Spose bambine e i fantasmi del passato

Al Teatro di Villa Lazzaroni “La bambina di carta” racconta del matrimonio minorile provando ad andare oltre ai pregiudizi e all’indifferenza occidentale

Secondo le associazioni, Save The Children in primis, sono oltre trentamila ogni giorno le bambine costrette a sposarsi nel mondo. Intere classi di bambine, le si potrebbe immaginare così, portate via dalle scuole e dalle case per renderle mogli di uomini molto più anziani di loro, madri quando ancora dovrebbero essere solo figlie. Di loro parla La bambina di carta, andato in scena dal 31 gennaio al 2 febbraio al Teatro di Villa Lazzaroni per la regia di Flavio Marigliani.

Al centro Valeria Nardella nei panni di una giovanissima sposa che è riuscita a liberarsi, una vicenda ispirata alla reale storia di Nojoud Ali, ad oggi la divorziata più piccola del mondo. Nei passi di questa sposa bambina diventata adulta, Nardella presenta il libro che ne narra la storia, vestita e truccata da occidentali e rivolta ad occidentali che vedono il suo racconto con occhi da giudici marziani, pronti a giudicare senza essere in condizione di capire.  In questo ruolo si cala Fabio Vasco, che si alza dalla platea per salire sul palco nel ruolo di giornalista durante una conferenza stampa. 

Da lui escono parole di giudizio nei confronti della cultura e della religione islamica, delle famiglie che danno le bambine come spose. Sono parole che ci rimbombano in testa perché sì, succede di pensare le stesse cose, di ripeterci nella mente, davanti a storie che ci turbano, termini giudicanti e di odio.  Ma è ascoltandoli uscire dalla bocca di Vasco, che sul palco incarna tutto il perbenismo semplificatore occidentale, che ne captiamo la portata offensiva, di violenza verbale. Giudizio, sempre giudizio, mai aiuto reale.La pratica terribile delle spose bambine immaginata come un modo per liberarsi di una figlia femmina non voluta, nient’altro.

Ciò che invece fa Valeria Nardella è provare a raccontare in modo più ampio l’immaginario contesto d’origine della sua bambina di carta. La madre che l’amava, la necessità di soldi, l’inserimento del matrimonio in un contesto più ampio, uno scenario che non è solo religioso e culturale, che non si risolverebbe con la violenta repressione di qualche Credo.

E soprattutto rimuovere l’idea che tutto accada lontano, che non ci siano anche in Europa, nel sano e maturo occidente, situazioni che volontariamente ignoriamo, dando a chi le vive la responsabilità se non addirittura la colpa di essere altro da noi, tanto da sentirci liberi di tapparci gli occhi. Viene quindi chiesto allo spettatore di avvicinarsi a “La bambina di carta” senza pregiudizi, senza esser convinti di sapere perché. 

Non senza l’umano orrore nell’idea che a una bambina venga chiesto di diventare sposa, ma senza il giudizio fatto e finito su come sia possibile, ancora e ancora.
Man mano che lo spettacolo va avanti sullo schermo a fondo del palco scorrono le storie e le testimonianze di altre bambine, accompagnate dalle loro voci, come quelle della poetessa Maram al-Masri o della giovanissima Sonita Alizadhe, che la sua storia e quella di molte altre l’ha cantata con la musica rap, andando contro la famiglia e il regime Iraniano sotto al quale viveva. I corpi violati, le famiglie che non si voltano indietro, l’arrivo di gravidanze troppo presto. I pensieri corrono alle bambine che si conoscono, ogni donna si ripensa ragazzina e si immagina.

A completare il quadro, per entrare del tutto in quel nido di dolore che è la casa di una sposa bambina, l’apparizione sul finale di Stefano Mondini, che dona la voce all’immaginario marito. Man mano che parla Nardella si vela, si copre, urla la sua versione. Insieme parlando l’adulto e la bambina, ci possiamo figurare il male da tutti i suoi punti di vista. Si esce sofferenti da La bambina di carta, sofferenti e consapevoli, come sempre quando il teatro è sociale.

Cosa la nostra consapevolezza possa fare davanti a un dramma che sembra lontano è difficile anche solo da pensare, perché ogni gesto sembra poco mentre le giornate continuano con quel conto di giovani spose che aumenta. Ciò che però è certo è il valore del sapere, del non ignorare, del non girare la testa dall’altra parte aggiungendo solo qualche parola d’odio.  Essere consci di come il dove si nasca sia fortuna, l’indifferenza una scelta. L’azione consapevole il modo per, a piccoli passi, poter far qualcosa.

La bambina di carta – Testo e regia di Flavio Marigliani  Con Valeria Nardella, Fabio Vasco, Stefano Mondini – Teatro Villa Lazzaroni dal 31 gennaio al 2 febbraio 2025

Foto di copertina: ©Alfredo Gasparini