Le foto e le storie

La stagione del Teatrosophia inizia con “Storygram”, racconti di foto che han fatto la Storia

Ci sono fotografie che hanno fatto la storia. Immagini che tutti abbiamo visto almeno una volta nella vita, immagini che si dipingono nella nostra mente se pensiamo a un determinato evento storico. L’uomo sulla luna, l’Undici Settembre, la cancellata di Auschwitz. Basta dire una data, un nome, un luogo della storia contemporanea e davanti agli occhi abbiamo una fotografia.  Parte da questo concetto l’idea di Storygram lo spettacolo del Collettivo Socrates in scena al Teatrosophia in questo primo weekend di ottobre, inizio di stagione.

Giulia Bornacin e Simone Martino

Giulia Bornacin Simone Martino hanno guidato il pubblico lungo le storie, vere o forse no, che si celano dietro alcune foto famosissime, quelle di un tempo, di quando la fotografia era di pochi, era lentezza, occasione unica perché gli scatti sono limitati. E non per contrarietà alla fotografia degli smartphone ma per riscoperta, dare alle immagini un altro valore. Non il tempo di uno scatto ma il tempo che lo scatto congela.

Tutto quello che sta intorno al fermo immagine, quel che non si vede, quel che c’era prima e c’è stato dopo il frame immortale.  L’esempio più classico? La foto del bacio a Times Square, New York, alla fine della Seconda Guerra Mondiale. Un marinaio e un’infermiera innamorati che si riabbracciano a guerra finita, destinati a non salutarsi più e a vivere quel “per sempre felici e contenti” che sembravano non poter avere. O forse no? Forse non è tutto chiaro, bello e felice come appare, come ce lo raccontano, come il nostro cervello cerca di ricostruire per dar vita a quell’idea di fiaba che ci accompagna dall’infanzia. 

Lo scopo di Storygram è questo, andare oltre la foto, arrivare alla storia, ai detti e ai non detti.  Una sorta di ricerca della verità che però non ha a che fare con il concetto di indagine scientifica, non si basa su un metodo collaudato, non è uno sciorinare punto per punto le cose davvero accadute come durante una conferenza. 

Siamo in teatro e il linguaggio è quello proprio dell’arte, della recitazione, della musica e del canto, con la voce di Giulia Bornacin che è meraviglia in tre lingue diverse. Accanto a lei Simone Martino con la musica, un duo che tiene gli occhi degli spettatori fissi sul palco. E in mezzo certo, la recitazione, il racconto con le parole e col corpo, coi gesti e l’abbigliamento.

Non uno spiegone, un “siediti che ti racconto quelle foto” ma un percorso, un viaggio di cui ci si sente protagonisti, soprattutto se le immagini le conosciamo in parte, le ricordiamo eppure ci manca il resto, quello che la foto taglia fuori.  Sono diverse le foto proposte in scena, alcune più conosciute di altre, ma ognuna permette di immaginare, discutere, percorrere una strada che nell’immagine ha il suo punto di partenza e non la sua fine. Foto storiche ma non necessariamente connesse a eventi storici.

Ci sono le fate, e bisogna conoscere il contesto per conoscere le fate, e c’è il controllo ferreo sulla lunghezza dei costumi femminili. Sono attimi dell’esistenza umana, momenti immortalati perché non torneranno o perché invece sono quotidianità. Tutto ha inizio con una fotografia di Luigi Ghirri, l’ingresso di una casa colonica immersa nella nebbia a Formigine, Modena.

Pochi gli elementi visibili, la maggior parte delle cose a cui potete pensare in questa foto non c’è, non c’è praticamente nulla. È la poetica fotografia di Ghirri, il valore della cancellazione, di quel che non c’è. Come per tutto lo spettacolo si ricerca ciò che nelle foto manca, il contesto, il prima e il dopo, la storia vera oltre la finzione.

In un certo senso questo vale per tutta l’arte. Un film, un libro, uno spettacolo teatrale. Tutto racconta un momento, una parte della storia. Se le vicende vivessero altrove, in un universo parallelo, continuerebbero anche dopo quello che conosciamo.

Giulia Bornacin

E vale per il Collettivo Socrates, che dopo questo weekend al Teatrosophia continuerà a raccontare altre fotografie, ad entrare in altri fermi immagine per provare ad andare oltre ciò che è stato consegnato alla storia. 
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Storygram – Testi: Collettivo Socrates – Ideazione Scenica: Alberto Bellandi, Giulia Bornacin, Emanuele Di Giacomo – Voci e Percussioni: Giulia Bornacin – Voci e Strumenti: Simone Martino – Teatrosophia dal 3 al 6 ottobre

Foto di ©Grazia Menna

Teatro Roma
Francesca Romana Moretti

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