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Couture: sulla passerella della vita

Angelina Jolie è protagonista alla Festa del Cinema di Roma di un’intenso dramma psicologico ambientato nel mondo della moda e disarmante per la semplicità e delicatezza del suo stile.

Tre donne, tre identità. Un unico luogo ed evento che le accomuna: la Fashion Week di Parigi. Tre storie diverse ma complementari: una regista americana (Angelina Jolie) specializzata in horror è stata ingaggiata per realizzare un video di moda che deve aprire un’importante sfilata, ma proprio una volta ottenuta questa occasione ambita riceve una dura diagnosi medica ; una studentessa di farmacia diciottenne (Anyier Anei) si ritrova travolta dall’ambiente delle passerelle dopo essere stata notata ed elogiata come nuova rivelazione della moda; una truccatrice (Ella Rumpf) sogna di diventare scrittrice e si imbatte in sogni infranti e nuove speranze.

Couture è un dramma corale che, nonostante sia ambientato nel mondo esibizionista e lussureggiante della moda, si contraddistingue per il pudore di una magnetica semplicità. La moda è presente ma la regista non eccede nell’ostentarne i fasti, quanto piuttosto le dinamiche articolate che riguardano questo mondo e le speranze e difficoltà di chi vi si trova coinvolto. Centrale il dramma umano del personaggio di Angelina Jolie, che con delicatezza e sobrietà racconta la vulnerabilità di una donna che deve lottare contro il proprio corpo. La precarietà della vita si accosta a un mondo ovattato di apparenze, precarie anch’esse per natura, in un’instabilità dove è necessario riscoprire cosa veramente conta. “Siamo davvero poca cosa e la mia amica, la rosa, è morta stamattina” recita la canzone Mon amie la rose di Françoise Hardy. La bellezza muore, perché d’altronde, come dice Vincent Lindon nel film, tutti dobbiamo morire.

La regista Alice Winocour come fossero stoffa strappa e ricompone le storie dei personaggi con una sceneggiatura che intreccia vite e percorsi in un unico disegno di incidenze e cuciture. Uno sguardo intimo che descrive una realtà a suo modo ordinaria di vicende che sono comuni e straordinarie al tempo stesso. La scena più bella è quella in cui Angelina Jolie osserva dall’altra sponda della riva Anyier Anei: la donna la cui vita è appesa a un filo e rivolta al passato che guarda quella che si attinge ad attraversare il proprio futuro e in questo sguardo trova la forza per reagire ed accettare lo stato dei fatti.

Uno stile asciutto ed essenziale che va verso un climax stilistico: un’estetica gotica infatti irrompe maestosamente dopo i toni solari e il realismo visivo e un tornado di emozioni contrastanti si materializza. Un crescendo sensoriale che è liberazione e riscoperta di sé, catarsi e rivoluzione interiore. Le protagoniste tornano a respirare, affrontano le proprie vulnerabilità, si aprono al mondo. Un urlo da vampiro irrompe e sconvolge il mondo benpensante, ma soprattutto tira fuori tutta la grinta e la disperazione che si celano nel cuore.

Angelina Jolie, come anticipato, colpisce nel segno con una dolcezza e un intimismo interpretativo magnetico. Nel cast anche Louis Garrel con un ruolo anche lui molto pacato e amabile, ovvero il direttore di fotografia di Angelina Jolie di lei segretamente innamorato. Tutti gli attori del film adoperano una recitazione trattenuta e misurata, elegante e che evita volutamente il virtuosismo tecnico e l’enfasi stilistica, esattamente come la regia, che con la sua trasparenza porta alla sensazione di essere davvero davanti a personaggi reali assorti nella propria quotidianità. Bellezza, apparenza e vulnerabilità si amalgamano in questo intreccio affascinante per l’immediatezza della sua spontaneità genuina.

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