La dodicesima notte di William Shakespeare al Globe: la recensione

Dalla redazione

 

La follia se ne va in giro per il mondo e come il sole, splende ovunque” sentenzia il folle Feste ne La dodicesima notte (o quel che volete) di William Shakespeare, in scena dall’11 al 27 settembre al Silvano Toti Globe Theatre di Roma.

La riuscita regia di Loredana Scaramella -curatrice anche della traduzione e dell’adattamento- sembra ispirarsi a questa massima e rispettare il sottotitolo della commedia “o quel che volete” (azzardando accostamenti originali di soluzioni registiche, creatività musicali e di costumi, nonché coreografiche) e può contare anche su un cast di attori professionisti, collaboratori e musicisti di grande esperienza. Inoltre, il rispetto dei regolamenti di distanziamento interpersonale imposti dal periodo, è stato usato per contribuire ad amalgamarsi all’effetto surreale e onirico voluto.

La dodicesima notte è il culmine del periodo di festeggiamenti più importanti dell’epoca elisabettiana, che andavano da Natale all’Epifania ed è un periodo che Shakespeare ci racconta come carico di vino e di inebrianti aspettative per desideri d’amore da realizzarsi nell’arco temporale, appunto, delle dodici notti. In questo periodo sembra che tutti abbiano fretta di concludere e che le trame del destino mescolino caoticamente le volontà individuali e le casualità.

A sottolineare lo scorrere del tempo, nell’essenziale allestimento scenico, domina un grande orologio composto da dodici sedie, una per ogni personaggio della storia. Il tredicesimo personaggio, libero da legami spaziali, temporali, di logica e appartenenza è il giullare Feste disincantato osservatore e sagace, malinconico e aspro commentatore in versi e canzoni delle vicende di amori e inganni che muoveranno le storie. A vestirne i panni Carlo Ragone che può far leva sui suoi diversi talenti artistici di attore, cantante e ballerino.

Al buffone di corte è dato il compito di far dondolare la luna nella scena introduttiva e insieme di scatenare la provvidenziale tempesta in cui i due gemelli Viola (Elisabetta Mandalari) e Sebastian (Giulio Benvenuti)  verranno separati e in cui tutto l’equipaggio della nave naufragherà scaraventato dalle onde sulla terra d’Illiria. Viola crederà morto il fratello e deciderà di travestirsi da uomo per entrare –accompagnata dal Capitano sopravvissuto (Roberto Mantovani)- nella corte del duca Orsino(Diego Facciotti) e arrivare a servire la contessa Olivia (Carlotta Proietti) di cui il duca è innamorato, ma respinto.

Se musica è d’amore l’alimento, oh seguitate!” recita il duca Orsino come primo verso della commedia. Infatti già nella messinscena shakespeariana le canzoni erano presenti e anche qui le musiche originali spaziano su diversi generi musicali: dal melodico al pop, al rock, curate da Adriano Dragotta ed eseguite dal vivo dal quartetto William Kemp (Adriano Dragotta al violino, Daniele Ercoli al contrabbasso, Alessandro Duccio Luccioli alle percussioni e Daniele De Seta alle chitarre). Le canzoni -composte da Mimosa Campironi- sono protagoniste tanto quanto le vicende d’amore e valorizzano le melodiose e potenti voci di Carlo Ragone, Carlotta Proietti e Antonio Sapio (nel ruolo di Valentino, gentiluomo al seguito di Orsino), che le interpretano magistralmente. Sulle musiche e coreografie ripetute si articolano le scene (Fabiana Di Marco), a creare spazi per i subentranti attori.

Qui l’ennesimo intrigo shakespeariano è servito: Viola (in vesti maschili e con il nome di Cesari) si innamora del duca Orsino; Olivia si innamora di Viola/Cesari e il duca, a sua volta, è innamorato della contessa Olivia. L’arrivo del fratello gemello Sebastian, accompagnato dal fedele Antonio (Gabrio Gentilini), riuscirà a ricomporre la trama e disvelare gli equivoci, ricomponendo infine le coppie.

Alla storia principale Shakespeare accosta -come in altre sue opere- una storia tra i personaggi di rango inferiore, ancora più leggera, ossia la beffa da parte degli altri servitori: Maria (Loredana Piedimonte), Ser Tobia (Mauro Santopietro) e Fabian (Paolo Giangrasso) allestita contro il maggiordomo supponente Malvolio (Federigo Ceci) colpevole di aver ambito alla mano della sua padrona Olivia. Divertenti le scene comiche che vedono coinvolto anche Andrea Guangiamolle (Federico Tolardo). Finale amaro per lo scalatore sociale Malvolio che si scoprirà anziché amato, ingannato, perché “la ruota del tempo porta l’ora del rendiconto e tutto si paga”.

Suggestivi gli eccentrici costumi curati da Susanna Proietti con stili mescolati tra post-moderno,  settecentesco, punk e  trucco scenico con mascherine disegnate sui volti. Questi sembrano contribuire a enfatizzare gli immancabili lati oscuri dei personaggi.

Con la famosa Canzone di Feste, che si augura che la commedia piaccia tutti i giorni, dondolando sbeffeggiante su un’alta altalena, si chiude lo spettacolo in uno scrosciare di interminabili applausi di fronte alla stupefacente creatività che Shakespeare permette e che il Globe riesce a produrre in un periodo così difficile per il teatro.

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