Prima della Prima, verrebbe da dire. Il progetto con protagonisti sul palco gli attori con disabilità della Compagnia diretta da Dario D’Ambrosi.
Ci sono eventi e occasioni che sembrano piccoli e invece sono epocali, momenti che mostrano cambiamenti possibili. Il debutto del Teatro Patologico con Il sogno di Simon Boccanegra sul palco del Teatro Nazionale, in collaborazione con l’Opera di Roma, è uno di questi. Una prima volta al mondo, l’apertura di un ente lirico ad una compagnia di attori composta da ragazze e ragazzi con disabilità psichiche.
Dal 1992 il Teatro Patologico di Dario D’Ambrosi crea un punto di contatto tra l’arte attoriale e la malattia mentale, uno spazio dove nessuno è di troppo e l’inclusione passa attraverso il palco.
Con “Il sogno di Simon Boccanegra” si è fatto ancora di più; il Teatro Patologico è diventato parte degli eventi che precedono l’apertura di stagione dell’Opera di Roma, il percorso che ha condotto artisti e spettatori alla prima del 27 Novembre, appunto il Simon Boccanegra di Giuseppe Verdi.
In questo sogno, come nel bel sogno che ha perseguito il lavoro di D’Ambrosi in questi oltre trent’anni, l’idea è che vinca la pace, l’alleanza, la cooperazione tra chi prima si faceva guerra.
Il discorso sul potere che pervade l’Opera Verdiana è qui riproposto nella contrapposizione tra due fazioni musicali, quella del corpo e quella dell’anima, guidate a loro volta dai due protagonisti, Boccanegra (Paolo Vaselli) e Jacopo Fiesco (Carlo di Bartolomeo, che per stare sul palco sembrava nato).
Il lavoro fatto da D’Ambrosi, che ha curato la drammaturgia, ha ricostruito la storia del Doge genovese passando per i sentimenti, creando un adattamento che parlasse una lingua vicina a tutti, anche a chi vive vite distanti da politica e potere. Musica e percussioni, eleganza e potenza, amore e solitudine. Una lotta tra ciò che appare opposto e che invece è poi complementare, necessario insieme per far un intero.
Non mancano certo i personaggi canonici del Simon Boccanegra, a cominciare dall’elegante Amelia (Giulia Bracciantini), perno della storia, e accanto a lei Gabriele Adorno (Andrea Ferrari), mentre il ruolo di Paolo Albani, tra i primi in scena, è andato ad Alessio Pescina. Dietro di loro, padrone della musica di flauto che a lungo ci accompagna, c’è Maurizio Proietti nel ruolo di Apollo.
Sul palco dove i ragazzi recitano c’è la dettagliata scenografia curata da Danilo Mancini. Qui si mischiano i palazzi di Genova, con i loro quadri e la loro magnificenza, col mare in lontananza, la Lanterna che guarda la città, che la sorveglia e che tutto sa delle vite che si vivono tra i suoi carrugi.
Ancora l’unione tra sogno e realtà, tra il reale dolore di Boccanegra e la sua immaginazione, che vorrebbe solo ricongiungersi all’amata figlia e provar pace nell’anima.
La reinterpretazione che il Teatro Patologico ha dato del Simon Boccanegra crea un punto di contatto maggiore tra l’opera e il pubblico più vasto. Da un lato la prosa, più immediata rispetto al canto lirico – e non lo si prenda come giudizio di valore, ché le differenze tra i due ci permettono di avere due arti ugualmente meravigliose.
Dall’altro la rimodulazione del tema, il definire la contrapposizione amore-potere in corpo-anima, qualcosa che tutti conoscono, senza distinzione di sesso, origine, salute, storia personale.
Il corpo e l’anima, che sono per altro i due strumenti base del teatro. Non serve neanche la voce, quella può mancare. Il corpo, che è il custode dell’anima, la porta in giro, le permette di esprimersi.
Dario D’Ambrosi e i suoi ragazzi si sono espressi, hanno portato davanti al pubblico i corpi e le anime, il lavoro, la fatica dell’attore, di chi progetta, organizza, prova. Si mette alla prova, soprattutto, perché ogni lavoro d’interpretazione è dare un po’ di sé a un personaggio, trovare un contatto tra il proprio io e quello di cui si vestiranno i panni.
Contatto, questa è la parola che può riassumere Il sogno di Simon Boccanegra, tra malattia e salute, tra compagnia e pubblico, tra Teatro dell’Opera di Roma e il Teatro Patologico.
E ovviamente tra corpo e anima.
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Il sogno di Simon Boccanegra – Melodramma in un prologo e tre atti – Musica di Giuseppe Verdi – Libretto di Francesco Maria Piave e Arrigo Boito – Direttore: Michele Mariotti Regia: Richard Jones – Maestro del Coro: Ciro Visco – Scene e costumi: Antony McDonald – Luci: Adam Silverman – Coreografia per i movimenti mimici: Sarah Kate Fahie – Maestro d’armi: Renzo Musumeci Greco – Produzione: Teatro Patologico in collaborazione con Il Teatro Dell’opera Di Roma e con il supporto dell’Università Degli Studi Di Roma Tor Vergata e della Fondazione Angelini – Teatro dell’Opera dal 23 e 24 novembre 2024
Personaggi e interpreti: Simon Boccanegra (Paolo Vaselli) – Amelia (Giulia Bracciantini) – Paolo Albiani (Alessio Pescina) – Jacopo Fiesco (Carlo Di Bartolomeo) – Gabriele Adorno (Andrea Ferrari) – Apollo (Maurizio Proietti)
Coro Musica dell’anima: – Ilaria Serrato – Beatrice Agostini – Sara Florenzi – Valeria Minari – Andrea Scrimieri – Marina Starace – Claudia Terracini – Daniele Tortosa
Coro Musica Del Corpo: – Francesco Crudele – Emanuele Antei – Fabio Bischetti – Andrea De Dominicis – Fabio De Persio – Nicolò Fronticelli Baldelli – Paolo Giliberti – Silvia Sorcini
Foto di scena ©Fabrizio Sansoni