Sergio Caputo festeggia i 40 anni di «Un sabato italiano» con un tour per big band.
Un sabato italiano è una di quelle canzoni che non solo ha segnato una generazione ma che ha anche superato il tempo arrivando indenne ad oggi. Per festeggiare i 40 anni dall’uscita del grande successo, il suo autore Sergio Caputo sarà in tour accompagnato da Big Band.
Il tour inizierà a Genova, la “data zero” è l’11 aprile al Teatro Govi, per poi proseguire il 12 aprile al Teatro Lirico di Milano; il 26 aprile arriverà nella Capitale all’Auditorium Parco della Musica (evento già sold-out) e il 28 aprile sarà a Napoli al Teatro Acacia. In estate il tour proseguirà in alcune località, per poi tornare in teatro, tra cui Firenze, Bologna, Torino.
In esclusiva per Quarta parete l’intervista che l’artista ci ha gentilmente concesso:
Cosa deve il Caputo degli anni 80 a coloro che lo avevano preceduto in Italia, come swing e testi ironico-umoristici, mi riferisco a Buscaglione, Carosone, Luttazzi?
Mettiamo subito in chiaro una cosa: non ho mai scritto testi umoristici, ironici sì, ma è molto diverso – le mie canzoni sono tutte storie vere, vissute e a volte sofferte, tanto è vero che quarant’anni dopo, nuove generazioni che quando uscì l’album non erano ancora nate, sono in grado di identificarvisi emozionalmente e farle proprie come se Un sabato Italiano fosse uscito oggi. Con Buscaglione non ho nulla a che fare (ma quante volte devo ripeterlo???).
Buscaglione, grande musicista che stimo come tale, raccontava però in modo alquanto manieristico storie di personaggi immaginari, da fumetto, che non appartenevano ne’ al suo mondo ne’ al nostro – come Il dritto di Chicago, il gangster dalla pistola facile, e addirittura durante i suoi show si sparava (a salve) o si mollavano “sventole” alle donne. Egli era più simile a un Petrolini, se vogliamo trovargli una similitudine. Carosone e Luttazzi erano e resteranno nell’Olimpo della musica italiana (che italiana non è, la musica italiana è l’Opera, e quella popolare e dialettale) ma io mi sono sempre soltanto ispirato direttamente alle radici del jazz e dello swing, da Cole Porter a Duke Ellington a Fats Waller (solo per citarne alcuni) coniugando poi questo tipo di musica col pop. Spero di essermi spiegato.
Caputo compositore: viene prima il testo o la musica?
Un tempo sempre solo la musica, poi era la musica stessa ad indicarmi quale parte della mia vita dovesse accompagnare. Ultimamente – anche grazie alla tecnologia – musica e testo possono nascere insieme, perché mentre sto scrivendo la musica, se mi viene in mente la frase giusta sono in grado di fissarla o addirittura cantarla senza dover prendere carta e penna.
Che presa hanno le sue canzoni sul pubblico di oggi? Vengono vissute ormai come dei classici
Vero, vengono vissute come dei classici perché sono ormai entrate nella storia della musica, indipendentemente da me, e ora posso dire con certezza che mi sopravvivranno. Oggi me lo spiego col fatto che le mie sono storie personali, che parlano di emozioni comuni a tutti – amore, amicizia, malinconia, voglia di vivere una vita significativa – e sono svincolate da contesti storici o culturali, il che le rende sempre attuali.
Come nasce la Sergio Caputo big band?
Nasce a Siena nel 1985, anno del mio primo tour. Tutti i componenti di quella band erano insegnanti di musica in varie scuole o in conservatorio. Ad uno ad uno li ho perduti nel flusso delle loro vite quotidiane. Di tour in “Big Band” non ne ho fatti molti, perché la formazione è molto impegnativa e costosa, e spesso sul palco di certi teatri o locali stiamo troppo stretti. In seguito infatti sono passato a formazioni più agili, ridotte, tipo quintet, quartet, fino al mio adorato TRIO, in cui mi diverto molto perché consente l’improvvisazione – che le partiture scritte non ti lasciano fare. L’ultima Big Band prima di quella odierna era per il trentennale, dieci anni fa, e oggi la maggior parte dei componenti sono gli stessi. Ovviamente dovendo eseguire l’intero album Un sabato Italiano la scelta della big band era obbligatoria, e io ricopro il ruolo di cantante e chitarrista.
Come nasce lo spettacolo 40 un sabato italiano Show? Potrebbe darci in anteprima alcune anticipazioni?
Come dicevo sopra, faremo dal vivo tutto l’album, più alcuni altri successi immancabili tratti dai miei (finora) 19 album. E’ un’occasione unica, perché tutto l’album dal vivo lo si fa solo una volta ogni dieci anni, anche se questo tour è già richiesto per anni a venire, quindi probabilmente si evolverà in uno show a sé stante, indipendentemente da altri tipi di show che deciderò di fare via via.
Lo swing. Come le è venuta all’inizio degli anni 80 l’idea di riprendere uno stile che, in ambito canzonettistico, sembrava definitivamente tramontato?
Perché andavo quasi tutte le sere ad ascoltare jazz (pur essendo ai tempi un rockettaro) sentivo sempre gli stessi standard e non riuscivo a capire perché nessuno scrivesse più canzoni su quelle bellissime strutture ritmiche ed armoniche. Così iniziai a tentare di farlo io. Era musica così strana, e così diversa dal mio “look” che la gente inizialmente mi prendeva per una specie di punk.
Che opinione ha della canzone italiana d’oggi?
Ho passato la maggior parte della mia vita adulta all’estero, e sinceramente per me la musica italiana è ancora quella che mi ha accompagnato nei miei anni di maturazione – da Lucio Dalla, De Gregori, Venditti, la PFM etc. Quella di oggi la definirei musica “usa e getta”, senza offesa. Ma torniamo al tour del Quarantennale. Vogliamo dirle le date di partenza? Ci sarà una “data zero” a Genova al Teatro Govi l’11 aprile, poi il 12 aprile saremo a Milano, Teatro Lirico. Il 26 aprile saremo a Roma all’Auditorium Parco PdM (che verrà probabilmente replicata essendo già sold-out) ed il 28 di aprile saremo a Napoli, Teatro Acacia. Il tour proseguirà in alcune località in estate, per poi tornare in teatro, Firenze, Bologna, Torino e così via.