Didone e l’immagine violata

La “Didone” di Roberto Lerici, per la regia di Carlo Emilio Lerici con Francesca Bianco, Eleonora Tosto e alla chitarra Matteo Bottini si presenta come una suggestiva commistione di poesia e drammaturgia sonora, in cui a essere narrato è l’abbandono della regina di Tiro da parte di Enea. La regia di Carlo Emilio Lerici ha come protagonista la ricerca drammaturgica inaugurata, prima di tutto, dalla potente riscrittura che Roberto Lerici fa di alcuni frammenti del IV libro dell’Eneide e che vive di un respiro proprio, capace di indagare il senso profondo della dignitas latina come elemento strutturale dell’ethos e dell’estetica d’epoca imperiale.

Nella tensione tutta ‘classicistica’ – come molti l’hanno definita – a cui va incontro l’arte imperiale, nella ripresa di temi e stilemi della cultura e della poesia nate in Grecia, a risultare centrale è la nuova configurazione che si venne a costituire del concetto di nobiltà. Ed è proprio Enea uno dei campioni di questo nuovo mondo destinato alla grandezza e alla decadenza, nel modo in cui Augusto stesso l’aveva potuto immaginare; modello, per certi versi antico, ma anche davvero ulteriore rispetto alla costellazione etica d’età repubblicana. Un modo di vedere l’uomo che non lascia affatto fuori, nonostante il suo indubbio conservatorismo, il femminile.

È a quest’ “idea della regalità intangibile, e immagine violata e demolita per un’incauta concessione al troppo umano” che si rifà Roberto Lerici, ricordando da vicino altre eroine, non soltanto quelle immaginate da Virgilio, ma anche quelle contenute nelle tragedie di Seneca. Insomma, un’immagine del femminile che dipende ancora dall’idea greca di una nobiltà d’animo e di ‘buona nascita’, ma che mette al centro un’immagine nuova di ‘intangibilità’ del sovrano.

Un abbondante drappo bianco occupa, con un intento più che altro decorativo, la scena di “Didone”, riservando poi il proscenio alla parola – quella recitata, in italiano e in latino, e cantata –  quasi con l’intento di rifarsi a una certa lettura teologica ormai diffusa dell’Eneide, di cui traccia evidente sono anche i lumi accesi al centro della scena. La recitazione asciutta di Francesca Bianco si accompagna all’interpretazione sentita e coinvolgente della voce di Eleonora Tosto, accompagnata alla chitarra da Matteo Bottini. La parola dell’abbandono, dell’ira, della dignità violata prende corpo non solo grazie alla resa attoriale, bensì in forza di una drammaturgia musicale innovativa, in cui non possono non colpire gli arrangiamenti, dal sapore contemporaneo e anni 2000, di alcuni brani tratti dalle “Arie Antiche” di Alessandro Parisotti.

DIDONE – Teatro Belli dal 3 al 5 marzo
di Roberto Lerici
liberamente tratto dall’Eneide di Virgilio
con Francesca Bianco e Eleonora Tosto
alla chitarra Matteo Bottini
un ringraziamento speciale a Edoardo Siravo per la voce di Enea
regia Carlo Emilio Lerici

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