Tornare dall’aldilà? A volte meglio di no

Un vedovo in lutto e una tecnologia moderna in grado di far tornare la moglie, ma forse non sempre è bene sfidare il destino

Strappare chi abbiamo amato dalle grinfie della morte. 
Un sogno che tutti almeno una volta abbiamo avuto, un pretesto narrativo che abbraccia la storia del teatro, della letteratura e del cinema da sempre e in qualsiasi cultura, vuoi in un modo, vuoi in un altro. 
Clonazione da Tiffany, in scena al Teatro Marconi dal 22 febbraio, porta la sua prospettiva, nel mondo moderno dove la tecnologia corre veloce e ogni cosa sembra diventare possibile. 

Tania Lettieri, Dario Biancone, Valentina Maselli e Marina Suma

Gustavo (Marco Belocchi, qui presente anche nel ruolo di regista) ha appena perso l’amata moglie Bettina (Marina Suma). Intorno a lui un coro di vicini e conoscenti che provano, più o meno, a stargli vicino durante il lutto. C’è una vita da ricostruire dietro al dolore della vedovanza e comincia con lo smartworking, il compromesso tra le ferie e un rientro a lavoro che ancora gli costa troppa fatica. Il meraviglioso mondo di internet lo mette in contatto con Ludovico Federici (Giovanni Ribò) scienziato che ha importato da poco dal Giappone una macchina per la clonazione. 


Basta un capello di Bettina per farla tornare in vita, per farle riprendere il suo posto di moglie accanto a Gustavo. Un esperimento che riesce, la coppia si riunisce sotto il tetto coniugale – che fisicamente è dove tutta la pièce si svolge. Ciò che segue è l’inaspettato, la differenza tra quel che si ha in mente e quel che è reale. “Attento a ciò che desideri perché potresti ottenerlo”, disse qualcuno. E Gustavo ne è la prova. 

Clonazione da Tiffany vuole far ridere e ci riesce. Il tutto risulta esilarante, con personaggi caricaturali accentuati al massimo, un mondo a sé che entra ed esce liberamente da casa di Gustavo.
C’è però un punto di riflessione, un momento in cui il sorriso si interrompe per provare a scavare dento ciascuno. Qual è il limite tra il ricordo e l’idealizzazione? Come sarebbe se potessimo davvero far tornare indietro quelli che amiamo e la morte ci ha tolto? E se non fosse bello come avevamo sperato? 
Tanti sono i pensieri che si snodano man mano che lo spettacolo si avvicina alla sua fine, e forse si poteva dedicare qualche minuto in più a riflessioni sull’unico tema che coinvolge tutti, quello del destino. 
Non si sarebbe tolto nulla al lato comico, che anzi ne sarebbe uscito rafforzato dal momento di serietà. 

Nel complesso la storia funziona, l’idea della clonazione al posto della semplice “resurrezione” dà un piglio innovativo a un’idea di fondo che esiste dalla notte dei tempi. Si apprezza molto anche il ruolo dell’amica oscurantista, timorata di Dio e in forza per sconfiggere il progresso in nome della religione (Valentina Maselli), che tra le risate ci ricorda quanto ancora oggi esistano opinioni molto diverse sul valore del progresso scientifico. Ma anche la coppia “coatta” (Tania Lettieri e Dario Biancone) pronta a regalare piccole perle di esilaranti momenti “lessicali”, in contrapposizione allo stile compassato del padrone di casa, già provato dagli eventi che lo stanno per travolgere.

Marco Belocchi e Giovanni Ribò

Si ride quasi dall’inizio, per affrontare assieme a Gustavo la morte e rimuovere piano piano tutta la sacralità che la avvolge, quel senso di inadeguatezza che spesso si prova davanti al lutto. 
Superata la paura di sbagliare, di non dar valore al dolore di Gustavo che Belocchi riesce a portare bene in scena, tutto è in discesa, una battuta dopo l’altra, in una comicità che, tra le altre cose, sa tanto anche di Roma. 

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Clonazione da Tiffany – Di Giovanni Ribaud  – Regia Marco Belocchi Con Marina Suma, Marco Belocchi, Giovanni Ribò, Valentina Maselli, Tania Lettieri, Dario Biancone – Musiche Fabio Bianchini – Scenografie e luci Manuela Barbato – Assistente alla regia Alessio Pedica – Costumi Associazione Genta Rosselli – Foto di scena e grafica Maria Letizia Avato – Teatro Marconi dal 22 febbraio al 3 marzo 2024

Foto di copertina: Marina Suma e Marco Belocchi