La lingua batte sempre dove il dente duole: Il sistema cinema quanto (ci)costa?

Torniamo su una delle questioni che necessariamente meritano chiarezza per tornare a un modo di fare cinema trasparente per tutti!

Finiti i festival? Ci chiedevamo pochi giorni fa annunciando i film delle prossime festività natalizie mentre il “frenetico” mondo del cinema continua imperterrito a proporre kermesse a tutte le latitudini del nostro Paese. Fra gli ultimi in corso d’opera la 42a edizione del Torino Film Festival,  diretto dal regista e sceneggiatore Giulio Base,  che fra film ed eventi presenta in anteprima mondiale Waltzing with Brando diretto da Bill Fishman con Billy Zane nel ruolo di Marlon Brando a cui il TFF2024 rende omaggio con una retrospettiva in occasione del centenario, e poi ancora nel profondo sud del Belpaese festivaliero, esattamente in Lucania dove si sta concludendo la quinta edizione del Matera  Film Festival con ospiti d’onore due grandi registi come l’inglese Peter Greenaway e l’armeno Atom Egoyan.

Tutto questo mentre la Guardia di Finanza ha avviato un’indagine su una lista di 170 film (con tanto di elenco fornito dal neo Ministro della Cultura Giuli), molti dei quali come scrive in un suo reportage Vincenzo Biglia, hanno incassato nei cinema poche migliaia di euro, alcuni addirittura non risultano mai usciti, non solo nelle sale ma neanche sulle piattaforme streaming. Cosa li accomuna?  Essere stati agevolati dallo Stato tramite  l’utilizzo della tax credit, il contributo del ministero che permette di coprire il 40 percento dei costi investiti dalla produzione per un totale  di svariati milioni versati per ogni film.

Sotto osservazione quindi i bilanci e i conti di 33 case di produzione con una sfilza di ricorsi presentati  dai piccoli produttori che hanno protestato su ventilate riforme che metterebbero a rischio il lavoro di un intero segmento indipendente! A conti fatti pare anche l’universo cinematografico a stelle e strisce da quando Hollywood l’ha trasformato in “industria” (senza contributi statali), pure lui è soggetto da sempre a scandali e varianti non solo tecnologiche. Basta leggere per esempio Le disavventure di Pat Hobby, il libro postumo di Francis Scott Fitzgerald (autore de Il Grande Gatsby) scritto nel 1946 e pubblicato solo nel 1962  poco prima della sua morte, dove fa letteralmente a pezzi la mecca del cinema. Regina di generi, business smodato e scandali da accapponare la pelle, Fitzgerald svela i fasti del passato e le “sbronze” del presente(sembra scritto oggi), con i tentativi sempre più difficili per varcare i cancelli dei mitici Studios compresi quelli della leggendaria MGM fondata nel 1924. Tra strepitosi successi, incassi stellari, un “portafoglio” di star di primo livello  e svariati consigli di amministrazione, negli anni novanta a furia di speculazioni sbagliate, venne acquistata da un certo Giancarlo Parretti, sedicente industriale da Terni che con il suo socio Florio Fiorini, ex direttore finanziario dell’Eni,  aveva coltivato l’effimera idea di fare la scalata alla major del “Leone ruggente” con i soldi degli altri (15 milioni di dollari sottratti al Credit Lyonnais) e mai ci riuscì  per  comandare in quell’Olimpo dove erano nati Fred Astaire e Ginger Rogers.