Quando a teatro non basta Shakespeare

La fatica delle donne sul palcoscenico

Caroline Pagani, autrice, interprete, regista di questo spettacolo, Mobbing Dick, è un’artista dalla multiforme espressività. E’ una eccellente e titolata studiosa del teatro, cresciuta all’ombra del grande, indimenticato fratello Herbert, senza tuttavia restare schiacciata dalla straripante personalità di quest’ultimo, pur continuando a curarne la memoria, così come annuncia tra breve uno spettacolo musicale per i palcoscenici della Capitale, dedicato al grande artista scomparso oltre trent’anni fa.+

Caroline Pagani

Questo spettacolo è andato in scena ieri sera al Teatro Lo Spazio (e verrà replicato anche questa sera) e vuole suggerire una tesi, alla quale si allude a cominciare dal titolo: la donna che si dedica alla professione di attrice deve inevitabilmente soggiacere alle leggi non scritte del palcoscenico, che la vogliono preda assoluta del metteur en scène. Non si tratta purtroppo di una rivelazione, perché la sconsolante verità è sotto gli occhi di tutti e si presenta di quando in quando nei racconti sottovoce, nelle spacconerie del prim’attore (già perché sono sempre gli uomini a gestire il gioco…), magari con declinazioni che possono manifestarsi in maniera sempre diversa, ma siamo sempre lì. Potremmo chiamarlo, come suggerisce sagacemente il titolo della pièce, una sorta di mobbing, agito dal maschio (il Dick del nome de plume..)

La scena si presenta con un letto fastoso al centro del palcoscenico, sormontato da un baldacchino e niente più. L’attrice, sola in scena, entra recandosi dietro un portabiti con alcuni vestiti e si manifesta all’invisibile regista per un provino (di cui si avverte ogni tanto la voce, “prestata” per l’occasione da Davide Livermore). Lei è talentuosa e vuole rivelare subito il proprio talento di grande attrice, sciorinando brani di alcune delle opere del Grande Bardo: tutte quelle che hanno una donna al centro della narrazione. Così l’audizione diventa in breve un viaggio attraverso l’eros, o meglio attraverso la postura femminile rispetto all’eros, padroneggiato dai maschi. Vestirà i panni della novizia Isabella (Misura per misura) che si schermisce davanti alle volgari profferte del Duca, sarà la sensuale e spregiudicata Crèssida (Troilo e Crèssida), la fiabesca Titania con il suo spasimante Bottom dalla testa d’asino (Sogno di una notte di mezza estate), ma anche Giulietta, Cleopatra e la drammatica Lucrezia,  nella sua scelta tutta metaforica di darsi la morte per essere stata violata dai figli di Tarquinio il Superbo. Ma il regista che l’ascolta e la osserva nei suoi vorticosi cambi d’abito e di intenzioni, transitando dall’una all’altra dei personaggi, non è mai soddisfatto della resa scenica. Da lei vuole sempre qualcosa di più, generando ogni volta un generoso sforzo correttivo da parte della provinante. Ma senza che sia mai il riflesso giusto. Da lei pretende uno sconfinamento sempre più insolente e scollacciato nell’erotico, piuttosto che quella stolida galleria di personaggi buona –ritiene-  per le antologie di scuola.

E’ qui che lo spettacolo ci riporta all’interno di quella che è la riflessione scespiriana sul rapporto della donna con l’uomo e con il suo potere: è il maschio, padrone anche della macchina artistica, che dispensa riconoscimenti o castighi per le donne, cercando sempre di acquisire, attraverso l’ipocrita copertura estetica, il feticcio del proprio Eros.

Proprio come il lato B della Venere Callipigia celebrato nei secoli come il vertice della perfezione artistica, a dissimulare il godimento tutto maschile nel beneficiare della visione di quella rotondità perfetta. In una sorta di traslitterazione semantica terra terra, il regista della audizione non è interessato a scoprire il talento della infaticabile provinante, quanto piuttosto a scoprire la bella provinante!   Non siamo dalle parti di Venere in pelliccia di Polanski (tratto dal libello di Von Masoch), ma perfettamente coincidente è il tema dello straripante potere dell’uomo/regista sull’ attrice da manipolare (anche se, come si ricorderà, il ribaltamento dei ruoli in quel film configurava una sorta di grottesco risarcimento storico a beneficio della donna).

Caroline Pagani

Resta da dire della grande prova di attrice di Caroline Pagani, versatile, abile nei cambi di recitazione, brava a giocare su più registri, inclusi quelli timidamente comici.  Forse un uso più spregiudicato del piano ironico (a portata di mano, a schiantare una per una le pretese dell’invisibile regista) avrebbe restituito una maggiore godibilità dell’insieme. Ma non dobbiamo dimenticare che lo spettacolo ha collezionato svariati premi, incluso, recentemente quello alla regia (il premio Fersen).

Spettacolo vincitore del Premio dell’Unione Femminile Nazionale Italiana (2009), Premio La corte della Formica miglior attrice, premio del pubblico (2010), Napoli.

Premio Teatri Riflessi (2022), miglior spettacolo e Premio Ginestre (2022). Premio Fersen alla Regia (2023).

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Mobbing Dick – Scritto, diretto e interpretato da Caroline Pagani – Voice off Davide Livermore – Al Teatro Lo Spazio il 9 e 10 ottobre

Foto di ©Grazia Menna