“Le nostre figlie si amano”, il dolore di due sorella apre al Teatrosophia

Esempio di teatro contemporaneo rigoroso, ma allo stesso tempo umanissimo.

Il Teatrosophia dà il via alla stagione 2023/2024 portando in scena dal 6 all’8 ottobre “Le nostre figlie si amano”, per la regia di Giorgia FilantiSerena Borelli apre il nuovo anno teatrale con lo spettacolo tratto dal testo di Antonio Mocciola, con un lavoro egregio che la vede capace di sdoppiarsi per interpretare Pia e Giordana. Due sorelle cresciute insieme in un contesto povero, dove la vita era tutta lì e non c’era spazio per i sogni, le speranze e la diversità. Giordana è andata via, si è sposata e ha aperto una libreria in città. Poi il matrimonio è fallito ed è subentrato un vortice di dipendenza da alcol e fumo, mentre il mondo ignorava il suo esercizio commerciale spingendola sull’orlo del fallimento. 


In questo delicato momento nella sua vita torna Pia, che la prende con sé e la riporta a casa, nel paesino dove sono nate. Qui lei lavora come sarta, sistema i vestiti di chi dalla povertà è spinto a salvare ogni centimetro di stoffa, e intanto sostiene di prendersi cura della sorella. Ma il rapporto deteriorato dagli anni, dai segreti e dai dolori diventa una relazione di vittima e carnefice capace di mutare ogni attimo. A volte è Giordana coi suoi fallimenti – tra cui un mai concluso romanzo – a diventare rigida e autoritaria, in altri momenti è il temperamento remissivo di Pia a trasformarsi in violenza.

Serena Borelli le interpreta entrambe. Prima entra in Giordana, spogliandosi pian piano dei vestiti che tengono imprigionata una donna che soffre il caldo almeno quanto la paura, poi basta aggiungere un cappello e una gamba malata per cambiare personaggio. Ma se il mutamento fisico è facile e spontaneo ciò che sorprende è il cambiamento d’umore. Serena Borelli è magistrale nella sua capacità di entrare dentro il carattere rigido di Pia per poi passare al penetrante dolore di Giordana. Riesce a urlare e disperarsi, a farci vivere direttamente il dramma di un’esistenza in frantumi, e poi calzare il cappello della sorella per tornare rigida e composta.
Siamo oltre la normale caratterizzazione richiesta all’attore, qui il lavoro è doppio e profondo.  Non è solo recitazione, l’intero corpo della protagonista si adegua ai due personaggi, si agita e si calma, entra in crisi con Giordana e si riadatta subito dopo alla posata Pia. 

Nel mezzo di questi mutamenti, dei cambiamenti richiesti da una storia che continua e in ogni attimo si fa più delicata, sono introdotti dei momenti di danza. Forse è questo che permette a Serena Borelli di liberarsi, di uscire e rientrare nelle due anime che sta portando in scena. 
Questo grazie anche il lavoro di Diego Pirillo e Luigi Parravicini, rispettivamente Light designer e Sound designer, perché come ha detto la stessa Borelli “Il teatro si fa insieme”.


La storia di Pia e Giordana non è una storia di riappacificazione, di unità e ritrovata pace. Il dolore delle vite bloccate non riesce a sfociare nell’amore che le due sorelle provavano l’una per l’altra da bambina. 
Mentre Giordana combatte il dramma delle sue dipendenze, del vuoto che prova la sua anima, svela il male che Pia porta dentro, figlio di una cultura in cui la libertà di identità sessuale non esiste. Se i problemi di una sono sotto gli occhi di tutti, gli occhi del paesino che giudica e da cui vorrebbe fuggire, l’altra deve star ben attenta a nascondere se stessa al mondo. 

“Le nostre figlie si amano” è un crescendo di peso sul cuore, quello che arriva anche agli spettatori, all’inizio forse illusi di potersi trovare davanti a una famiglia che torna salda. 
Non c’è invece lieto fine per Giordana e Pia, per la violenza che da psicologica si fa verbale e in fine fisica. Non c’è pace, non c’è riequilibrio. Quasi tutto lo spettacolo si svolge nella casa di famiglia, un palco spoglio animato solo dall’espressione fisica della protagonista. Ma l’impressione che resta, alla fine, è che ci sia fuori tutto un mondo che, chissà, fosse stato diverso avrebbe reso diverse anche le esistenze di Giordana e Pia. Un mondo che non le ha mai viste ma le ha sempre forgiate.
Nel bene e nel drammatico male in cui sono vissute.


 Da un racconto di Antonio MucciolaGiorgia Filanti (regiaDiego Pirillo (Light Designer), Luigi Parravicini (Sound Designer), Cristina Attanasio (Make up), Margherita Dongu (Aiuto regia), Marco Lausi (Fotografia e grafica).