Maria Amelia Monti e La lavatrice del cuore: definizione di una famiglia

Uno sguardo intimo sull’adozione e sul sentirsi genitori al Teatro Ai Colli di Padova

La lavatrice del cuore è un altro momento in cui il rapporto artistico ed umano tra Maria Amelia Monti e il marito Edoardo Erba si concretizza sul palcoscenico: il pubblico li incontra di nuovo lì, a mostrarsi, lei come attrice e mamma e lui come drammaturgo e padre. In termini umani è una storia vera, fatta di memorie e di riflessioni; in termini artistici è un monologo, in cui Maria Amelia Monti si offre al pubblico accompagnata soltanto dal violoncello di Federico Hodling (a cui, nel corso della rappresentazione, il pubblico dedica più di un applauso).

Maria Amelia Monti

Capita spesso di vedere a teatro certi monologhi in cui l’interprete deve fare uso di tanti elementi diegetici ed extradiegetici per tenere il palco: veloci cambi di costume, interazione con gli oggetti di scena, complessi giochi di luce o effetti sonori.

Esiste però un’alternativa più minimale, ed è proprio questo il caso de La lavatrice del cuore

Oltre all’attrice e al musicista c’è davvero poco in scena: una sedia, un leggio, un libricino di memorie e una raccolta di lettere. Questi gli elementi a disposizione dell’attrice per attraverso lo spazio, raccontare e raccontarsi. La sedia è alla sinistra del palco e il leggio è al centro, e la traiettoria che connette i due è l’unica che Maria Amelia Monti percorre: nel primo spazio, dove legge le sue memorie, prende forma la riflessione personale; nel secondo spazio, dove legge le lettere di tanti genitori ad altrettanti figli diversi, avviene il confronto con l’esperienza degli altri.

Proprio la dimensione della lettura appartiene allo spettacolo, e definisce la recitazione. Quando la protagonista è seduta e legge dal suo libro, capita più di qualche volta che le parole si mescolino, o che le frasi inciampino. Sono errori che rendono il resto reale, e momenti in cui l’attrice si permette di perdere il controllo. Non è un caso che la voce ceda soprattutto nei momenti in cui il contenuto del racconto si fa più serio, allontanandosi da quel tono leggero che pur caratterizza la messa in scena.

L’unico momento poi in cui Maria Amelia Monti rompe la lettura e recita senza il filtro di un testo scritto a interporsi tra lei e il pubblico coincide con il suo ricordo che capiamo essere il più prezioso. 

Quando l’azione si sposta al leggio, con il cambio del soggetto cambiano anche le modalità della recitazione. I ricordi a questo punto appartengono agli altri, e per quanto rimanga una connessione universale tra l’esperienza dell’interprete e le parole che legge, il grado di distanza dal testo le consente una lettura di nuovo emotiva, ma più controllata. È proprio nella dialettica tra le esperienza genitoriali che si nasconde l’anima dello spettacolo.

Maria Amelia Monti e il Maestro Federico Hodling

Il testo comincia leggero, ma diventa più intenso man mano che ci si avvicina alla fine. L’infinito racconto dei documenti e della burocrazia che Maria ed Edoardo hanno dovuto affrontare per arrivare all’adozione si rivela sia come una parentesi comica che come una riflessione sul senso e sulla moralità della pratico adottiva; allo stesso modo, le memorie che emergono dalle lettere cominciano dolci, ma arrivano a scoprire certi momenti di quella sofferenza autentica e necessaria che costruisce e da forma ai rapporti famigliari. In questa complessità, Maria Amelia Monti definisce cosa lega un genitore a un figlio.

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La lavatrice del cuore di Edoardo Erba – Con Maria Amelia Monti e l’accompagnamento musicale di Federico Hodling – Teatro Ai Colli di Padova 25 e 26 ottobre 2024

Foto: ©Francesca Boldrin

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