Oltre cento opere raccontano l’uomo e l’artista a Palazzo Albergati
“Essere se stessi è una virtù esclusiva dei bambini, dei matti e dei solitari” lo diceva Fabrizio De André, una citazione che potrebbe ben adattarsi all’artista esposto, per la prima volta, a Palazzo Albergati di Bologna.
Lo chiamavano “al matt” in paese, il matto, lui era Antonio Ligabue, pittore che, come spesso è accaduto, non è stato compreso in vita, valutato e celebrato solo dai posteri, molto tempo dopo. Antonio Ligabue. La grande mostra è un’esposizione aperta fino al 30 marzo 2025, organizzata da Arthemisa, in collaborazione con il Comune di Gualtieri e Fondazione Museo Antonio Ligabue, a cura di Francesco Negri e Francesca Villanti, volta a far scoprire l’arte di un uomo segnato, sofferente nonostante le tele cariche di colore feroce, vivo.
Sono oltre cento le opere esposte, tra cui numerosi inediti e ritrovamenti recenti, legati alla sua attività, ripartiti nelle sale di Bologna secondo un arco temporale preciso. Il periodo iniziale (1927-1939), l’intermezzo (1939-1952) e il terzo momento, quello più fecondo e maturo (1952-1962).
Quella di Antonio Ligabue fu un’esistenza dura, difficile, ai margini: nato nel 1899, da padre sconosciuto, visse i primi anni con la madre biologica Maria Elisabetta per poi passare in adozione alla famiglia Gobel. Fin dall’infanzia e durante la giovinezza, Ligabue attraversò momenti difficili, passati per la maggiore nel paese di Gualtieri (RE), segnati da periodi di internamento e da un isolamento che spesso lo lasciò abbandonato a se stesso. Le costanti che lo accompagnarono furono l’arte, la pittura e il disegno con cui egli si esprimeva e cercava di sopravvivere.
Il suo percorso, personale e artistico subì, negli anni, una svolta grazie all’incontro con lo scultore Marino Mazzacurati che, notando le sue opere, lo stimolò ad una maggiore ricerca stilistica. Animali, belve, paesaggi, scorsi naturali e selvaggi, ma anche numerosi autoritratti con cui l’artista cercò di raffigurare se stesso, la sua interiorità: questa fu la sua produzione principale, nonostante i numerosi ricoveri negli ospedali psichiatrici che caratterizzarono l’arco della sua vita. Tra le fine degli anni Quaranta e inizio Cinquanta, la critica iniziò a guardare con interesse la sua attività, per il pittore arrivarono i primi articoli e i riconoscimenti pubblici. Nel 1955 Ligabue tenne, infatti, la sua prima personale a Gongaza, nel 1951 espose alla Galleria La Barcaccia a Roma. L’anno dopo, colpito da una semi paralisi, fu costretto a peregrinare in diverse strutture, fino al ricovero presso Carri di Gualtieri, dove morì nel 1965 a soli 66 anni.
Una vita difficile, abitata dalla sofferenza fisica, mentale e dall’isolamento, dalla miseria: è riduttivo definire l’arte di Ligabue come naïf, le opere esposte a Bologna parlano e, in alcuni casi, gridano il dolore e la solitudine, i tentativi di consegnare e custodire all’interno del disegno e della pittura il proprio mondo. L’unico mezzo di espressione, di cambio, di interlocuzione.
La mostra propone un percorso per gradi, con un primo periodo di attività dove Ligabue utilizzò il colore e il tratto in maniera più leggera e morbida, senza i grandi “sconquassi” fisici che avvennero, invece, nel momento successivo esposto. Lì si intravede il passaggio che caratterizza le sue tele più famose: il colore diventa materia corposa, diventa spessore che grida e si materializza nelle espressioni delle sue belve, dei sui animali. Ferocia e libertà allo stato puro.
La maturità e lo sviluppo artistico sono dominanti nell’ultimo lasso di tempo, presente in Antonio Ligabue. La grande mostra: natura selvaggia, tormentata come il suo animo, ma anche numerosi autoritratti. Davanti ad essi si guarda dritti dentro il suo stesso sguardo per intravederne il peso della malattia e dell’emarginazione.
Lince nella foresta, Leopardo, la sezione Volatili, Tigre, Leonessa con zebra, Leopardo nella foresta, bocche spalancate, fauci che dominano la scena, foreste incontaminate mai realmente viste in prima persona, ma anche scene agresti, di lavoro nei campi: la natura viene esplorata nei suoi tratti semplici eppure potenti, spessi. Si vede la pennellata, il suo spessore, il colore è vivido, sintomo di dolore e della voglia di ripresa. Ambivalenze che abitano la malattia. C’è lui stesso, le sue pose composte, gli occhi che ricordano quelli di un altro “matt” di tutt’altra epoca, Van Gogh. Entrambi capiti e valorizzati dopo, sempre troppo tardi: forse perché la sofferenza personale ha bisogno di sguardi diversi, difficilmente viene colta da chi se la trova vicina, vivente.
L’auto-raffigurazione diventa così testimonianza, tristezza e consapevolezza impregnate di olio sulla tela, a ricordare che l’arte e il dipingere, per loro, erano le uniche cose, gli appigli rimasti in un tempo e in un mondo che non li ha considerati. A popolare l’esposizione sono presenti anche sculture, disegni, opere inedite, pannelli multimediali, figure a cui il pittore stesso trasse ispirazione.
C’è da aggiungere che questa, a Bologna, non è però l’unica mostra dedicata a Ligabue: a pochi passi, presso Palazzo Pallavicini, fino al 28 febbraio 2025, è allestito un altro percorso espositivo, aspetto che lascia un poco sorpresi per la concomitanza e la coincidenza. Interessante sarebbe capire la modalità (diversa?) di raccontare lo stesso artista e la sua produzione.
Antonio Ligabue. La grande mostra di Palazzo Albergati è un cammino, in sintesi, che permette di conoscere da vicino la personalità di quest’uomo accantonato, bollato, che tastò sulla propria pelle la povertà e l’abbandono; un’anima caratterizzata allo stesso tempo da grande forza e dalla voglia di riscatto.
Quell’essere se stesso, fino in fondo, nella citazione iniziale, ben si sposa con l’epitaffio presente sulla sua stessa lapide:” Il rimpianto del suo spirito, che tanto seppe creare attraverso la solitudine e il dolore, è rimasto in quelli che compresero come sino all’ultimo giorno della sua vita egli desiderasse soltanto libertà e amore.” Non si cerca, forse, altro che questo nell’esistenza e Antonio Ligabue lo seppe trasmettere, lo volle inseguire (come le sue fiere) in prima persona, nonostante tutto.
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Antonio Ligabue. La grande mostra – Col patrocinio del Comune di Bologna, la mostra è prodotta e organizzata da Arthemisia in collaborazione con Comune di Gualtieri e Fondazione Museo Antonio Ligabue, è curata da Francesco Negri e Francesca Villanti. La mostra vede come special partner Ricola e mobility partner Frecciarossa Treno Ufficiale. Il catalogo è edito da Moebius – Palazzo Albergati, Bologna – 21 settembre 2024 – 30 marzo 2025
Immagine di repertorio/in evidenza: Ansa, Antonio Ligabue, Autoritratto con sciarpa rossa, s.d., (1952- 1962). Olio su tavola di faesite, cm 91×74,5. Collezione privata