Intervista a Dario D’Ambrosi: fondatore del Teatro Patologico

  di Alessandra Antonazzo

Il teatro è uno strumento straordinario, più forte di una bomba atomica!

In occasione della Giornata Mondiale della salute mentale, istituita nel 1992 dalla Federazione mondiale per la salute mentale (WFMH) insieme all’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS), Quarta Parete dà voce a una delle realtà teatrali (e non solo!) più apprezzate e preziose del panorama italiano: il Teatro Patologico.

L’associazione prende vita nel 1992 per volere del suo ideatore Dario D’Ambrosi, ponendosi il delicato obiettivo di scovare un punto di contatto tra l’arte del teatro e il complesso mondo del disagio psichico.

Nel 2009 l’Associazione del Teatro Patologico fonda il suo teatro stabile nella Capitale, per la precisione il Via Cassia 472, e qui istituisce la prima Scuola Europea di Formazione Teatrale dedicata a persone con disabilità mentale.

Ed è proprio in questo spazio vibrante di vita e suggestioni che siamo stati accolti nel mese di luglio per assistere a Ulisse e il suo viaggio, la strepitosa Odissea del Teatro Patologico magistralmente interpretata da ventuno ragazzi affetti da patologie psichiche.

I protagonisti dello spettacolo teatrale, diretti da Francesco Giuffrè, hanno dato vita a interpretazioni di rara intensità, vestendo ciascun personaggio col manto prezioso e fragile della verità. Entrati in scena di fronte a spettatori giunti da tutta Italia, gli attori della Compagnia Stabile del Teatro Patologico hanno gridato a gran voce la loro ineguagliabile idea di teatro: un luogo di guarigione, inclusione e crescita. Un posto capace di annientare, una volta per tutte, lo stigma da sempre associato alla disabilità mentale.

Come nasce Teatro Patologico? Un percorso partito da un laboratorio teatrale pensato per coinvolgere persone con patologie psichiche e giunto a una compagnia stabile di attori professionisti.

In verità Teatro Patologico nasce con un mio ricovero in un ospedale psichiatrico, l’Istituto Paolo Pini a Milano, nel 1979. Dopo questa esperienza di due mesi, esco fuori e decido di iniziare un laboratorio teatrale; ecco come nasce il Teatro Patologico.

Il Teatro Patologico ha tanti volti: il podcast radiofonico, il Festival del Cinema Patologico e il Corso Universitario in Discipline Teatrali per ragazzi con esigenze, ma soprattutto talenti speciali. Raccontaci le tante declinazioni del Teatro Patologico.

Per me era importante creare molte forme d’espressione, dal Festival Internazionale del Cinema al Festival del Teatro Sociale, passando attraverso la Radio Patologica, perché i ragazzi potessero in qualche modo avere sempre stimoli.
Noto che più hanno stimoli più riescono veramente a coinvolgere le proprie emozioni; in altre parole più vengono incentivati, più emozioni riescono a far scattare nel loro corpo, nella loro mente, nella loro fisicità. Proprio per questo ho pensato di creare tante forme che potessero sollecitarli di continuo.

Puoi illustrarci l’approccio, didattico e non solo, di questo percorso in cui la disabilità non è più un ostacolo ma un dono, una forza?

Io lo dico sempre: “Voi dovete essere molto più forti degli attori tradizionali perché la vostra disabilità non deve essere un handicap ma un dono che un attore normodotato non ha e voi avete”.
La disabilità ti porta a scoprire angoli della tua mente che in altri momenti o condizioni non avresti mai potuto esplorare.

Abbiamo avuto l’occasione di ascoltare il podcast radiofonico di Teatro Patologico: uno dei tuoi attori affermava di riuscire ad esprimere completamente quello che sente, quando recita. Questa esperienza artistica mira ad aiutare i ragazzi anche nella loro quotidianità?

I nostri esercizi sono basati proprio sull’equilibrio delle loro emozioni. Cerchiamo veramente di far scoprire loro come gestire le proprie emozioni, le proprie solitudini, paure, angosce e fobie: questo è il lavoro di teatro terapia che portiamo avanti. I protocolli scientifici ci danno ragione e speriamo vivamente di esportare questa esperienza in giro per il mondo.

L’Odissea del Teatro Patologico è stata messa in cantiere in piena pandemia di Covid 19: come avete vissuto questo momento delicato che ha, per forza di cose, separato fisicamente i ragazzi, unendoli però ancor di più dal punto di vista emotivo?

Devo dire che è stato un momento davvero difficile: quando i ragazzi sono tornati, dopo il lockdown, erano veramente a pezzi. Questa loro condizione comune li ha fatti unire, li ha spinti a guardarsi negli occhi e a dirsi: “Dobbiamo davvero fare qualcosa per ricominciare”.
Il teatro è un mezzo straordinario, è più forte di una bomba atomica: è “la forza più forte” che esista a questo mondo.

Abbiamo visto Ulisse alle prese con gli orrori della guerra, combattere con i propri mostri interiori – ciascuno di noi ha i suoi – e trovare infine la sua Itaca. Possiamo dire che questo lavoro, questo luogo di crescita, condivisione e cura è la Itaca dei tuoi ragazzi?

Teatro Patologico nasce con l’intento di essere Itaca. Da qui si parte e qui si vuole tornare attraverso un viaggio simbolico ma assolutamente vero.

Vuoi raccontarci qual è la più grande delle sfide che senti di aver vinto con questo lavoro?

La cosa più bella è quando senti un genitore che ti dice: “Dario, non so se mio figlio diventerà un attore, ma da quando frequenta Teatro Patologico noi siamo tornati a dormire la notte”. Allora capisci che il lavoro che stai facendo è un lavoro prezioso.

 

 

Ringraziamo Dario D’Ambrosi e i suoi ragazzi per l’accoglienza che ci hanno riservato e invitiamo i lettori di Quarta Parete a visitare il sito web del Teatro Patologico per saperne di più sui progetti, gli spettacoli e le iniziative promosse da questa preziosa realtà che la nostra testata non smetterà mai di sostenere.

Ricordiamo inoltre a chi ci legge che è possibile supportare le tante attività che vedono protagonisti gli attori del Teatro Patologico effettuando donazioni a favore dell’associazione e devolvendo il 5X1000 a Teatro Patologico Onlus.