L’omaggio di Roberta Torre alla Vitti avvolto nella nebbia

Ottima prestazione di Alba Rohrwacher nel ruolo di Monica

Nel film della Torre, Mi fanno male i capelli, ogni cosa è Monica Vitti. Tutto contiene Monica Vitti. Solo lei. La Vitti aleggia sempre, in ogni inquadratura: sin dal richiamo del titolo, che è una battuta di Giuliana in «Deserto rosso» (1964) di Antonioni, il quale, a sua volta, la riprese da una poesia di Amelia Rosselli. Moltissime altre frasi sono citazioni delle interpretazioni cinematografiche della Vitti. Spezzoni di famosi film si alternano come visioni di una mente malata. E proprio la malattia è il perno intorno al quale Roberta Torre cerca di avvolgere con cura la sua devozione per l’attrice che probabilmente è diventata un suo idolo. L’omaggio c’è, ed è riuscitissimo. Anche troppo, si potrebbe dire! E se dopo la sua scomparsa, febbraio 2022, Monica Vitti meritava senz’altro di essere ricordata, forse tentare di renderle un giusto tributo attraverso un lungometraggio presentato in concorso alla Festa del Cinema non ha reso giustizia al film stesso.

L’autrice, tra il desiderio di ricordare una grande personalità del nostro cinema del passato, e quello di confezionare un film che potesse concorrere alla kermesse, evidentemente ha dato la precedenza al tributo. Ha scelto un’attrice perfetta (Alba Rohrwacher) e bravissima nel calarsi in una personalità non sua e non di fantasia, ma addirittura a noi cara e ancora molto vicina. La Rohrwacher è talmente delicata nell’accostarsi al ruolo che non fa né rimpiangere la Vitti, né – più importante ancora – si espone a improbabili possibilità competitive. Le resta fedelmente accanto a farsi suggerire le parole, le espressioni, gli sguardi. Il lavoro della Torre – occorre dirlo – trova adeguato sostegno nella recitazione di Alba Rohrwacher.

Monica Vitti in «Deserto rosso» (1964) di Antonioni

Per il resto, purtroppo, trama e personaggi vagano nell’incertezza dell’essere e del fare. C’è molta confusione in una vicenda non approfondita, a cominciare dal nome della protagonista che si chiama proprio Monica, particolare che non aiuta a sciogliere i dubbi, anzi li incrementa, in coloro che si chiedono se quel personaggio sia proprio la Vitti o un’altra persona vittima della sua stessa malattia. Poi ci sono gli altri: primo, il fedele compagno della Vitti, quel Roberto Russo (Filippo Timi) che l’ha accudita fino all’ultimo giorno, e che nella sceneggiatura è in grave affanno economico, tormentato dai debiti e perseguitato dagli usurai, qui rimasto incompiuto, senza un passato e senza un futuro; poi, c’è una strana figura, en travesti, che appare due volte (ripresa con la stessa inquadratura) e non si sa chi sia: sarà un parente stretto, un ex amante, un amico, comunque qualcuno che rivuole la collana di brillanti: ma perché? D’accordo, potrebbe pure essere un film in cui i personaggi secondari (certamente non quello di Edoardo) sono abbozzati.

La confusione è generata anche dall’arredamento che, nella villetta in riva al mare, dove vivono Monica e Edoardo, è quello tipico degli anni Sessanta, e infatti nessuno dei protagonisti, nemmeno il perfido aguzzino, esibisce mai un cellulare, ma poi si parla della casa museo di Alberto Sordi (morto nel 2003), quindi la vicenda si svolge dopo quell’anno. Eppure tutto sembra essersi fermato ai tempi che appena precedono «Polvere di stelle» (1973), film del quale la nostra Monica sfoggia al finale il vestito di scena. Ma potrebbe pure essere un film senza tempo, legato alla confusione mentale della protagonista.

Alba Rohrwacher

C’è un momento, verso il finale, nel quale la regista predilige seguire Monica nel suo disperato e solitario annebbiamento mentale e la segue prima lungo la spiaggia e poi in un paesino desolato alla ricerca di un cinema deserto, dove lei pare trovare all’improvviso l’agognata tranquillità accostando la sua guancia a quella della Vitti disegnata su un manifesto che annuncia ancora l’ultima proiezione della passata stagione estiva. Appunto, «Polvere di stelle». Roberta Torre chiude il suo film così, come un omaggio, lasciando la storia sospesa in una nebbia ancor più fitta di quella che confonde la mente di Monica.

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Mi fanno male i capelli, un film di Roberta Torre. Sceneggiatura e regia Roberta Torre. Con Alba Rohrwacher e Filippo Timi. In concorso alla XVIII Festa del Cinema di Roma. Auditorium, Parco della Musica, Sala Petrassi, 19 ottobre

Foto di copertina: Alba Rohrwacher in «Mi fanno male i capelli» di Roberta Torre