Mefistofele su sfondo bianco, Simon Stone è un grande sì

Giostrine coi cavalli, piscine di palline e un vecchio Faust in una residenza per anziani. Eppure funziona tutto.

Non c’è da nasconderlo, davanti alla vasca di palline con cui l’Opera di Roma ha sponsorizzato il Mefistofele su Instagram la paura c’era, ed era motivata. Cosa poteva aver mai a che fare un gioco infantile con il patto tra il Diavolo e Faust? Eppure Simon Stone, registra non nuovo alle trasposizioni moderne, sapeva quel che faceva. Il suo Mefistofele, dall’opera di Arrigo Boito, – in scena dal 27 Novembre al 5 Dicembre – ha aperto la stagione romana senza far rimpiangere gli adattamenti più tradizionali. Accanto a lui l’orchestra del Teatro dell’Opera di Roma, diretta dal Maestro Michele Mariotti a cui sono andati minuti di meritatissimi applausi all’inizio di ogni atto.


Forse più di tante altre opere il Mefistofele si presta a viaggiare nel tempo, a riscoprire secolo dopo secolo uomini pronti a vendere la propria anima in nome dei piaceri terreni. Questo aiuta a diradare i preconcetti che ci portiamo dietro mentre il sipario si apre sul bianco, acceso e a tratti violento per la vista, del Paradiso. Qui incontriamo subito il coro, con annesse voci bianche, angeli in pantaloncini e scarpe da ginnastica, perché se si decide per un adattamento moderno che questo sia totale. E poi c’è lui, Mefistofele. John Relyea traccia una linea di confine netta tra l’interpretazione del protagonista e l’essenza del protagonista. Ci si parasse davanti presentandosi come Mefistofele – o qualsiasi altro nome comunemente assunto dal Diavolo – gli crederemmo. Non ci sono corna, il rosso del suo completo è più scuro delle fiamme infernali a cui potremmo pensare, ma la presenza scenica e la voce sono sufficienti. Più che un Diavolo da Bibbia ricorda quelle reinterpretazioni moderne, da serie Tv, in stile Lucifer o The Good Omens; il tempo passa anche sotto la terra ed è richiesto al signore degli inferi di adeguarsi agli uomini del XXI Secolo.

Dall’altra parte, nei panni di Faust, Joshua Guerrero salta tra terza età e gioventù senza grandi difficoltà. Un Faust medico, che riceve Mefistofele in uno studio bianco pieno di radiografie di animali dopo averlo visto quale Clown alla festa di paese.

Qui sorge forse il più grande punto interrogativo dell’intera messa in scena, il ruolo del pagliaccio al posto del tradizionale monaco. Inserito solo nel contesto della festa si comprende che sia adatto al clima che ha intorno. Lo zucchero filato, la giostrina coi cavalli (doverosi i complimenti per il lavoro fatto per render tutto bianco, senza lasciar nulla al caso). Eppure questa figura mai troppo amata, il pagliaccio che dovrebbe far ridere e invece spesso spaventa, poteva essere una caratterizzazione in più di questo moderno Mefistofele anche oltre la scena dove fa il primo incontro con Faust.

E la famosa piscina di palline? Il mix tra gioco infantile e passione adulta ci apre al secondo atto, e alla fine risulta una scelta vincente. Non è fondamentale, tante altre opzioni sarebbero state valide per rimodernare la scena di Faust e Margherita (una splendida Maria Agresta, sia qui che nei panni di Elena) e di Mefistofele con Marta (Sofia Koberidze), che è in tutto e per tutto un ragazza di oggi in un momento di festa, portandoci quasi lontano dal mondo della lirica. Gioe moderne, con Faust immortalato dalla fotocamera di uno smartphone e fiumi di champagne.
Più classico Mefistofele e il suo coro, perfetto, anche se immerso sempre in quel bianco che, qui più che altrove, ci lascia straniti. Tutto questo candore per figure infernali? Usciamo totalmente dalla tradizione, dai testi Sacri e leggende profane, dal colore degli inferi per eccellenza che torna solo nel sangue del maiale che Mefistofele uccide e col quale segna i suoi.
Il coro è statico, dando spazio ai due protagonisti, padroni della scena in cui tutto inizia a compiersi.

Spazio a Margherita all’inizio del terzo atto, sola in scena mentre i restanti protagonisti li vediamo oltre un vetro, luci e ombre, a mostrarci cos’è successo. Il suo dolore si fa follia, e il male si sente vivo.
Mentre qualche domanda torniamo a farcela quando Elena e Pantalis (sempre Sofia Koberidze) si trovano a scontrarsi con l’esercito Italiano. Siamo in una scena da mondo classico, dove il bianco, forse per la prima volta in tutta la rappresentazione, non va contro l’idea che potremmo avere in mente. L’entrata sul palco dei militari Italiani in divisa da guerra lascia un attimo sorpresi. L’effetto scenico c’è, le mimetiche spiccano sullo sfondo, ma non è facilissimo comprendere il perché della scelta registica. E a differenza del Clown, che forse avremmo voluto vedere di più e capire meglio, i soldati restano un punto interrogativo al quale è difficile trovare risposte.

Geniale, invece, questo sì, la costruzione dell’epilogo.
Il reparto geriatrico, l’anzianità che non si limita al Faust ma si inserisce in un contesto più ampio. C’è un velo di tristezza di fondo, quello tipico delle case di cura per anziani, che ci riporta però a un contemporaneo vero. Oggi non sarebbe difficile ritrovarlo lì, il dottor Faust, troppo in là con l’età per stare nel suo studio, negli ultimi attimi della sua vita, pronto al confronto con Mefistofele.

John Relyea (Mefistofele)

Simon Stone porta a casa un’opera riuscita, una trasposizione che ha senso e sa valorizzare l’originale, senza scadere in esagerazioni e stravolgimenti. Uno di quegli esperimenti funzionanti che portano ad essere possibilisti anche i più fervidi amanti degli allestimenti tradizionali.
Un ottimo inizio di stagione per il Teatro dell’Opera di Roma.
E speriamo, per il futuro, di rivedere Stone metter mano alle opere classiche col suo tocco da maestro.

Mefistofele di Arrigo Boito – Regia Simon Stone – Direttore Michele Mariotti – Maestro del Coro Ciro Visco – Scene e costumi Mel Page – Luci James Farncombe – chestra e Coro del Teatro dell’Opera di Roma con la partecipazione del Coro di Voci Bianche del Teatro dell’Opera di Roma –  Nuovo allestimento Teatro dell’Opera di Roma, in coproduzione con Teatro Real di Madrid – Teatro dell’Opera di Roma dal 27 novembre al 5 dicembre

Personaggi e interpreti:

Mefistofele John Relyea  – Faust Joshua Guerrero  – Margherita / Elena Maria Agresta – Marta / Pantalis Sofia Koberidze – Wagner Marco Miglietta – Nereo Yoosang Yoon  

Foto di copertina: Maria Gresta (Elena)