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Vermiglio

Vermiglio: una storia (neo)realista italiana

Il trionfo di Vermiglio ai David di Donatello e l’ascesa di Maura Delpero sulla scena italiana.

Vermiglio è il prodotto italiano del momento, soprattutto dopo i 7 premi vinti la settimana scorsa ai David di Donatello. Il film è uscito nelle sale il 18 settembre 2024, una settimana dopo rispetto alla gloriosa anteprima a Venezia 81. Attraverso una regia essenziale e un’ambientazione fuori dal tempo, il film esplora le radici storico-culturali delle dinamiche di genere, tema centrale nella poetica di Maura Delpero. La scelta, alla maniera neorealista, di persone del luogo non professioniste aggiunge autenticità e realismo alla narrazione, creando un’affinità quasi documentaristica con la storia.

Vermiglio

Una delle scene di Vermiglio

1944, Vermiglio. La famiglia Graziadei vive tra le rigidità della montagna, indurite dall’ultimo anno di guerra. Un padre padrone e il severo maestro del villaggio. Una moglie, madre di molti figli. E tre figlie femmine, i personaggi femminili fondamentali per una serie di ruoli e significati protagonisti della narrazione.

La più grande, Lucia, si innamora di un disertore siciliano. La loro storia, inizialmente segreta, evolverà fino al matrimonio e a una serie di intrecci ulteriori che occuperanno molto del protagonismo della narrazione. Ada, la sorella di mezzo, sembra star scomoda in una realtà che la ritrae come sbagliata, o “non abbastanza” (ma è anche l’unica tra loro dalle sembianze autenticamente umane). Una realtà che la porta a punirsi per i suoi peccati, legati alla scoperta dell’autoerotismo e di una sessualità differente dalla norma imposta.

E poi c’è Livia, la più piccola, intelligente e prediletta del padre. Risulta tanto curiosa e sveglia da iniziare a fare già i conti con le complessità e le contraddizioni della vita adulta, scoprendo quanto guerra e segreti familiari permeino la loro quotidianità. 

Il film racconta la storia di un paese. Una realtà italiana completata dalla scelta narrativa di ambientare il film all’estremo nord, e di servirsi di un’unica altra regione, la Sicilia, all’estremo sud, come luogo di provenienza di uno dei protagonisti. Ma Vermiglio, il (non) luogo sulle montagne del Trentino, non si presta solo come località in cui Delpero ha potuto ambientare il suo film. Vermiglio diventa protagonista dello stesso.

Vermiglio è un colore, un rosso vivo, intenso, che non appare mai nella pellicola. E il caso (aiutato dalla bravura di Delpero) ha voluto che questo gioco con il significato della parola calzasse a pennello per esprimere il contrasto dei colori usati dalla regista. Una costante tonalità molto fredda di blu, grigio, verde, alienante ed efficace nel provocare un senso di durezza e di prigionia del paese, vissuto però soprattutto dalle personalità femminili. 

Vermiglio è anche quel rosso di un sentimento che arde nell’intimità delle protagoniste, ma che non si materializza mai sullo schermo. Diventa la tonalità emotiva che tinge il loro mondo interiore. Ciò che le guida, capaci di opporsi tanto alle avversità quanto ai rigidi convenzionalismi della società.

La clessidra sembra far scorrere il tempo all’indietro. Si parte da una realtà ambientata durante l’ultimo anno della seconda guerra mondiale, ma più ci si addentra nella storia più ci sembra di vivere in un mondo distante anni luce da come lo conosciamo. Delpero crea dipinti d’epoca settecentesca. Le inquadrature alla Guadagnino di una casa apparentemente ferma e silente sono i personaggi che la regista cura di più. Quelli che più degli esseri in vita raccontano la vita degli esseri umani. 

In Vermiglio, Maura Delpero adotta un approccio sociologico, suggerendo, evocando, costringendo il pubblico a partecipare attivamente alla costruzione del senso. La sua macchina da presa indaga i volti, i gesti, i silenzi, trasformando ogni inquadratura in un quadro vivente, dove parla tanto anche il fuori campo.

Si respira la guerra, l’emigrazione, la maternità, l’esplorazione dell’identità di genere e sessuale. Infine, la regista sembra voler esprimere che ogni esistenza, per quanto marginale o apparentemente anonima, custodisce una sua ribellione intima, una ricerca di significato che rifiuta di essere ingabbiata dalle convenzioni.

Vermiglio è un’opera riflessiva e visivamente splendida. È raro che un cinema così essenziale, così apparentemente spoglio, riesca a contenere una tale ricchezza di significati. Il film è un omaggio alla lezione neorealista. Ma è omaggio anche di una sua radicale attualizzazione, che colloca Delpero in una posizione unica nel panorama cinematografico italiano contemporaneo. Non a caso è stata scelta per rappresentare l’Italia agli Oscar. Non a caso è stata protagonista di questi David di Donatello.

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Vermiglio – Regia e sceneggiatura: Maura Delpero – Con: Giuseppe De Domenico, Martina Scrinzi, Tommaso Ragno, Roberta Rovelli, Sara Serraiocco, Camilla Pistorello, Orietta Notari, Patrick Gardener, Rachele Potrich, Anna Thaler, Luis Thaler, Carlotta Gamba, Simone Benedetti, Enrico Panizza, Santiago Fondevilla Sancet – Musiche: Matteo Franceschini – Scenografia: Vito Giuseppe Zito, Pirra – Costumi – Anna Cavalletto – Montaggio: Gian Luca Mattei – Fotografia: Michail Kričman – Produzione: Rai Cinema, Cinedora, Charades Production, Versus Production – Nei cinema da settembre 2024

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