A Ferrara le donne rappresentate da Mucha e Boldini
Il mondo vive ed è fatto di bellezza, la difficoltà sta nel saper osservare e cogliere le sue sfumature, gli angoli dove si nasconde. Non basta sapere che ci sia, la sfida è accorgersi, vedere oltre. Gli artisti, più di tutti, sono dotati di una capacità in più: far propria la bellezza e creare qualcosa di nuovo, di straordinario da essa. L’opera d’arte, il capolavoro. Gli occhi di Alphonse Mucha e Giovanni Boldini seppero soffersi su un soggetto unico, trasformandolo, di volta in volta, nella tela: l’universo femminile, la donna; ognuno con esiti e stili personali.

Alphonse Mucha, Les Amants, 1895, Litografia a colori, 106,5 x 137 cm, ©Mucha Trust 2025
La bellezza femminile è il tema comune scelto per l’esposizione dedicata a Mucha e a Boldini, aperta a Palazzo dei Diamanti di Ferrara fino al 20 luglio 2025, caratterizzata da una selezione accurata e ricca per il primo (circa 150 opere), più mirata e dettagliata per il secondo (una quarantina di lavori), con lo scopo di illustrare gli esiti delle loro ricerche e il loro modo di intendere e interpretare la figura femminile e il contesto storico di appartenenza.
Mucha (1860-1939), di origini ceche, è l’artista tra i più rappresentativi dell’Art Nouveau, a cui sono dedicate ben otto sezioni espositive. Manifesti, pubblicità, opere, disegni, illustrazioni: le donne di quest’artista sono realizzate per colpire, attirare lo sguardo e l’attenzione, caratterizzate da potenza espressiva e pose suggestive. Basti pensare alle figure femminili che riproducono le quattro stagioni, semplici eppure evocative del momento rappresentato. Ma anche le vere e proprie “Donne, icone e muse” come lo fu l’attrice Sarah Bernhardt, consacrata da Mucha nei manifesti Gismonda, La Dame aux Camélias e Medea o rappresentata nella locandina per l’opera teatrale La Princesse Lointaine. Fu la stessa Bernhardt a contribuire alla diffusione dell’opera di Mucha e ad accelerare la sua carriera di artista.
Elementi floreali e geometrici, tagli prospettici per dare risalto ai dettagli, verticalità, linee e tematiche semplici, colori delicati e ben accostati per “piacere” all’occhio e attirare: nei lavori di quest’artista si inseriscono pubblicità, collezioni, grafiche realizzate per prodotti e beni commerciali (ne sono un esempio le etichette e i poster per i marchi Moët & Chandon e Nestlè). I lavori racchiudono una sorta di sintesi tra le stampe giapponesi, i manifesti tipicamente pubblicitari e le atmosfere della Belle Époque francese. La sua arte è decoro ed evidenzia il prestigio, il gusto, la distinzione grazie a stilizzazioni e a semplificazioni delle figure femminili, scritte uniformi che accompagnano i soggetti, le decorazioni sugli sfondi.
Ma la bellezza non è solo gusto e raffinatezza, è anche spiritualità, mistero. Iscrittosi alla massoneria e spinto da una serie di interessi per il misticismo, Mucha lavora anche su opere di carattere più filosofico e personale. L’opera Le Pater, questa sorta di corpo femminile avvolto da lunghi capelli e da linee delicate, rappresenta l’esito più alto della sua ricerca: la preghiera viene riletta come riflessione universale, dedicata al genere umano. La spiritualità abbraccia gli elementi del mondo, una presenza costante che deve unire le generazioni: spunti che si ritrovano nelle sue opere successive.
Il cammino espositivo, infatti, ripercorre le tappe salienti della carriera di Mucha: la sua partecipazione all’Esposizione Universale del 1900 a Parigi lo vede impegnato in un “duplice fronte”, al padiglione della Bosnia Erzegovina da una parte, come moderno creator di monili e decorazioni dall’altra. Mucha, nel corso della vita, sperimenta e viaggia per approfondire la sua arte, che non è soltanto mero apparire, decorativismo alla mercè del commercio. Egli porta la sua Art Nouveau in America senza però dimenticare le origini e le ispirazioni personali, fortemente spirituali. Qui si realizza la sintesi della sua arte: impegno sociale e identità confluiscono nelle sue opere e nel loro messaggio intrinseco.
L’Epopea Slava, composta da una serie di grandi tele, è il lavoro in cui Mucha fa convergere se stesso, la sua identità, la sua appartenenza, il suo amore per la tradizione e la volontà di far riflettere chi guarda. La rappresentazione dell’epopea del suo popolo (opera scampata al Nazismo e rimasta nascosta fino al 1960), raccontata a partire dal III al XX secolo, è il mezzo per poter comunicare la necessità di essere e di sentirsi parte di una nazione e di un destino comuni, di lottare per la libertà e il miglioramento di tutti.
Lo “stile Mucha” è, di fatto, una rivoluzione di intenti e il lancio di messaggi spirituali comuni; la bellezza è la figura femminile realizzata, non solo per attrarre a scopo comunicativo, ma anche per stupire, unire elementi naturali, tradizionali al colore, alla semplicità. Un’estetica che ispira e vuole creare il “bello” da ciò che è già bellezza.
Un intento simile, per certi versi, a quello proposto dall’altro artista in mostra a Palazzo dei Diamanti, Giovanni Boldini (1842-1931). Le “sue” donne sono bellissime, moderne, statiche o in movimento, caratterizzate da quella pennellata fugace che non tralascia, però, di restituire la preziosità di un abito, di un gioiello, di un particolare. Sono circa quaranta le opere in mostra, tra dipinti, ritratti, disegni: figure con uno status, un ruolo preciso, consapevoli, al centro di storie complesse, sue amanti in almeno un caso. Nei lavori di Boldini si percepisce, visivamente, il trionfo di una femminilità elegante, borghese, la Belle Époque nel suo momento pieno e vissuto.
C’è la famosa e conosciuta Signora in rosa alias Olivia Concha de Fontecilla, la raffinatezza e l’eleganza dell’abito restituite grazie al colore brillante e alla posa naturale. Ma anche Madame X, quasi abbozzata, la principessa Eulalia di Spagna vestita di un abito ricco e finemente decorato e la sfarzosa donna in Fuoco d’artificio.
Non mancano le rappresentazioni di corpi nudi (il sinuoso Nudino scattante) o di soggetti più privati. L’esposizione si concentra sulle diverse donne che lo hanno accompagnato, proponendo alcuni lavori meno conosciuti, come una serie di incisioni, che raccontano alcuni spaccati della sua vita e delle personalità che lo hanno circondato. Di grande impatto anche il suo Autoritratto a sessantanove anni: un Boldini serio, maturo, con i baffi alla Poirot, che guarda lo spettatore.

Giovanni Boldini, Madame X, la cognata di Helleu, c. 1890-95 Pastello su carta applicata a cartoncino, 73 x 93 cm, Ferrara, Museo Giovanni Boldini, ©Ferrara, Gallerie d’Arte Moderna e Contemporanea, foto Luca Gavagna –le immagini
In Mucha la bellezza femminile è un tramite di connessione, armonia, ispirazione. La sua modalità di rappresentazione ha poi stimolato le generazioni successive, in ambito soprattutto pubblicitario e grafico. In Boldini la donna viene narrata e celebrata, nella sua condizione e nel suo status. La celebrazione del bello e della Belle Époque. In entrambi, la donna diventa simbolo e icona, ispirazione, ricerca di libertà, grazie ad un’interpretazione e ad uno stile tutto personale.
Alphonse Mucha – Palazzo dei Diamanti (Ferrara) – 22 marzo / 20 luglio 2025
L’esposizione, con il patrocinio della Regione Emilia-Romagna, è organizzata da Fondazione Ferrara Arte, Servizio Musei d’Arte del Comune di Ferrara e Arthemisia, in collaborazione con la Mucha Foundation ed è curata da Tomoko Sato, con il coordinamento scientifico di Francesca Villanti. La mostra vede come technical support Mucha Museum e Prague City Tourism e come mobility partner Frecciarossa Treno Ufficiale. Il catalogo è edito da Moebius.
Giovanni Boldini – Palazzo dei Diamanti (Ferrara) – 22 marzo / 20 luglio 2025
La mostra, curata da Pietro Di Natale, è organizzata da Fondazione Ferrara Arte e Servizio Musei d’Arte del Comune di Ferrara. Il catalogo è edito da Fondazione Ferrara Arte editore.
Immagine in evidenza/di copertina: Alphonse Mucha, Rêverie, 1897, Litografia a colori, 72,7 x 55,2 cm ©Mucha Trust 2025