“The Boys”: la recensione

L’ex presidente degli Stati Uniti Barack Obama ha stilato su Twitter la sua personale classifica dei migliori film e delle migliori serie tv del 2020 (https://twitter.com/BarackObama/status/1339933912928235522?s=20) e tra queste appare anche The Boys. Il produttore esecutivo Seth Rogen ha twittato: “Entusiasta di sapere che il presidente Obama si è divertito a guardare il nostro programma che ha una scena in cui qualcuno viene ucciso da un pe*e di dieci piedi“. Sì, c’è anche questo nella serie targata Amazon, ma di che parla?

Dopo pochi minuti dall’inizio della prima puntata muore Robin, investita dalla corsa del supereroe più veloce al mondo A-Train, in una scena assurdamente brutale. Il suo ragazzo Hughie (Jack Quaid, figlio dell’attore Dennis) si ritrova a stringere le mani della sua dolce metà, uniche parti del corpo ancora integre. Il resto è spappolato. Tormentato e assetato di giustizia, Hughie non si capacità di come il superveloce A-Train la possa passare liscia, ma in un’America controllata dall’azienda Vought, di cui fanno parte i “Sette” (il gruppo di sette supereroi migliori al mondo – capitanati da Il Patriota – al quale partecipa anche A-Train), la morte di Robin è solo un danno collaterale da insabbiare con qualche assegno staccato dall’azienda per comprare il silenzio di chi la amava. Si fa vivo però Billy Butcher (Karl Urban), un misterioso uomo dall’accento british e dall’aspetto da bandito, che convince il giovane ad aiutarlo per una missione da svolgere proprio contro la gigantesca azienda. Il ragazzo deve accettare i soldi che gli vengono offerti in modo da poter entrare nell’ufficio dei Sette e piazzare una cimice per conto di Butcher. Da questo momento nasce un sodalizio tra nuovi e vecchi compagni, una squadra pronta a fare di tutto per distruggere i supereroi (criminali più che altro) più amati d’America.

Il primo aggettivo che viene in mente guardando The Boys (uscita nel 2019 e proseguita a settembre del 2020 con una seconda stagione) è: assurda. Con accezione totalmente positiva. La serie si basa sull’omonimo fumetto di Garth Ennis e Darick Robertson e narra una storia originalissima. Basta con i supereroi ligi al dovere, sempre perfetti e pronti al sacrificio pur di salvare il prossimo. Se esistessero i super uomini nel nostro mondo, come sarebbero? Probabilmente avrebbero contratti firmati per l’azienda più importante del Paese, intorno un marketing sfrenato da far guadagnare miliardi di dollari e, soprattutto, avrebbero una personalità molto più oscura di quella ostentata al mondo intero.

Il Patriota (Antony Starr) è l’eroe che tutti vorrebbero, creato sulla falsariga di Capitan America e Superman, è il leader dei Sette, ed è colui che incarna il popolo americano e che protegge e serve tutti i suoi concittadini. Ma questo è ciò che la gente vede, dietro le telecamere si rivela un personaggio dalla mente disturbata, con comportamenti infantili e un ego smisurato. La sua vera natura lo porta ad essere un villain magnifico. Intorno a lui gli eroi nascondono ognuno i propri segreti, che si intrecciano proseguendo nella trama. La storia man mano che va avanti assume dimensioni sempre più grandi e il piccolo gruppo di ribelli anti-eroi si ritrova a combattere, con i pochi mezzi a disposizione, contro un nemico troppo grande. Davide contro Golia.

Ad incorniciare tutto ciò vi sono però ulteriori elementi da non sottovalutare ma che al contrario rendono la serie ancora più originale. L’ironia dietro i personaggi e il paradosso di alcune scene propongono un mix divertentissimo e alle volte quasi stomachevole. Situazioni grottesche, dialoghi strampalati, rendono alcuni momenti indimenticabili come la scena descritta nel tweet di Seth Rogen. I riferimenti all’America di oggi sono tanti e variegati, trattati attraverso molti temi quali il razzismo, il consumismo sfrenato, il potere delle multinazionali, il sessismo e l’ipocrisia dello showbusiness.

The Boys è una serie assurda, divertente, adrenalinica, cruda, violenta, nosense e politica, che ribalta totalmente la visione stereotipata del supereroe per darne invece una che forse sarebbe più adatta alla nostra società. Non resta che aspettare intrepidi la terza stagione.