Incredibile ma vero, alla fine degli anni novanta, quelli dell’ Hot D’or (l’Accademia dei così detti Oscar dell’industria del cinema hard), decisero, approfittando della presenza di una platea di oltre quattromila giornalisti e più e di cinquanta reti televisive impegnati al Festival del Cinema Internazionale di Cannes, di organizzare in un grande albergo sul mare di Mondelieu -la-Napoule, a pochi chilometri dalla capitale francese del cinema, l’annuale edizione del Gala per l’attribuzione dell’Hot d’or ai film e ai protagonisti migliori per qualità, immagini, e successo del cinema di settore.
Così mentre sulla vicina Croisette di Cannes davanti al nuovissimo Palais des Festival si svolgeva la celebre Montèe des marche, il celebre e fotografatissimo red carpet sul quale in eleganti abiti firmati sfilavano le grandi star del cinema mondiale in concorso per la Palma d’oro, a pochi chilometri si svolgeva l’esuberante tappeto rosso delle dive più sentite che vestite di quei film hard in corsa per la conquista del “prestigioso” riconoscimento.
Anche quell’anno ero presente a Cannes come inviato per il cinema di uno dei TG della Rai per seguire come faccio ancora oggi da sessant’anni il Festival. Letta per caso la notizia su Le Nice Matin, decidemmo di andare con una troupe a dare un’occhiata per farci magari un “pezzo di colore”, che solo a riprenderlo dal “vivo” creava all’operatore non pochi problemi di inquadratura in quella sortita svestita…
Scoprimmo un’industria anch’essa prevalentemente di base ad Hollywood con Studios in tutto il mondo Cina inclusa, capace di generare un fatturato miliardario in dollari che non conosceva crisi e soprattutto che non aveva nulla da invidiare in quanto a resa a quello delle blasonate Paramount, Warner, MGM, Fox e Universal che sono alcune delle sette più quotate major in borsa per storia e boxoffice. Tutto questo mentre indeciso davanti all’ingresso dell’Hot D’or Palace, decidevo cosa fare per evitare un agguerrito plotone di body guard e accreditarmi assieme a l’operatore e al suo assistente al quale si era aggiunto felice come una Pasqua anche l’autista. Mi sentii improvvisamente toccare la spalla, mi voltai di scatto era davanti a me si parò il driver in livrea di una splendida Rolls Royce decappottabile nera, che mi indicava un signore seduto con tanto di avana fra i denti e una coppa di champagne in mano che mi invitava a raggiungerlo e scoprire di li a poco fra sonore risate che quel signore era un produttore di Bmovie che negli anni sessanta, appena arrivato a Roma mi aveva dato lavoro come ufficio stampa. Fu sorprendente, simpatico e anche utile perché quello squattrinato produttore di film “declassati” dalla cinematografia dell’epoca (e successivamente sdoganati da Quentin Tarantino), non solo ci fece avere tutti i pass, ma mi raccontò che era diventato miliardario con tanto di Rolls e villa a Montecarlo, producendo film hard e fu lui che mi svelò ti segreti di quell’industria e sempre lui mi presentò per un’intervista Rocco Siffredi al secolo Rocco Antonio Tano, originario di Ortona, una splendida moglie ungherese, due lauree e due figli. Affascinante come Brad Pitt, una delle star meglio pagate di quel mondo “svestito” ma funzionale.
Rocco mi spiegò le severissime “regole d’ingaggio”, i segreti per niente adulterati, le rigorosa prevenzione e anche la raccolta fondi di tutto il settore per favorire la ricerca e la lotta all’AIDS, come aveva fatto anche Elizabeth Taylor con l’ AmfAR, l’associazione creata per lo stesso scopo. Tornati a Cannes, misurando le parole e le immagini montammo un bel servizio di un minuto e quindici secondi per l’edizione della notte. Naturalmente fu un successo e dopo di noi all’Hot D’or, arrivarono come falchi anche le altre TV.
“Sguardi di donna”. “Così il cinema riscopre l’erotismo”, titolava pochi giorni fa la brava collega di Repubblica, Arianna Finos in un suo reportage per presentare un lungometraggio dal titolo Pleasure, diretto dalla regista Ninja Thyberg centrato sul mondo del cinema hard. «Sono film” di grande impatto sulla nostra cultura, perché gli uomini, a leggere le statistiche, trascorrono più tempo guardando porno che news». In quell’intervista Rocco Siffredi mi parlò di una totale assenza di cultura erotica non solo in Italia, dove tutti si sentono dei “toreri”, scoprendo poi di non esserlo anche in tema di banali preamboli amorosi.
«Il film racconta di una giovane decisa a diventare una pornostar», precisa la regista attraverso l’attrice Sofia Kappell, 24 anni, bionda alla Jean Harlow. Nel cinema si moltiplicano in sala e sulle piattaforme digitali, le regie e gli sguardi femminili sull’erotismo d’autore o commerciale”. Quello che mi diceva in fondo il mio amico produttore, un cinema hard sempre più cult.
Intanto a Bologna nel panorama del festival del cinema ritrovato ritorna restaurato a distanza di cinquant’anni la copia del film Gola profonda, il film che diede il via all’industria del porno e lanciò una conturbante Linda Lovelace sdoganando di fatto l’eros come fatto “privato”. Un film che segnò la carriera ma anche la vita della Lovelace, che diversi anni dopo intraprese una dura battaglia contro l’industria del porno arrivando fino al Congresso degli Stati Uniti.
Tanto per rimanere nel campo dei possibili rilanci Tinto Brass, maestro indiscusso dell’italico cinema erotico potrebbe riproporre La chiave, che il prossimo anno compirà quarant’anni dal suo lancio sul grande schermo.
In Francia la regista Audrey Diwan girerà il remake di Emmanuelle con Lea Seydoux come protagonista. «L’erotismo», spiega la regista del film Pleasure alla Finos “è ancora un tema che resta nell’ombra, mai discusso in modo aperto, eppure ha un profondo impatto sulle nostre vite, sulla sessualità e sui rapporti tra uomini e donne”
E mi viene in mente a proposito di letteratura erotica che tornata finalmente dagli anni cinquanta ad essere libera da censure, ancora oggi è difficile trovare nelle librerie i bellissimi libri del francese George Bataille. «Credo». conclude la Finos annunciando che sono tanti i film attesi come 99 moons dello svizzero Jan Gassmann e La Maison, dramma erotico di Anissa Bonnefont con Ana Girardot, «che il futuro sia immaginare anche un’industria porno femminista. Il sesso da gioco di potere a perfetto scambio consensuale» Chissà che cosa ne penserebbe il mio amico produttore della Rolls decapottabile.