Nives, la vita appesa a un filo tra parole sospese, memorie e realtà

Al teatro Tor bella Monaca di Roma è andato in scena un racconto da vivere, ascoltare e scoprire. Tratto dal romanzo di Sacha Naspini, tradotto in tutto il mondo.

Il teatro è sorpresa, sempre nuova e imprevedibile. Una scoperta che si rivela in modo diverso su ogni palcoscenico. È la vita che si sgrana a ogni battuta, attraverso parole che evocano ricordi, esperienze, occasioni perse o vissute. In Nives ci troviamo di fronte a uno spettacolo in cui non è l’azione a creare dinamismo e linguaggio visivo, ma sono le parole a generare l’azione e l’immaginazione. Una sfida rappresentativa non semplice, ma che i due attori protagonisti – Sara Donzelli e Sergio Sgrilli – hanno saputo gestire con sfumature, onde linguistiche e variazioni capaci di rendere il racconto intrigante e coinvolgente. Sebbene in alcuni momenti il ritmo possa risultare più statico proprio per l’assenza di azione scenica, la forza della conversazione riesce comunque a catturare l’attenzione.

Sergio Sgrilli – Sara Donzelli

Tutto parte da una telefonata. Nives, rimasta vedova e con una gallina allevata in casa come un cagnolino, chiama il suo amico veterinario perché l’animale, davanti a uno spot televisivo, rimane immobile, come imbalsamato. Quella che sembrava destinata a essere una telefonata banale si prolunga fino a notte fonda, trasformandosi in un viaggio nei ricordi, nei segreti di una giovinezza lontana, nei misteri che il tempo ha sepolto. La figura di Nives incarna la solitudine e la fragilità di chi rimugina il passato, intrecciando verità e fantasie, anche poco plausibili. Dall’altra parte del filo c’è un uomo altrettanto fragile, segnato da emozioni mai compiutamente vissute, da scelte mancate, da illusioni e sconfitte. Il dialogo cresce in intensità fino alla rivelazione più dolorosa: l’esistenza di una figlia nascosta.

La messinscena sottolinea la tensione crescente attraverso l’uso di pochi elementi simbolici: gli attori si scambiano a volte di posto, quasi a sottolineare la fluidità dei ruoli e delle prospettive, mentre si aggrappano al filo della cornetta telefonica che pende dall’alto. Un filo che non si spezza, simbolo di un legame ineluttabile, di ricordi che non possono essere cancellati. Il pubblico, immerso nell’intimità della conversazione grazie all’uso delle cuffie, viene coinvolto ancora più profondamente nel flusso emotivo del dialogo. Anche la scenografia minimalista contribuisce a enfatizzare il senso di separazione e vicinanza tra i personaggi: un lungo tavolo, diviso da un pannello, delimita lo spazio in cui si muovono gli attori. Sul lato di Nives, una gallina imbalsamata, al centro delle sue preoccupazioni. Ma non è un presagio di morte, bensì di vita: nel finale, spunta un uovo e la gallina sparisce, lasciando il posto a un simbolo di rinascita. Un segno che, dopotutto, c’è sempre la possibilità di un’altra vita, di un’altra speranza. 

Sara Donzelli

Nives, tratto dall’omonimo romanzo finalista all’American Literary Translator Association nel 2022 e tradotto in 25 lingue, racconta una storia dal sapore neorealista, una vicenda campestre fatta di quotidianità e crudezza. Una realtà ruvida, che soffoca sogni e passioni, aggrovigliandosi nella solitudine della campagna, nei ricordi di una vita ormai trascorsa, nei rimorsi e nei rancori che, col tempo, fanno ancora più male. Perché la vita è ormai passata e quella speranza giovanile non può più tornare con la freschezza di quell’attimo presente. 

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Nives di Sacha Naspini – con Sara Donzelli e Sergio Sgrilli – Drammaturgia Riccardo Fazi – A cura di Giorgio Zorcù – voci fuori campo, Graziano Piazza prologo, Elena Guerrini Donatella – Costumi Marco Caboni –collaborazione ai movimenti Giulia Mureddu – disegno luci Marcello D’Agostino – disegno suono Umberto Foddis – Grafica Matteo Neri – Teatro Tor Bella Monaca dal 6 all’8 marzo 2025