Madri, figlie, violenza e futuro in “Io ed Emma”

Al Teatrosophia la storia di Irene ed Emma ci racconta la violenza sulle donne da un altro punto di vista

C’è un tema, quando si parla di crescita e famiglia, che si fatica sempre ad affrontare, perché ci passiamo tutti e tutti in qualche modo ne soffriamo. Si tratta del momento in cui i figli si fanno adulti e il rapporto coi genitori cambia, diventa quasi tra pari. Crollano i muri dell’infanzia, dell’innocenza e con loro il mito del genitore supereroe. Succede e crea dolore anche quando i rapporti sono sani e forti, ma peggio è se sotto c’è una storia familiare difficile, dolorosa.
Questo è il rapporto tra Irene (Martina Grandin ) e sua madre (Loredana Piedimonte) in Io ed Emma, in scena al Teatrosophia dal 14 al 17 dicembre per la regia di Valentina Cognatti.

Una figlia scappata di casa appena possibile che chiede alla madre di raggiungerla nella sua nuova vita, alla ricerca di un contatto, un sostegno in una fase particolare. Potrebbe essere l’occasione di un riavvicinamento ma è tutt’altro, è il momento dello scontro più duro. In un certo senso ci viene presentata l’altra faccia della violenza sulle donne; se tanti spettacoli ci parlano di schiaffi e urla che diventano morte, la Cognatti porta in scena quello che succede quando non si arriva al femminicidio ma si porta avanti una relazione dolorosa e malata, accettando il sopruso per paura. Emma ha vissuto così tutta la vita, ha cresciuto sua figlia mentre il suo matrimonio si trasformava in un inferno di violenza e botte. Irene ed Emma sono sopravvissute, ognuna a suo modo, e cercare di ricucire lo strappo del dolore è impossibile. 

Sul palco del Teatrosophia, Valentina Cognatti fa dei giochi di regia che sono magici. In prima battuta l’inserimento dei flashback, la scena si ferma ed entra sul palco una Irene bambina o adolescente a seconda dei momenti (Nicole Caleffi e Viola Sura) per dar vita a un vero e proprio show, don’t tell: non sono i racconti della sua infanzia e giovinezza, è lei che abbraccia la mamma, che gioca e si arrabbia, che vive nel clima difficile della sua famiglia e prova a farsi donna. A questo si aggiungono le scene lampo, momenti in cui le luci si spengono un attimo e le protagoniste cambiano posizione, espressione, in un crescendo di dolore. Sono come delle fotografie che ci raccontano l’animo di Irene ed Emma, quella parte che non potremmo cogliere solo dalle loro parole arrabbiate, dalle urla nel piccolo salotto dove provano a mangiare e passare del tempo insieme.

Il silenzio, i cambi di luce, questi fermo immagine ci portano a un nuovo livello di empatia con le protagoniste, e non si riesce a prendere le parti dell’una o dell’altra. Né si dovrebbe, perché siamo all’esterno, loro si aprono e noi accogliamo senza commento quel che ci raccontano, mentre ogni bambino divenuto adulto medita con sé cosa sia il rapporto familiare quando si è grandi. La storia di Irene ed Emma è destinata a concludersi nel modo che non vorremmo, monito di a cosa la violenza conduca quando non vi è possibilità di chiedere aiuto. Resta la speranza nel futuro che è rappresentata da Irene, pronta da figlia a farsi madre. In un paese che si avvicina alla fine di un anno che ha contato oltre cento femminicidi,  Io ed Emma si inserisce nelle tante narrazioni del tema, che provano a parlare attraverso l’emotività del teatro e non la freddezza della cronaca.

Io ed Emma – Regia Di Valentina Cognatti – Con Loredana Piedimonte, Martina Grandin, Viola Sura E Nicole Caleffi – Scenografia Michelangelo Raponi – Audio/Luci Andrea Canestri – Organizzazione Alice Staccioli – Produzione: Margot Theatre – Teatrosophia dal 14 al 17 dicembre 2024

Foto di copertina: Loredana Piedimonte