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Maria di Nazareth, madre dell’uomo prima che di Dio

Al Teatro Off/Off la parola da ascoltare è quella di Maria, donna e madre di figlio d’uomo.

Nella sua sacralità e nel suo mistero la vita di Cristo comincia prima della natalità, comincia con un corpo di donna – come la vita di tutti gli uomini – e un cuore di madre. È questo che racconta In nome della madre, andato in scena dal 19 al 21 dicembre al Teatro Off/Off, con testo a partire dall’omonimo romanzo di Erri de Luca per la regia di Pierpaolo Sepe e Riccardo Festa.

A portare sul palco Maria, Maria vergine, Maria Madre, è stata Margherita Remotti
Sola, come sola era quella ragazza che non conosceva uomo a cui apparse l’Angelo e che scoprì così di attendere uno dei misteri più grandi della storia dell’uomo.

Quando tutto ha inizio è il nero il colore che predomina. Le braccia e il volto sono coperti, non si vedono, indossa un lungo abito dorato e ricorda l’iconografia delle Madonne nere, come quella di Loreto. Dietro di lei un Crocifisso rosa illuminato a led. Una Maria moderna, quasi pop, che si muove su musica tutt’altro che sacra e sembra portarci lontano dalla Palestina dell’anno zero, in una dimensione extra-umana ma non sacra, quasi un limbo tra passato e presente. 

Poi, piano piano, le parole di Maria ci riportano dove dovremmo essere, dove immaginiamo che tutto sia avvenuto. Non c’è scenografia, niente palme, casette, sabbia, pozzi. C’è solo Maria, con la sua storia, la sua gravidanza. 

Le voci di un paese che sparla, la scelta di un uomo – Giuseppe – che decide di credere, di fidarsi della sua sposa e dell’Angelo. Tutto passa per la sua voce, per un testo semplice, fatto di riferimenti alla legge ebraica e all’occupazione romana, del quotidiano di una donna come tante, figlia del suo popolo, che si ritrova ad essere testimone diretta di qualcosa che neanche lei sa spiegarsi. 

La Maria di Margherita Remotti non sembra essere consapevole del suo ruolo storico e religioso, vive la sua attesa come una madre qualsiasi. Parla col piccolo che porta in grembo, gli racconta del mondo e della vita che lo aspetta. C’è un compito che l’attende, è stata scelta, ma si sente solo una madre che aspetta. 

Si sveste piano piano, aiutata da due donne che sono le uniche altre figure che passano per la scena. Rimane sola col suo pancione, ci racconta dei calci del piccolo, della fatica del viaggio da Nazareth a Betlemme. Cammina in mezzo al pubblico, si muove tra la gente proprio come Maria in quella Nazareth che la considerava impura. 

L’unica interlocuzione è con la musica, chiede lei che sia messa o fermata, e da lontano arrivano voci che la chiamano, anche in ebraico. Forse anche la musica ha un che di Divino, di dialogo con quel Signore che l’ha scelta e di cui si è fatta serva. 

Cammina così, su quel palco che è Galilea e Giudea, su cui non c’è nulla ma c’è tutta la storia del mondo. Che ci sia un Dio o meno, che Cristo fosse Signore fatto uomo o no, quel bambino nato da Maria ha cambiato le sorti del mondo. Persino a poco passi dal teatro c’è una Chiesa che ci ricorda cos’è stata quella gravidanza, la porta di una novità a cui tutti siamo legati, Fede o non Fede. 

E di questo Maria non sa nulla. 

Non lo sa, ma lo intuisce in uno straziante finale, doloroso anche per chi assiste, che è quanto di più umano e materno ci possa essere: quale madre sognerebbe di vedere un figlio soffrire? Anche se dopo c’è la più grande delle opere, anche se ci si fida ciecamente di quel che deve accadere. La Fede prova a giustificare, ma il dolore che esce dalle parole di Maria è quello di tutte le madri che hanno avuto paura di perdere un figlio amatissimo. 

In nome della madre ha al centro proprio lei, Maria come madre. Non Mamma Celeste, Vergine madre putativa di tutti i Cristiani, ma Maria madre di Gesù, donna che ha partorito un bimbo, che l’ha tenuto al seno, che lo ha visto nei suoi primi anni. 
Sono i momenti di cui c’è meno traccia nei Vangeli, quelli che vengono prima dei miracoli e della predicazione.

Gesù, figlio dell’uomo ma soprattutto della donna.  Una madre come tante, come tutte. 

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In nome della Madre di Erri De Luca – regia Pierpaolo Sepe e Riccardo Festa – con: Margherita Remotti  scenografia: Francesco Ghisu – costumi: Rossella Oppedisano – light design: Paolo Meglio  sound design: Simone Colaiacomo – assistente scenografia: Beatrice Sabatino – Off Off Theatre dal 19 al 21 dicembre 2025




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