L’arte della semplicità può essere molto teatrale: a volte è sufficiente una voce protagonista e un suono che la riveste di un’atmosfera, anche impalpabile, per evocare una suggestione. Due donne, Sista Bramini e Camilla Dell’Agnola, ci raccontano i Miti d’acqua tratti dalle «Metamorfosi» di Ovidio. Sono narrazioni che fanno parte di quella storia precedente alla storia, quando il mondo conosciuto era abitato dagli dèi, dalle ninfe e dalle naiadi. Le loro vicende s’intrecciano, proprio come quelle degli umani, ma i loro destini sono guidati da una mano invisibile che può essere tanto quella di un dio supremo (Giove), quanto l’altra di un poeta scrittore che ne ha tramandato le gesta fino ai nostri giorni.
La Bramini, seguendo un percorso letterario tra fiumi e fonti immaginari (o forse no), ha selezionato, dal libro di Ovidio, i miti acquatici di Aretusa, di Ermafrodito e di Atteone. Storie di amori e di scandali, che hanno accompagnato l’umanità per oltre un millennio quando la primordiale forma di teatro era ancora l’unica occasione di svago popolare. Se Eschilo ebbe l’intuizione nel 500 a.C. di portare in scena un secondo attore affinché fosse possibile raccontare una storia tramite un dialogo, stasera è sembrato di assistere a una rappresentazione precedente a quella data.
Grazie alla affascinante cornice del Teatro Basilica e alla viola di Camilla Dell’Agnola, l’atmosfera per il racconto dei tre miti ha riportato il pubblico in un periodo lontano almeno tre millenni. Lo spettacolo, infatti, è stato introdotto da un accompagnamento musicale apparentemente molto semplice, ma corredato di un canto evocativo eseguito in una lingua a noi incomprensibile, tipica di quelle etnie lontane da ogni luogo e da ogni tempo: poeticamente diremmo, senza sbagliarci troppo, voci di pastori erranti dell’Asia.
E mentre la musica e i suoni ricreano l’atmosfera dell’antichità, la parola di Ovidio, sotto forma di favola, ci introduce nella selva illuminata, anzi resa più brillante grazie ai riflessi delle limpide acque di Ortigia, della fonte Salmacide e del lago di Diana. Luoghi misteriosi capaci di suggerire all’esperienza degli antichi la condizione del genius loci, un’entità naturale che si faceva ascoltare dalla sapienza degli uomini, i quali così riuscivano a comprendere il posto che stavano esplorando per ricavarne il meglio col minimo sforzo e con la massima sicurezza. Luoghi che nascondevano fiumi, sorgenti e laghi che erano fonte di vita e d’ispirazione: poeticamente diremmo, senza sbagliarci troppo neanche adesso, «chiare e fresche dolci acque».
____________________
Miti d’acqua dalle «Metamorfosi» di Ovidio; di e con Sista Bramini, accompagnata dalla musica di Camilla Dell’Agnola eseguita alla viola. Teatro Basilica, fino al 19 febbraio