Due chiacchiere con Antonello Fassari, protagonista di “Roma – Napoli andata e ritorno” in scena il prossimo 7 agosto a Parco Tevere della Magliana.
Un uomo; un attore; una carriera variegata: nei prossimi giorni, in occasione della Rassegna “Viaggi dell’arte” – che quest’anno vede lo svolgersi della sua quindicesima edizione – Antonello Fassari debutta accanto al Direttore Artistico Gino Auriuso con “Roma – Napoli andata e ritorno”. Un dialogo a due – con l’accompagnamento musicale di Sandro Scapicchio – che vede ripercorrere “miti ed eroi” della comicità romanesca e partenopea.
All’alba del suo debutto, abbiamo avuto modo di conversare con l’attore che il prossimo 7 agosto calcherà le scene nel suggestivo scenario di Parco Tevere della Magliana.
Lei vanta una carriera variegata: dal cinema alla televisione, per arrivare (o partire) dal teatro. Qual è il suo rapporto con il mondo teatrale?
Ho cominciato proprio da lì, dal teatro, diplomandomi in Accademia nel 1974. Allora l’idea era solamente di fare teatro; il cinema è stato un regalo ed alla televisione nemmeno ci si pensava. In Accademia ho avuto la fortuna di incontrare Ronconi e sono stato con lui parecchi anni. Poi ho girato molto, per finire da Eduardo De Filippo e dopo 10 anni mi son voluto fermare e fare altre esperienze. Queste sono carriere un po’ all’antica, nel senso che dovevamo fare tutto e confrontarci con tutte le realtà. Insomma tantissime esperienze perché era questo il modo di intendere la carriera dell’attore. La televisione, invece, ha portato dei cambiamenti cominciando ad etichettare gli attori relativamente a quello che facevano; mentre il cinema in questo aveva più libertà. Basta vedere le carriere dei nostri grandi padri che hanno fatto di tutto. Io ho cercato di variare tra i vari generi (tra il drammatico, il comico, la commedia brillante) ogni volta per trovare un confronto sul lavoro. Diciamo che la dimensione del successo non c’entra nulla con il lavoro: prima di tutto si è felici di lavorare e poi dopo quel che succede, succede.
Se dovesse fare un nome tra le figure incontrate lungo il suo percorso professionale quale farebbe?
Direi che dall’esperienza di Ronconi, ad esempio, ho imparato a sapere leggere i testi; a leggere un’opera. Ronconi in questo era formidabile. Con Eduardo, invece, ho imparato a recitare. La mia è una generazione che è venuta fuori da maestri che spesso erano registi; avere a che fare con un attore – e con un attore come Eduardo – mi ha insegnato tanto dal punto di vista della recitazione e della comunicazione. In fin dei conti quando un attore sta lì e dice le sue cose, le recita ha il dovere primario di comunicare. Comunicare vuol dire proporre attraverso la sua interpretazione il suo punto di vista su quel personaggio. In questo, la libertà che indicava Eduardo è stata per me fondamentale: la libertà di pensare un personaggio e di muoverlo in scena. Ronconi in questo invece era più rigido: noi dovevamo entrare nel suo spettacolo. Un approccio, il suo diverso dal punto di vista attoriale.
A breve sarà in scena con “Roma – Napoli andata e ritorno” in occasione della Rassegna di cui Gino Auriuso, con cui sarà in scena, ne è il Direttore Artistico. Come nasce l’idea di uno spettacolo che vede intrecciarsi e creare un dialogo tra due importanti realtà teatrali, come quella romana e quella partenopea?
Con Gino questo è il terzo spettacolo che mettiamo su. Il primo è stato “Eduardo’s Rock”, un collage dei testi di Eduardo il cui fil rouge fossero i racconti della mia esperienza, molto particolare, con Eduardo. Poi abbiamo fatto una serata molto divertente sul vino; con anche un percorso storico sul vino e sulla cultura del vino. Poi, ad un certo punto, siccome c’è sempre molto divertimento con Gino mi è venuto in mente – essendo io romano e lui napoletano – di mettere insieme testi romani e testi napoletani. Teatralmente parlando, la cultura partenopea è molto più importante di quella romana. La romanità è stata scoperta con il cinema; con la commedia all’italiana. Noi non abbiamo, ad esempio, maschere del calibro di un Arlecchino, di un Pulcinella. In più la lingua romana, viceversa da quella partenopea, ha avuto molti più cambiamenti calcolando oltretutto che ci sia stata una sistematizzazione della lingua romana attraverso due autori, Pasolini e Gadda, che l’hanno ricodificata attraverso i loro romanzi in particolare “Quer pasticciaccio brutto de via Merulana” e “Ragazzi di vita”. Oggi la lingua romana è piena di neologismi; di invenzioni; di emigrati di seconda, terza e quarta generazione. Quello che faccio, pertanto, è un excursus partendo dai classici pe poi arrivare a delle sonorità più urbane; metropolitane. Gino, invece, si mantiene più sulla tradizione partenopea che rimane immortale.
Cos’è, secondo lei, che caratterizza queste due diverse realtà e storie teatrali tali da renderle intersecabili?
Partendo dalla commedia all’italiana, che ha consacrato una determinata comicità romana, un esempio felicissimo di coppia napoletana-romana è quella Totò-Aldo Fabrizi. Lì è molto evidente questo incontro-scontro di intendere la vita. Sicuramente certe figure romane sono venute fuori da quegli anni lì – anni ‘50/’60 – laddove invece i napoletani erano già “mitici”; universali. Pensiamo, ad esempio, alla canzone partenopea che ci ha regalato dei motivi immortali. Roma ha avuto Petrolini. Ultimamente un grande continuatore di quella tradizione è stato Gigi Proietti. Però mi viene da dire che sia una comicità; una cultura, quella romana, più recente. Ha sicuramente meno storia di quella napoletana, ma pur sempre efficace. Il romano ed il napoletano hanno però entrambi nella loro cultura qualcosa di universale; ecumenico che arriva a tutti. Questa è una loro forza che non hanno altri linguaggi.
Per concludere. Ad oggi vi sono già in serbo progetti per la prossima stagione teatrale?
Si, dovrò riprendere alcuni spettacoli fatti con il Teatro Franco Parenti di Milano a dicembre all’Ambra Jovinelli con “Il delitto della via Orsina” insieme a Massimo D’Apporto. Poi a gennaio tornerò al Parioli con un altro spettacolo dal titolo “Farà giorno” che ha avuto un successo enorme a Milano e lo proporremo così a Roma. Ho, inoltre, da poco terminato due film. Insomma, si va avanti!