Il Trovatore a Lucca canta ma non incanta

Un ottimo cast interpreta un Trovatore visivamente non del tutto convincente.

Si chiude la stagione lirica del Teatro del Giglio con un’opera che non ospitava da ventiquattro anni: Il trovatore, indubbiamente una delle opere di maggior successo di Giuseppe Verdi.

Victoria Pittsnel ruolo di Azucena

L’allestimento andato in scena a Lucca venerdì 15 e domenica 17 marzo sfoggia un cast solidissimo, guidato dal tenore Matteo Desole (Manrico) e il soprano Claire de Monteil (Leonora), con un’eccellente performance corale, dove non passano inosservati Victória Pitts nel ruolo di Azucena e Min Kim come conte di Luna. Insomma, ognuno gioca bene il proprio ruolo, per una resa complessiva di alto livello.

La scelta del regista Stefano Monti di mantenere un’ambientazione fedele al libretto risulta in generale vincente perché sostenuta da un’ottima fattura dei costumi. La scenografia, composta da enormi blocchi monolitici scorrevoli che riconfigurano continuamente la scena, funziona nell’intento di rievocazione di quel senso di intrappolamento emblema della prigionia di Manrico e Azucena nel finale e del destino cui quest’ultima, per dovere di vendetta per la madre, è legata senza via d’uscita.

Tuttavia, troppo spesso tale allestimento scenico si riduce solo a questo, lasciando la scena spoglia e desolante, vuoto che si fa sentire soprattutto quando sul palcoscenico sono previsti solo un paio di personaggi a duettare.

La partenza è promettente. Dopo il racconto di Ferrando (Yonghen Dong) della storia della famiglia del conte di Luna, i blocchi si aprono per il momento della confidenza tra Eleonora e Inés (Samantha Sapienza), e la scena si riempie, con la proiezione di una luna piena, il tronco di un albero secco e spoglio, un manufatto circolare su cui si muove l’ombra di una donna e un’altra performer sullo sfondo a creare un effetto di profondità di campo.

Purtroppo, dopo questo episodio, saranno poche le occasioni in cui la scena ospiterà ancora una tale ricchezza, troppe volte ridotta solo a quei blocchi semoventi, parzialmente compensato da altri elementi e soluzioni che tentano di redimere la spiacevole vacuità.

La presenza di luci rosse evoca la pira su cui morì arsa viva la madre di Azucena, fine a cui essa stessa è destinata, ma sono soprattutto le ombre a “parlare” nel corso dell’opera, passando da giochi con le silhouette a figure ingigantite e deformate che si stagliano sulle superfici come nella tradizione del cinema espressionista. Nel finale, inoltre, l’ombra della madre di Azucena incombe gigantesca come incombe per tutta l’opera la sua maledizione sotto forma di una vendetta spietata.

Interessante anche come Monti spacchi in due la scena al termine del primo atto, disponendo sui due lati opposti del palcoscenico soldati e monache, sfera maschile e sfera femminile. Al centro, Leonora e Manrico congiungono i due mondi.

Al centro Vincenzo Maria Sarinelli

Al termine dell’opera, dopo gli applausi e i ringraziamenti, uno striscione recante le parole “Cessate il fuoco” sfila sul palco davanti agli artisti, perché è giusto che anche (e soprattutto) l’arte faccia la sua parte nel ricordarci che ci dobbiamo impegnare ogni giorno per costruire un mondo senza guerre e senza conflitti.

Il trovatore di Giuseppe Verdi su libretto di Salvatore Cammarano – Nuovo allestimento coprodotto da Teatro di Piacenza, Teatro Comunale Pavarotti-Freni di Modena, Teatro Goldoni di Livorno, Teatro del Giglio di Lucca e Opera Giocosa di Savona – Dirige Giovanni Di Stefano – Regia di Stefano Monti – Con Min Kim, Claire de Monteil, Victória Pitts, Matteo Desole, Yonghen Dong, Samantha Sapienza, Vincenzo Maria Sarinelli, Luis Javer Jimenez. Teatro del Giglio 15-17 marzo 2024

Foto di scena @Augusto Bizzi.

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