Al Teatro Cometa OFF, Sabrina Marchetti ha dato voce a una donna e alla sua ludopatia calandosi nei panni di chi ha conosciuto il male
Tra i tanti primati negativi che l’Italia può vantare spicca quello della ludopatia.
La dipendenza da gioco è accanto a chiunque tutti i giorni, basta prestare un attimo attenzione e si vede quante siano le sale slot e le rivendite di gratta e vinci presenti nel paese. Ma è anche uno di quei problemi che esiste solo per chi lo affronta, prendendo nel dibattito sociale meno spazio di quanto meriterebbe.
Ludopazza, andato in scena al Cometa Off dall’8 al 12 gennaio per la regia di Maurizio Marchetti, voleva portare gli spettatori nella mente di una donna vittima della dipendenza da gioco, la vita distrutta di Sandra (Sabrina Marchetti). Non ludopatica, non dipendente, proprio folle a causa di ciò che le sta consumando il portafoglio e l’animo.
All’entrata in sala Sandra attende i suoi spettatori già sul palco, seduta su uno sgabello e con un altro davanti a emulare la sua migliore amica, la slot. Muove freneticamente la mano proprio come se stesse giocando, mentre in sottofondo il rumore delle macchinette, delle loro vittorie fasulle e delle sconfitte distruttive, accompagna gli spettatori che prendono posto.
Il rumore è fastidioso per chi non vi è abituato, entra nelle orecchie e martella il cervello. Forse fa domandare come si faccia a dedicarvi giornate intere, ore e ore davanti a quello schermo e a quel ripetersi di suoni. E Sandra è lì per spiegarlo, per raccontare cosa sia la vita di chi la cantilena elettronica delle slot-machine la riconosce quale musica salvifica.
Il suo monologo è avvolto nella disperazione, quella che esce dalla gola facendosi follia. Non c’è un inizio tragico, era una donna normale, un’infermiera sposata con due figli. Poteva essere chiunque. Non povera, non emarginata, non lasciata ai bordi della società. Poteva accadere a chiunque ed accaduto a lei. Il gioco, i soldi che arrivano, i soldi che vanno. E la vita che si sgretola, prima piano e poi sempre più veloce. Lo racconta con parole sue, semplici, ansiose, rapide. Sta buttando fuori, nel buio del palco, la sua storia, come a un prete o a uno psicologo. Senza fare sconti, ma soprattutto senza farsi sconti. Non si assolve. Forse spera qualcuno lo faccia per lei, ma da sola non si assolve mai. Ad intervenire, ogni tanto, è la stessa dipendenza. Prende la parola con una voce roca, quasi demoniaca, che esce dal volto di Sandra coperto dal cappuccio per farci intendere che non sia lei a parlare ma il male della sua anima.
Sabrina Marchetti con la sua interpretazione ha saputo lasciare un segno in chi l’ha vista indossare i panni di Sandra. Ha permesso agli spettatori di toccare con mano quella disperazione, di entrare nel vivo del problema della ludopatia (o ludopazzia, prendendo spunto dal titolo) meglio di quel che avrebbero potuto fare un documento o un report. Non è “la ludopatia in Italia”, è “la ludopatia di Sandra”, con tutto il suo carico emotivo.
Al momento degli applausi, quando la storia finisce e l’attrice torna se stessa, diventa quasi difficile credere che Sandra non sia più tra noi, che quella donna così sofferente sia esistita per meno di un’ora e andata via. Di ludopatia si parla forse poco, è una problematica avvolta nel buio come sono buie le sale slot che inghiottono vite e speranze.
Ludopazza ha provato ad accendere una luce sul tema, per tutte le Sandre e i Sandri d’Italia.
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Ludopazza di Davide Marchetta – Con Sabrina Marchetti – Regia: Maurizio Marchetti – Cometa Off dall’8 al 12 gennaio 2025