“Cronache del Petrolio”, la fine annunciata in scena a Teatro Trastevere

“Cronache del Petrolio”, scritto e diretto da Roberto Nugnes, in scena fino al 13 novembre al Teatro Trastevere di Roma, è uno spettacolo che dichiara i suoi intenti sin dall’immagine di locandina. Futuro e futurismo, cubismo e ineluttabili conseguenze per la società dei consumi.


Le cronache si articolano in due episodi, i protagonisti in parte si ripetono. In scena i bravi Giuseppe Ragone, Ilaria Orlando, Francesca Innocenti, Cristiano Arsì: caustici e sarcastici, angosciati e nevrotici, spaesati. Dietro di loro un pannello proietta scenari di catastrofi annunciate e ormai già in corso. Nell’indifferenza di un Pianeta che pare inghiottito nella spirale perversa del consumismo. Si cercano le cause, si valutano i preoccupanti effetti. Le macchine e le applicazioni diaboliche del genio umano hanno oltrepassato il limite. Le relazioni tra individui hanno raggiunto l’apice dell’incomunicabilità.

C’è chi urla e si dispera, ma si disperde nel liquido indistinto dell’indifferenza generale. Piove sangue, ma (quasi) nessuno si allarma. Anzi con rassegnazione si aspetta il peggio.
E allora entrano in gioco i “sempreverdi”: fede e speranza. L’appiglio alla religione riesumato come grido di speranza in un nuovo Medio-Evo che pare più un finale senza possibilità di redenzione.

Di fronte a un mondo in caduta libera, qualcuno lassù può ancora intervenire?
Qualcosa in effetti accade, o almeno sembra. Al pubblico il compito di scoprirlo, il lavoro di Nugnes sarà in cartellone al Trastevere fino a domenica 13 novembre. “Big Crunch” e “Storie d’Aurora” sono i capitoli di una cronaca.

L’alternanza tra palco e video funziona, il ponte tra lo svolgimento teatrale e il messaggio mediato enfatizza la distanza tra il vissuto drammatico dei sapiens e scenari che là fuori rispondono alle logiche del capitale.

“Cronache del petrolio” fa riflettere e parecchio, ha un potenziale narrativo ed espressivo che si può ulteriormente sviluppare. Il coraggio ad ogni modo premia gli audaci e questo spettacolo riesce ad intercettare interrogativi anche scomodi dell’attuale, incerto, periodo storico. Senza necessariamente fornire risposte salvifiche e consolatorie. O, forse, quasi.