: la confusione d’identità, collocazione e prospettiva dell’età più complicata, quella adolescenziale. La seconda è quella di allestire uno spettacolo completamente affidato a due interpreti dell’età effettiva dei personaggi, cioè a cavallo fra i 15 e i 17 anni. L’attesa dunque dell’arrivo a Roma, tappa del girovagare nei teatri italiani, era corposa; possiamo ritenere che entrambe le scommesse siano state vinte. La prima grazie alla regia di Fabio Marchisio che è riuscita a porgere con estrema delicatezza anche i momenti più impervi della narrazione; la stessa regia ha preso per mano i due giovani attori che con disinvoltura ed estrema competenza hanno spinto il pubblico ad abbracciare i rispettivi personaggi.

Si noterà che lo stupore ha indotto chi scrive a commentare un allestimento senza ancora porgerne le vicende; si provvede immediatamente alla temporanea lacuna: Gio è bullizzato per la propria sensibilità quindi scompare al mondo nascondendosi in una caverna dove viene casualmente scoperto da Mirko, con il quale instaura un rapporto di progressiva e intensa complicità, spingendosi fino a un imprevisto limite estremo dell’accettazione.

La scarna ed efficace scenografia, le musiche di Eleonora Beduini e il collage luminoso ben costruito dei vari passaggi del rapporto favoriscono i due giovani attori – Andrea Manuel Pagella e Luca Vernillo De Santis – a tenere saldamente il palco avvincendo gli spettatori per gli 80 minuti di durata. Spettatori che, nel corso della fortunata tournée, sono spesso i coetanei degli interpreti, attraverso mirate iniziative pedagogiche di scuole e comunità.

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