Pianista, direttore e compositore, Edward Kennedy “Duke” Ellington, nacque a Washington il 29 aprile del 1929 in una famiglia piccolo borghese dove la musica era del tutto sconosciuta. All’età di sei anni, un compagno di scuola scherzosamente lo soprannominò “Duca” senza un motivo particolare; un soprannome che lo accompagnò per tutta la vita. Considerato da molti una dei musicisti più influenti nel jazz del 20° secolo se non il più influente.
Inventore di grandi orchestre, Duke Ellington rimase sempre fedele alla tradizione musicale della musica negro-americana: il blues e lo swing, alla ricerca perpetua di una perfetta estetica musicale. Meglio conosciuto come direttore d’orchestra e compositore che come pianista, il “Duca” sviluppò un fraseggio, un tocco unico e riconoscibile, uno stile pianistico inimitabile, sicuramente la più grande figura musicale che gli Stati Uniti abbiano conosciuto. Ellington fu in grado di mantenere uno stile elegante e disinvolto in ogni occasione, qualità che gli permisero di regnare sulla scena jazzistica per mezzo secolo dando vita a pezzi indimenticabili.
Grandi successi come: “Satin Doll It Mean Mean Thing”, “In a Sentimental Mood”, “Caravan”, “I Got it Bad and That Ain’t Good, “Sophisticated Lady”, “Solitude” e “Prelude to a Kiss”, da solo o con il suo alter ego Billy Strayhorn, anche lui pianista e compositore, il Duca ha composto oltre 2000 brani, di cui molti sono diventati un must per gli appassionati. La musica di Ellington si basava su una formula specifica, una sapiente miscela di suoni afroamericani e influenze più moderne perseguendo pervicacemente anche un altro obiettivo: portare uno stile nuovo nel jazz.
All’inizio degli anni ’30, quando Duke Ellington e la sua orchestra iniziarono a riscuotere successo nel famoso Cotton Club di New York, le grandi band avevano un’unica missione: far ballare la gente. Il jazz era la musica che dava vita ad Harlem di notte e le orchestre si esibivano spesso ad un ritmo incalzante per far sì che le persone si muovessero comodamente tra i suoni degli ottoni e i ritmi della batteria.
Duke Ellington divenne rapidamente il maestro del jazz orchestrale, il re della big band senza mai sacrificare il suo stile compositivo. Famosa la sua battuta: “Il mio strumento non è il piano, ma l’intera orchestra“. Anziché adattarsi ai gusti popolari del suo tempo, Ellington si è sempre ispirato al blues del passato, creando infine lo stile jungle caratterizzato da una timbrica cupa e misteriosa.
Grazie a lui il jazz divenne una musica “seria” accanto al rispettato repertorio della musica classica. Di fronte a un pubblico bianco o nero, in una prestigiosa sala da concerto o in un club, il Duca eseguiva quella che considerava buona quella musica che raccontava la sua storia, quella del popolo afroamericano.
Nessuno poteva negare la profondità e l’eleganza delle sue incisioni nemmeno i critici, per questo Ellington ottenne un grande successo commerciale come musicista jazz. Nel 1965, mentre il genere jazz orchestrale veniva gradualmente appannato dall’incalzare prepotente del “be bop” dei vari Charlie Parker e Dizzy Gillespie e dall’arrivo rivoluzionario del rock’n’roll, Duke Ellington salì in vetta alle classifiche con la leggendaria registrazione del suo concerto nel luglio 1965 al Newport Jazz Festival.
Inoltre fu il primo ad ignorare i confini tra il repertorio jazz e quello classico, componendo vari concerti e suite orchestrali. E fu anche il primo jazzista a scrivere brani che andavano oltre i 3 minuti standard imposti dalle radio e dalle major discografiche dell’epoca.
Questa è stata senza dubbio la più grande forza di Duke: indipendentemente dalle sfide o dalle mode, Ellington è rimasto sempre fedele a se stesso e ha difeso la sua musica. Quando sembrava impossibile registrare una traccia di più di 3 minuti su un disco a 78 giri registrò “Reminiscing in Tempo” nel 1935 su 4 lati! Quando successivamente l’industria discografica iniziò a soffrire a causa della crisi finanziaria degli anni ’30, passò alla radio.
Sebbene tradizionalista, Duke Ellington non fu mai avverso al cambiamento, al contrario fu sempre alla ricerca di nuove influenze latine e orientali negli anni ’30, e più esotiche negli anni ’40, segnando la storia della musica moderna grazie anche alle sue indimenticabili collaborazioni con artisti del calibro di Ella Fitzgerald, Louis Armstrong e John Coltrane, grande tra i grandi dei compositori americani.
Alla guida della sua orchestra, Duke Ellington ha girato il mondo: da Parigi a Mosca, dal Sud America alle isole dei Mari del Sud. Primo jazzista invitato alla Casa Bianca (nel 1969 da Richard Nixon) e invitato a rappresentare la musica afroamericana a Dakar nel 1966 dal presidente del Senegal Léopold Sédar Senghor, il Duca non dimenticò mai il suo pubblico, quello dei jazz club e dei festival, continuando i suoi tour fino al suo ricovero nel 1974.
Morì il 24 maggio 1974 all’età di 75 anni . Con la sua scomparsa l’America ha perso uno dei suoi primi ambasciatori afroamericani, un jazzista di fama internazionale. Il suo funerale a New York riunì circa 12000 persone davanti alla cattedrale di Saint Jean. New York, la città in cui prendeva regolarmente il famoso treno “A” (la linea A della metropolitana), dove iniziò la sua lunga carriera e il meritato successo. Di lui rimane la sua straordinaria capacità di dare un’impronta personale, con la sua tecnica e le sue invenzioni capaci di far innamorare intere generazioni al jazz.