A Palazzo Madama, Torino, fino a fine agosto si racconta la storia dei manifesti pubblicitari del turismo Italiano.
Prima delle campagne di comunicazione social e web, più o meno funzionali che siano, c’erano i manifesti, la carta stampata funzionale per tutto, pubblicità turistiche comprese.

E sono proprio le reclame dei più noti luoghi di vacanza italiani i protagonisti di Visitate l’Italia! Promozione e pubblicità turistica 1900-1950, la mostra in corso a Palazzo Madama a Torino a cura di Dario Cimorelli e del Direttore di Palazzo Madama Giovanni C.F. Villa, con cui hanno collaborato Emilio Alberti e Mauro Zocchetta, responsabili dell’allestimento.
Fino al 25 agosto residente e turisti potranno trovarsi davanti a manifesti, guide e pieghevoli che raccontano l’Italia turistica della prima metà del novecento.Sono immagini di grandi artisti, da Leopoldo Metlicovitz e Marcello Dudovich a Ettore Tito e Galileo Chini, affiancati da anonimi al servizio delle tipografie. È il segno di un turismo destinato a essere sempre più di massa.
Dall’età liberale al Fascismo fino al secondo dopoguerra, l’esposizione, un percorso obbligato, si divide in cinque diverse aree per tema e non per periodo. Si comincia con l’arco alpino, dalle Alpi Marittime fino alle Dolomiti. Natura e sport invernali sono gli elementi principali di fotografie e disegni, tra sciatori allegri e monti dalle cime innevate. Ma c’è spazio anche per un simpatico orso bianco con gli sci in spalla.
Seguono le grandi città, con in testa proprio Torino.
Le immagini non hanno niente a che vedere con il grigio capoluogo industriale, soprattutto nei manifesti del dopoguerra nei risaltano i monumenti e le attrazioni turistiche, segno di una città già consapevole del proprio potenziale. E poi certo Milano, Roma, Firenze, ma anche province più piccole, soprattutto di zone lacustri, come quelle tra la Lombardia e il Piemonte, la villeggiatura a metà tra le montagne e il mare, con l’acqua e l’aria fresca, i bagni e le passeggiate.
Seguono le località termali, simbolo di vacanze curative, di quella terapia per tutti i mali che si risolveva in qualche giorno di riposo. Qui non è solo lo stile artistico a richiamare l’epoca in cui i manifesti sono stati prodotti, ma una vera e propria concezione di evasione dalla routine che oggi si è profondamente mutata. Sono invece più simili al nostro immaginario i manifesti finali che raccontano delle zone di mare, soprattutto Liguria e Romagna. Donne stilizzate che fanno il bagno, bambini che giocano nella sabbia, ombrelloni aperti.
Inviti all’estate, alle vacanze, alla libertà. Poco prima della fine del percorso un video di qualche minuto permette ai visitatori di tuffarsi nell’epoca davvero, lasciando da parte i disegni e guardando i filmati di chi quelle vacanze le visse. Passeggiate in montagna, discese con sci lontanissimi dai giorni nostri, momenti in spiaggia e in acqua. I vacanzieri di ieri, ripresi per pubblicità, cronaca o gioco, mostrano l’Italia quale bel paese, dove tutto è possibile, dove si è contenti se si ama il mare ma anche se si è fan degli sport invernali.
Ciò che più colpisce, guardando attentamente l’esposizione, è che non esiste un vero e proprio ordine cronologico comprensibile. Bisogna guardare le date per sapere a quando risale ogni manifesto, non c’è un immediato cambio di stile che racconti il passaggio tra le diverse fasi che l’Italia ha vissuto in quei cinquant’anni. Le reclame turistiche non cambiano, non sono toccate dalla dittatura, se non per qualche u fattasi v e qualche parola di vanto in più, non accennano alla libertà ritrovata nel dopoguerra.

Il percorso si addentra nella parte limpida della storia, quella che sembra non toccata dal male, dal dolore. Se un alieno capitasse nella Sala del Senato e li vedesse non potrebbe certo immaginare cos’altro furono quei decenni per l’Italia e il mondo. Come se mari, monti, laghi e città d’arte fossero universi tutti loro, lontani dal reale.