Apocalisse e sopravvivere, Effetto Seneca

In un accampamento che è quanto rimane dopo una catastrofe globale, due ragazzi sono alle prese con riserve di acqua e di cibo in via di esaurimento. I protagonisti di Effetto Seneca, Davide Fasano e Gabriele Graham Gasco, si identificano con i numeri Otto e Nove. Regola per i superstiti è infatti cancellare ogni traccia del passato, a cominciare dai nomi di nascita. Ma poi accade che la regola viene tradita, e così la vicenda prende una piega controversa e, infine, tragica.

Effetto Seneca è andato in scena dal 18 al 20 novembre, all’Altrove Teatro Studio di Roma. Per la direzione di Alessandra Schiavoni e musiche di Alberto Basaluzzo. La produzione, firmata Compagnia Iride, ha posto particolare attenzione alla scenografia, a riprodurre una natura desolata e compromessa dai terrificanti errori dell’uomo. Sembra non esservi più speranza, la terra è divenuta improduttiva, le scorte di cibo sono ridotte al minimo e i due ragazzi sono costretti a cibarsi della carne di un loro amico morto. Che poi non è proprio un amico… o meglio, non solo.
Ed ecco poi la svolta: davanti alle tende germoglia un fiore, è la vita che nonostante tutte le avversità resiste e si fa spazio. Al contrario delle attese, però, il fiore non unifica gli intenti di Otto e Nove, ma anzi acuisce le loro divisioni e l’idea di come gestire il proseguo del loro precario peregrinare. La distanza diviene odio e rivalsa. Finchè accade l’evitabile, l’uomo che cede all’istinto e compie l’atto delittuoso. Un esito che esemplifica la precarietà e l’inaffidabilità delle relazioni umane quando si è messi alla stretta dalle condizioni di sopravvivenza. Mors tua vita mea, ma in uno scenario da fine del mondo non è la giusta via per proseguire.

Effetto Seneca pone la lente anche sull’importanza delle relazioni famigliari e della memoria dei propri cari. Punti di partenza imprescindibili e appiglio saldo nei momenti di difficoltà. Bravi e affiatati Fasano e Gasco, giovani attori di cui, siamo certi, sentiremo parlare.

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