La Casa di Shakespeare è a Verona

Intervista ad Andrea de Manincor, direttore artistico dal 2020 di Casa Shakespeare a Verona, una realtà tutta da scoprire.

Gestita dall’attore, regista e direttore generale Solimano Pontarollo e, alla direzione artistica, dall’attore e drammaturgo Andrea de Manincor Casa Shakespeare nasce nel 2014 e si distingue da subito per la produzione di teatro shakespeariano in lingua inglese oltre ad un approccio molto attento alla tradizione del bardo e del suo legame con la città di Verona.   Sulla base di tale legame Casa Shakespeare si fa promotore da anni di collaborazioni attive con la città e la comunità stessa: dai laboratori teatrali per i giovani, ad iniziative ed attività nei luoghi della tradizione veronese e la collaborazione con la rete RSVP (Rete Spettacolo Verona Professionisti). Una volontà che non si ferma solo alla territorialità veronese e veneta ma ormai estesa verso nuove realtà teatrali nazionali, a partire dalla rassegna Unlocked che ha portato alla nascita di importanti collaborazioni con realtà  vicine fino al contesto romano.

Il Teatro Satiro Off a Verona: Una Location Unica per Eventi, Spettacoli e  Presentazioni - Casa Shakespeare

Nel corso degli anni la compagnia di Casa Shakespeare, costituita dagli attori e formatori Sabrina Modenini, Beatrice Zuin, Giulia Lacorte, Riccardo Bodini, Andreapietro Anselmi, Anna Benico, Andrea Manganotto, Giulia Tomelleri e altri professionisti del settore, si evolve cercando di far convergere la tradizione shakespeariana e non solo con l’epoca in cui viviamo.  In quest’ottica nasce lo Streaming Drama, uno strumento nato nel drammatico periodo della pandemia e che permette ancora oggi di poter accedere a contenuti e spettacoli teatrali in modalità streaming. Sulla stessa volontà nasce Il Shakespeare interactive Museum (S.I.M) un percorso di incontro con il pubblico dove tra recitazione e simulazioni digitali, si può vivere il dramma di Romeo e Giulietta in realtà virtuale.

Fondamentale in questo incontro tra passato ed attualità il ruolo della scrittura e riscrittura teatrale del grande classico in chiave moderna, una rielaborazione utile per confrontarci con il presente in cui viviamo. Un’ autentica apertura delle coscienze, funzione più lodevole del teatro, in grado di far nascere domande, criticità e dialogo per presente e futuro. Casa Shakespeare, con la riscrittura dai grandi classici shakespeariani e non solo, punta alla creazione di questo dialogo tra tradizione e presente.   Riscritture del drammaturgo e direttore artistico di Casa Shakespeare Andrea de Manincor che porta avanti con dedizione questo percorso, dai primi lavori prettamente attinenti ai classici del bardo come Fake Shakespeare, a scritture di totale collegamento al nostro presente e vivere sociale con Welfare Lear,  tratto dal celebre classico shakespeariano di Re Lear,  ed Antigone dei barconi,  tratto dalla tragedia sofoclea. Oggi abbiamo il piacere di intervistarlo.

Casa Shakespeare è una  realtà importante per il territorio veronese, veneto e non solo… cos’è Casa Shakespeare e qual’ è  la sua finalità?

Casa Shakespeare è un’impresa sociale, oggi punto di riferimento del teatro shakespeariano a Verona. Il nostro obiettivo è quello di produrre teatro shakespeariano in lingua inglese e non solo… così che Casa Shakespeare possa diventare un meccanismo di comunicazione su tematiche, criticità e non criticità, quest’anno Casa Shakespeare compie dieci anni.

Casa Shakespeare si definisce anche “una compagnia internazionale” quanto è importante a tal riguardo la messa in scena di spettacoli in lingua inglese?

Noi cerchiamo proprio di parlare la lingua di Shakespeare, non l’inglese facilitato per così dire … il verso cerchiamo di non toccarlo, se non per ragioni di adattamento metrico e scenico. Sicuramente non è cosa facile, negli anni abbiamo avuto attori che avessero una padronanza e una vicinanza all’inglese shakespeariano. L’ultima scrittura che ha fortemente tenuto presente l’inglese è stata “A Midsummer Night’s Dream”, uno spettacolo di gioco di ruoli, dove giochiamo anche con il pubblico.

A tal riguardo, parlando a lei che è drammaturgo, quanto è rilevante la drammaturgia e l’adattamento del dramma per Casa Shakespeare?

La scrittura è elemento fondante di casa Shakespeare, la stessa scelta del logo nel 2021 è frutto di un lavoro di autoanalisi sulla nostra mission. Il logo è infatti rappresentato da una casa e una penna d’oca, la stessa casa sembra una boccetta di inchiostro dalla quale si intinge la penna e allo stesso tempo è casa. Questo per dare un’idea che questo luogo non è solo il territorio delle messe in scena shakespeariane ma la possibilità di riscrivere Shakespeare, e altro che si può connettere in tema di tragedia, in una possibilità di scrivere per poi vedere la drammaturgia in scena, seguendo il connubio tra Stanislavskij e Cechov e l’idea che la scena prende vita a partire dalle parole come le parole prendono vita dalla scena. Io stabilmente scrivo e adatto per Casa Shakespeare dall’anno 2016, l’anno del progetto “Shakespeare in Veneto” che costituiva l’insieme delle cinque opere shakespeariane ambientate appunto in Veneto. Per questo progetto noi prendevamo un personaggio, che non necessariamente doveva essere il protagonista, che rileggeva dal suo punto di vista la vicenda shakespeariana originale; un fattore importante che ci ha permesso di mettere il focus su dinamiche dove il conflitto, a volte drammatico, altre comico, veniva fuori in modo evidente. Da lì in poi abbiamo deciso di allontanarci dallo Shakespeare originale passando alle riscritture che c’entravano sempre con Shakespeare ma solo nell’approccio di sfondo, un esempio è “Fake Otello” dove ci sono Otello, Yago ed Emilia presenti come reali colpevoli della morte di Desdemona. Seguì poi “Fake Amleto” dove ho voluto provare ad affrontare la tensione edipica di Amleto, una riscrittura sicuramente più matura che si è conclusa con l’unione di “Fake Amleto” e “Fake Otello” in “Fake Shakespeare”, due atti unici per l’Estate Teatrale Veronese del 2020  al Teatro Romano di Verona per poi arrivare fino al teatro Basilica di Roma. Nel 2022 abbiamo fatto “Shelley, naufragio e processo” andato in scena al Festival di Viareggio.

Il suo “Shelley, naufragio e processo” che insieme al suo “Antigone dei barconi” ha avuto dei riconoscimenti…

Si entrambi sono finiti in una dilogia che ho intitolato “Tragedie di mare” e per le quali ho vinto il premio nazionale per la scrittura scenica “Giuseppe Antonio Borghese” con la pubblicazione della casa editrice siciliana il Convivio. Shelley è una tragedia di famiglia che mi dava la possibilità di riscrivere la storia di un’anima. Un tema che mi è molto caro in quanto mi piace scrivere del limite, del trapasso tra le vita e la morte dell’inconsapevolezza che questo trapasso sia avvenuto…

In Antigone dei Barconi, offre un riadattamento della tragedia sofoclea riportandola ai giorni nostri con il dramma dell’immigrazione clandestina…tematiche sociali che troviamo anche in Welfare Lear, dove, tramite una rilettura del  King Lear di Shakespeare, va a trattare il tema dell’abbandono degli anziani. Quanto Casa Shakespeare trae dai classici per creare un collegamento con l’attualità e quanto questo può rendere utile, incisivo e proattivo il teatro per il presente in cui viviamo?

Come dicevamo Casa Shakespeare è un’impresa sociale, con l’obiettivo di produrre teatro perché questo diventi un meccanismo di comunicazione su tematiche, criticità e non criticità, positività e non positività… e di produzione di un sistema che posa far star bene le persone, così che queste possano avere un’attenzione con ciò che accade in scena tra il proprio sentire e quello che viene proposto. Il nostro compito è quello di far rivivere quelle storie in modo rispondente a ciò che ci circonda, per guardarci dentro e porre delle domande. Per ora la bellezza della scena teatrale è che è tutto straordinariamente vero nella finzione… e non parlo di falsità ma finzione, quello che accade sul palco non è falso, è solo finto…la scena, i sentimenti e anche il loro contrari sono veri, la gente ascolta ed è vero ciò che l’attore dice in quel momento. “Welfare Lear” partiva dal focus dell’idea di parlare della vecchiaia, in qualche modo di collegare Lear all’anziano di oggi che diventa un peso per la società, un peso per il welfare. Lo scopo è capire cosa di Shakespeare ci portiamo ancora avanti e quali sono le possibilità di riscrittura e scrittura per temi intimi e di maggior peso come propone Welfare Lear, connessioni tra Shakespeare e l’attualità presente di cui non ci dobbiamo mai dimenticare.

La vostra rassegna Unlocked comprende temi sociali uniti alla voglia di rilettura dei classici. Lo abbiamo visto con Ismael, spettacolo della Gabbia Teatro Roma, e con The Loman’s tragedy del Teatro Segreto di Roma tratto da Morte di un commesso viaggiatore di Arthur Miller. La rassegna è inoltre frutto di  varie collaborazioni con diverse compagnie nazionali, in che modo Casa Shakespeare si sta muovendo  verso un approccio più nazionale ?

Noi abbiamo una serie di rapporti con realtà del territorio. A partire da realtà territorialmente più vicine come con il Sipario APS di Padova e Il Theama Teatro di Vicenza fino alle collaborazioni con il Teatro Basilica di Roma e il Teatro Segreto di Roma, in Unlocked cerchiamo di unire queste collaborazioni. Il tema è sempre quello dell’incontro, dalle tematiche sociali al ritorno dei classici… ad esempio il prossimo  spettacolo “Il Dio dell’acqua”  con Daniela Giovanetti, direttrice artistica del teatro Basilica di Roma, prende un’ idea che parte drammaturgicamente quasi di mito mediterraneo descritto e declinato con uno sguardo verso il futuro.  Quanto al volerci espandere diciamo che noi abbiamo un compito nei confronti del territorio, ma anche esterno al nostro territorio, se vogliamo far vivere questa realtà la dobbiamo far vivere anche al di fuori quindi portare noi a conoscere e farci conoscere da nuovi territori. Al Basilica abbiamo precedentemente portato “Fake Shakespeare” e “Shelley, naufragio e processo” e  ci sarà la nostra rappresentazione del “Enrico V – Se vuoi la pace prepara la guerra”, rappresentazione dove pur tenendo l’inglese shakespeariano vi è stato un lavoro di riscrittura con  il punto di vista di un soldato che torna dalla guerra, uno spettacolo che vuole essere pacifista e ricordare che la guerra purtroppo  può arrivare anche in Europa. L’importante è da dentro portare anche fuori, adattarsi, essere liquidi, la capacità di adattamento che è fondamentale. Lo abbiamo fatto a Verona e lo stiamo facendo all’esterno.

Riguardo invece lo Streaming Drama, elemento importante per Casa Shakespeare, come è stato gestito questo  nuovo approccio?

Riguardo questo noi siamo stati realmente i primi in Italia, nel momento in cui è scoppiato il covid a fine febbraio abbiamo fatto questa lettura scenica senza pubblico andata in diretta su facebook che si chiamava “Peste! Processo agli untori” con 15 attori di Casa Shakespeare. Tale esperienza è poi proseguita l’anno dopo portandoci ad inventare lo Streaming Drama, dove dotati di go pro ed una regia video abbiamo fatto la nostra stagione 2021; noi attori avevamo la possibilità di venire in teatro mentre il pubblico restava a casa, con lo Streaming Drama abbiamo fatto “Romeo e Giulietta”, “Sogno di una notte di mezza estate” e “Il mercante di Venezia”. Da allora, con la riapertura dei teatri, lo Streaming Drama ha avuto un ruolo marginale ma non è sparito, rimanendo in diretta con il “Re Life” estivo fatto con i ragazzi, un progetto che portiamo avanti all’interno del “Juliet Summer Fest” e dove il pubblico, connettendosi su facebook, poteva vedere il lavoro della compagnia dei  giovani di Casa Shakespeare.

Casa Shakespeare è infatti una realtà attenta ad una collaborazione attiva con il territorio e la comunità, come gestite questo aspetto?

Noi abbiamo un compito nei confronti del territorio, i laboratori teatrali di Casa Shakespeare che portiamo avanti con i ragazzi con l’obiettivo della formazione di una compagnia di giovani ne sono un esempio… i ragazzi mettono in scena un “Re Life” della durata di tre giorni, come lo stesso periodo in cui si svolge il dramma, che segue i protagonisti nei luoghi tipici di Verona dove ebbe luogo la tragedia, per partecipare al progetto è stato indetto un casting con le scuole superiori dal 2018. Poi abbiamo la “Shakespeare Week” ad aprile dove mettiamo in scena e parliamo di Shakespeare collegandoci alla città. A seguire il progetto “Educare insieme” in cui andiamo all’interno di alcune scuole riproponendo da un lato l’idea dell’interpretazione di “Romeo e Giulietta” nei luoghi evocati e dall’altro utilizziamo lo Streaming Drama facendo loro capire come la tecnologia può essere utilizzata in termini creativi, interpretativi… un lavoro difficile dove tocchi anche realtà difficili, spesso scuole dove vi è molta disgregazione anche etnica e vi è spesso difficoltà nel mettere insieme queste differenze.  Poi sicuramente anche l’idea di aver creato una rete del professionismo veronese come la RSVP, un’area di imprese dello spettacolo professionale su Verona è stato un passaggio fondamentale, pensare e collaborare su progetti comuni per una nuova politica di programmazione culturale e teatrale è un passaggio fondamentale per Casa Shakespeare e l’intera città di Verona. Un fare rete per approfittare insieme delle risorse in termini non solo economici, ma anche operativi, si pensa insieme e ci facciamo ascoltare insieme dall’amministrazione.  Riguardo il territorio veronese abbiamo poi collaborato con gli spazi teatrali veronesi, dalla funicolare di San Pietro alle nostre riscritture su Dante e le riletture di “Inferno”, “Purgatorio” e “Paradiso” in contesti come il Mura Festival. Siamo riusciti ad animare spazi diversi, un adattamento non solo nostro ma puramente grotowskiano, elemento fondamentale per chi fa teatro contemporaneo.

Dal 2020 lei diventa il direttore artistico di Casa Shakespeare, in che modo gestisce questo ruolo e quali  sono le novità per le prossima stagione?

Secondo me l’approccio di una direzione artistica deve essere improntato nei termini delle possibilità effettive di un luogo per ospitare determinate cose; allo stesso tempo è fondamentale l’ottica del poter tematizzare, focalizzarci su un argomento così da sollecitare un interesse del pubblico. Riguardo i nostri prossimi lavori dal 19 al 22 di dicembre 2024 al Teatro Satiro Off andremo in scena con un nostro spettacolo natalizio “La neve di William”, una miniserie teatrale di tre episodi scritti da me e con la regia di Solimano Pontarollo. Miniserie nata già nel 2021 con il primo episodio ed evoluto fino a quest’anno dove le puntate saranno tre legate da una finzione di pensiero: “E se Shakespeare fosse venuto in Italia?” una sorta di thriller un po’ magico e surreale giocato con tre attori che saremo io, Solimano Pontarollo e Sabrina Modenini.