Al Teatro Lo Spazio “Sembra Amleto” parte da Shakespeare per raccontare di un uomo qualsiasi, un monologo che arriva al cuore del dolore.
C’è del marcio in Danimarca. Ma anche da qualche parte in Lucania, dove è sepolto il padre di un altro Amleto, quello di Francesco Zaccaro.
Autore e protagonista del suo Sembra Amleto, andato in scena al Teatro Lo Spazio il 5 e 6 aprile per la regia di Ivano Picciallo, Zaccaro è partito da Shakespeare per arrivare a un uomo qualsiasi, un ragazzo che in comune con il personaggio ha il nome, Amlè, come lo chiamavano i genitori, e il dolore per la perdita del padre.
È sulla sua tomba, un cumulo di terra al centro del proscenio, che tutto si svolge, in un teatro sempre buio, cupo come l’animo di Amleto. Un monologo di circa un’ora che si svela solo verso la fine, è questo il riassunto più facile che si possa fare dello spettacolo di Zaccaro. Perché all’inizio si fatica un po’ a star dietro a questa riproposizione in breve dei passaggi salienti dell’Amleto, le morti raccontate in carrellata una dopo l’altra, tutte accompagnate da un immaginario funerale, ancora su quel proscenio di terra e dettagli (tiare, spade, specchi).
Mischiando bene Shakespeare con la sua parlata moderna questo Amleto nostrano riesce a raccontare in modo non scolastico, a dare una propria interpretazione della tragedia, ma perché lo fa? Deve solo dimostrare al padre di esserne capace, di essere cresciuto ed essersi fatto attore?
Non è chiaro, non subito. Si sente il peso dell’irrisolto. Un rapporto che la morte ha tranciato nel momento sbagliato, prima che si potessero chiare dei non detti, come troppo spesso accade tra chi si ama. Ma cosa abbia a che fare questo irrisolto con la Danimarca e il suo re ucciso rimane un mistero finché, poco prima del finale, non viene chiamata in causa la madre.
Eccolo, il vero legame tra i due Almeto, il vero punto di rottura, il momento in cui si capisce da dove arriva e dove deve andare tutta quella disperazione.Il rapporto con la madre, grande tema storico del teatro e della letteratura, arriva in questo “Sembra Amleto” e dà senso a tutto. Una madre rimasta vedova, che forse non ha complottato contro il marito ma almeno in parte contro la sua immagine, che si è fatta strada in modo prepotente nella vita del figlio. Non è la morte del padre, non è mai chi muore ma chi resta, chi accompagna nel lutto, chi costruisce la vita del dopo.
Il padre morto è la causa di vite che mutano, di futuri che non vanno come immaginati, di destini che cambiano provocando dolore ulteriore rispetto a quello della perdita. E proprio come il suo omonimo danese anche questo Amleto deve attraversare l’intera vicenda prima di guardare la tomba che cerca davvero, per poi andare incontro al suo destino, consapevole di tutta la trama della tragedia.
Il monologo di Francesco Zaccaro è forte per la sua interpretazione, per come a volte è Amlè e altre Amleto, arrivando a una meta interpretazione. Questo tiene alta l’attenzione anche quando ci si domanda dove voglia arrivare, cosa c’è alla fine di questo riassunto Shakespeariano. Neanche per un attimo l’impressione è di un “vorrei ma non posso”, di chi guarda alla storia del Teatro per provare un personaggio per cui non è ancora mai stato scritturato. Si capisce che c’è qualcosa di più, e forse ci si arriva un po’ tardi rispetto all’intera costruzione del testo. Dare più spazio alla madre, al peso che Amlè ha nel cuore, staccarlo prima dal principe di Danimarca avrebbe permesso di risolvere prima i dubbi degli spettatori, quel “perché?” che un po’ aleggia nella mente.
Ma il dolore, anche sul palco, ha bisogno del suo tempo. La matassa si sbroglia solo quando tutto è compiuto, quando Amleto e sua madre restano soli, quando Amlè ha ripercorso tutto fino a capirsi.
Come durante un percorso di terapia, disfacendo mattone dopo mattone il muro che si è costruito sulle proprie sofferenze, sino a trovarne le fondamenta.
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Sembra Amleto – Scritto da Francesco Zaccaro – Regia Ivano Picciallo – Con Francesco Zaccaro – scene Alessandra Solimene luci Joseph Geoffriau – organizzazione Sonia Polimeno – produzione IAC Centro Arti Integrate – MALMAND TEATRO – Teatro Lo Spazio 5 e 6 aprile 2025