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Le interviste impossibili: Pablo Picasso

Dal grande schermo a un incontro inatteso: Picasso, l’arte e una somiglianza che racconta una storia

Tra i film che meglio restituiscono la straordinaria vita dell’uomo e dell’artista, spicca Surviving Picasso, diretto dal premio Oscar James Ivory e interpretato da Anthony Hopkins. Realizzato nel 1996, il film offre una resa notevole della complessa personalità del pittore, cui Hopkins dona un’interpretazione di grande intensità, calandosi con straordinaria naturalezza nei panni del genio spagnolo.»

Un altro film importante dedicato a Picasso, come ci ricorda l’amico e critico Gianni Gaspari, è il documentario Il mistero Picasso, realizzato nel 1956 dal regista Henri-Georges Clouzot. In questa straordinaria opera, presentata al Festival di Cannes e premiata con il Premio Speciale della Giuria, il grande artista spagnolo interpreta sé stesso, offrendo allo spettatore il privilegio raro di assistere alla nascita dei suoi dipinti direttamente davanti alla macchina da presa.

Sia il film di Ivory sia quello di Clouzot rappresentano due eventi cinematografici di grande rilievo: entrambi restituiscono, seppure con linguaggi diversi, le molteplici sfumature della vita personale e artistica di uno dei più grandi maestri del Novecento, rivelando episodi spesso poco noti della sua biografia e del suo percorso creativo. Tra questi spicca la genesi di Guernica: dopo il bombardamento dell’omonima cittadina basca da parte delle milizie franchiste, Picasso – ormai esule a Parigi – realizzò in soli due mesi questa monumentale denuncia visiva, destinata al padiglione spagnolo dell’Esposizione Universale.

Guernica è un’opera storica di dimensioni monumentali, realizzata dall’artista di Malaga tra il 26 aprile e il 1º giugno 1937. Dopo essere rimasta per quarant’anni al MoMA di New York, è tornata finalmente in Spagna e oggi è esposta al Museo Nacional Centro de Arte Reina Sofía di Madrid. Picasso dipinse questo capolavoro nel pieno della sua fase cubista e surrealista, dedicandolo alle sofferenze indicibili delle vittime della guerra civile spagnola.

Visitato e fotografato da generazioni di persone provenienti da ogni parte del mondo, Guernica è un urlo straziante di protesta e di pietà: l’opera più celebre con cui Picasso denuncia gli orrori di quella guerra fratricida, schierandosi apertamente, per la prima volta, contro il regime di Francisco Franco. È un manifesto universale contro la violenza cieca dei conflitti e, ieri come oggi, di fronte alle atrocità delle guerre e al dolore dei civili, la forza di questo dipinto continua a travolgerci. Chi osserva Guernica si scopre parte di quel dramma: vittima tra le vittime.

Nel 2000 ero a New York per un junket internazionale in occasione dell’anteprima mondiale del film La leggenda di Bagger Vance, con relativa intervista a Robert Redford. Era un venerdì pomeriggio quando arrivai in albergo, tra la Quinta Avenue e Broadway; l’incontro con Redford era fissato per il giorno seguente. Uscito a fare due passi per scegliere uno dei musical in cartellone, mi trovai davanti all’ingresso, illuminato da una pioggia di lampadine colorate, di un museo delle cere. Spinto da un impulso inspiegabile, comprai il biglietto ed entrai. Il salone principale era al primo piano: poca gente, luci soffuse. E lì, subito, lo vidi. Pablo Picasso, seduto su una sedia, che sembrava fissarmi. Era incredibile: vero, straordinariamente vero. In un lampo mi tornarono in mente le parole di Woody Allen, Sylvester Stallone e persino Arnold Schwarzenegger, che intervistando mi avevano detto: “Sa che lei assomiglia a Picasso?”.

Scendo di corsa le scale e alla cassa acquisto una macchinetta fotografica usa e getta. Risalgo trafelato: la sala è ancora quasi deserta, tranne un gruppetto di turiste giapponesi. Mi avvicino e, con un sorriso, chiedo se possono scattarmi una foto con “mio fratello” Picasso. Mi guardano stupite, gli occhi spalancati, e poi, divertite, immortalano anche loro quell’inedita coppia. Una di loro mi regala una foto che, per me, diventa immediatamente storica.

Quando le ragazze spariscono, resto solo con il maestro. L’atmosfera si fa quasi solenne. In quell’istante matura in me l’idea di un’intervista impossibile, certamente più avvincente di quella – pur prestigiosa – che mi attende il giorno dopo con Redford. Così trascino uno sgabello vicino a lui, mi siedo e gli rivolgo la prima domanda

Maestro, sembra che fra i tanti visitatori che lei riceveva nel suo studio di Montmartre a Parigi, oggi restaurato in atelier, venivano dopo aver ammirato Guernica anche l’ambasciatore tedesco Otto Abetz.

Si, mi chiese se ero stato proprio io ad aver dipinto quell’orrore.

E lei maestro che cosa gli rispose?

No! È opera vostra! Guernica è un appello alle coscienze di tutti gli uomini liberi, un grido di dolore e un incitamento a non voltarsi dall’altra parte.

Quell’opera immensa per grandezza e per la drammatica denuncia del feroce crimine verso l’intera umanità da parte del regime militare del 1937, Picasso la realizzò in un solo mese quando aveva già lasciato la Spagna. Un’opera presentata al mondo all’esposizione Universale di Parigi destinata a diventare un’icona del ‘900, raffigurano come fosse “cronaca” su toni grigi eco delle foto in bianco e nero, il drammatico bombardamento, attraverso una stanza nella quale figurano come macerie, volti deformi, corpi scatti e cavalli moribondi. Una delle opere scrisse la critica che meglio esprimono l’impegno morale e civile di Picasso.

Picasso è stato un grande artista europeo, capace di rinnovarsi continuamente e di fungere da ponte tra linguaggi, culture e sperimentazioni diverse. Nell’aprile del 2023 è ricorso il cinquantesimo anniversario della sua morte: un evento celebrato nei molti luoghi in cui ha vissuto e operato, luoghi che custodiscono ancora oggi la traccia della sua arte multiforme, del suo impegno e della sua capacità di interpretare il costume e la storia sempre in chiave avanguardistica, sempre un passo avanti con lo sguardo e con la mente.

Francia e Spagna hanno promosso Picasso Celebration 1973–2023, un grande programma internazionale che ha dato vita a sessanta mostre distribuite tra Germania, Svizzera, Principato di Monaco, Parigi, Madrid, Romania, Belgio e New York. Un percorso espositivo e storiografico che ha ripercorso l’intera produzione del maestro, includendo naturalmente anche Guernica, dal suo lungo soggiorno al MoMA fino alla definitiva collocazione al Museo Reina Sofía di Madrid.

Si è parlato e scritto tanto, Maestro del suo controverso rapporto d’amicizia con il grande pittore Matisse con il quale nella Parigi della Bella Epoque per un periodo condivise anche lo studio di Montmatre.

Matisse aveva una profonda insicurezza che gli generava spesso attacchi di panico, era felicemente sposato, mentre io ero circondato sempre da donne diverse che ho amato e che hanno ispirato molte mie opere. Allora avevo 24 anni, Matilde 36, mi suscitava sentimenti contrastanti il nostro è stato un rapporto artisticamente di amore e odio.

Si raccontò allora che lei regalò uno dei suoi quadri a Matisse e che lei Maestro invece prese quello che Matisse aveva dedicato alla bella figlia Marguerite di cui forse si era invaghito?

Margherite era bellissima. Quando ci incontrammo la prima volta nel mio studio le regalai una natura morta. Matisse morì nel 1954 e non andai al suo funerale. Per la circostanza lo omaggiai con un dipinto de Les Femmes D’Alger nel quale sono presenti elementi che rimandano allo stile di Matisse. Oggi quel quadro è esposto alla Ganz Collection di New York. Parigi in quegli anni ruggenti era spettacolare le notti erano piene di incontri e di vita, il giovane Hemingway partiva per il fronte spagnolo come inviato di guerra di un’importante giornale americano e quella guerra gli ispirò uno dei suoi romanzi più belli, Per chi suona la campana.  Rimediò una grave ferita a una gamba.

Con Matisse nello studio che dividevamo a Montmartre al Bateau-Lavoir c’era anche il giovane Modigliani e nei bistrot incontrai Scott Fitzgerald, Colette e Jean Cocteau che mi coinvolse nella realizzazione del musical Sipari,  per il quale realizzai scene e costumi. Per Parade, il balletto che stava realizzando per la famosa compagnia dei balletti russi di Sergej Paulovič Djagilev ed è stato sempre Cocteau che nel gennaio del 1917 mi convinse a partire con lui per Roma dove ho conosciuto in via Margutta i “futuristi e gli artisti della “secessione” con l’arte rinascimentale e classica.

Fu li in Italia a Napoli che si innamorò di una delle ballerine del balletto russo, tale Olga Stepanovna Chochlova figlia di un colonnello dell’esercito imperiale con la quale poi si sposò?

Beh Olga e’ stata una delle donne più importanti della mia vita. La sposai a Parigi il 17 luglio del 1918 e nel 1921 mi diede Paulo il mio primo figlio. Quel soggiorno italiano segnò anche una svolta nel mio lavoro con il cosiddetto “periodo classico”.

Donne, mogli, amanti, quadri, successo, denaro. Le donne Maestro, hanno segnato indubbiamente anche la sua vita artistica?

Hanno scritto e detto di tutto! Che le ho adorate, tradite, abusate. Germane Gargallo Florentine detta “Pichot” era la bellissima fidanzata di un mio caro amico Carlo Casagemas. Poi molto Madelaine, modella di rara bellezza che influenzò la mia arte.  Fernande Olivier credo sia stata in quel 1910 è stato il mio primo vero grande amore. É stata lei che ha ispirato il mio “periodo rosa” e anche le prime sculture cubiste. Poi nel 1911 ho conosciuto la modella Eva Gouel che ho immortalato nel quadro Donna con la chitarra.

 Nel 1917 tutta Parigi pettegolava su una turbolenta relazione con la modella Gabrielle Lespinasse.

Vede l’arte non è l’applicazione di un canone di bellezza ma è’ ciò che l’istinto e il cervello elaborano al di la di ogni canone. Quando amiamo una donna non le misuriamo gli arti.

 Un’altra “ispiratrice” maestro oltre che sua amante è stata Irène Lagut a sua volta amante di un gran duca in quella turbolenta Parigi del 1916.

L’amour c’est toujours l’amour. É stata lei che mi ha ispirato l’opera Gli amanti 

L’elenco delle sue cosiddette ispiratrici Maestro è lungo. Cito giusto per ricordarle Sara Murphy, un’americana sposata con l’industriale Gerard Murphy, appassionata d’arte e delle notti elettrizzanti a Montmartre.

Se per questo anche Marie-Thérèese Walter. Aveva solo 17 anni!

Ma lo sa che oggi con il Me Too Maestro si va in galera?

Certo, ma Marie-Thérèse è stata non solo un grande amore, ma la madre della mia prima figlia Maya. L’amore come ho più volte detto è l’unica cosa che disdetta la vita.

Beh maestro sarà senz’altro così tuttavia l’elenco non ha fine, c’è pure Dora Maar anche questa 18 anni, studentessa all’Accademia di Belle arti, fotografa, pittrice surrealista, pure questa musa ed amante.

È vero! E non solo era bella, ma una bravissima fotografa e sono sue le uniche foto che ho autorizzato mentre dipingevo Guernica.

Maestro a 62 anni fra tele e pennelli nel 1943 è stata la volta della ventiduenne Françoise Gilot?

Anche Françoise è stata una storia importante, perché mi ha dato due splendidi figli: Claude e Paloma. Ci siamo conosciuti in un caffè di Pigalle.

La sua seconda moglie è stata la 34enne Jacqueline Roque, che lei ha sposato nel 1961. Lei ne aveva appena compiuti 79 e i suoi quadri erano contesi a suon di milioni di dollari dai collezionisti di tutto il mondo.

 Jacqueline e’ stata la modella di oltre settanta opere, l’unica che ho dipinto fino al 1978. Mi è stata vicino fino alla fine nel nostro castello in Riviera e dopo 12 anni mi ha raggiunto dove sono ora, perché amico giornalista dovresti sapere che tutto ciò che puoi immaginare è reale. Alle volte l’arte ha il potere di spazzar via dall’anima la polvere della vita di tutti i giorni.

Lei maestro è stato un uomo e un’artista fortunato.

Nella storia di ciascuno di noi ci sono solo incontri, non credo nella sfortuna e non esistono neanche situazioni fortunate.

Secondo lei la computer grafica possiamo considerarla un’altra forma d’arte?

I computer sono inutili, possono solo darti risposte, per disegnare devi chiudere gli occhi e cantare.

Maestro, un’ultima domanda. Qualcuno ha scritto che lei in fondo è fuggito senza combattere dalla dittatura fascista di Francisco Franco. Guernica è stata la sua mitragliatrice.

L’arte è sempre un dito nel culo della borghesia e anche una menzogna che porta a galla la verità. La pittura amico mio non è fatta per decorare gli appartamenti è uno strumento di guerra offensiva contro il nemico.

E nel salutarmi accennò un sorriso mentre arrivavano vocianti un gruppo di turisti messicani, sussurrando quasi immobile in silenzio mi disse: «Ma lo sa che lei mi somiglia?»

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