La spogliarellista che si racconta con “Fucked” al Teatro Belli

Fucked, nuova rappresentazione inglese trasposta al Teatro Belli nella rassegna “Trend”, non ha niente a che vedere col Natale ma ci regala una riflessione di cui far tesoro, quella sui pregiudizi e le parole.
Il testo originale è di Penny Skinner, proposto per la prima volta nel 2008 che rimane l’anno in cui la storia comincia anche in questa traduzione riadattata, tramite il cambio di nomi e accenti, al nostro paese.

Parte col termine puttana il flashback che ci conduce a ritroso nella vita della spogliarellista F., interpretata da Chiarastella Sorrentino.
Non è una giustificazione quella che ci racconta, è solo la storia che l’ha portata dove la troviamo, nella sua stanza a rileggere un racconto scritto a dodici anni.
Particolare è la struttura del viaggio nel tempo in cui ci trasporta F.; non dall’inizio ma verso l’inizio, procediamo al contrario da un Capodanno passato con uno sconosciuto ai primi interessi romantici e sessuali di un’adolescente che voleva essere al passo con le altre.
I toni e i modi del raccontarsi di F. sono pregni di ironia anche quando si sente la tristezza che li pervade, il dolore dei sogni infranti e delle cose andate come non dovevano, il senso di colpo là dove colpa non ci dovrebbe essere.

Una piattaforma rialzata è il punto di partenza della scenografia, là dove troviamo F. a inizio spettacolo, ma man mano che racconta sale e scende, si muove per tutto il palco.
Come fosse una finestra fuori posto un vetro al centro della piattaforma, che appare quale specchio ma in realtà è trasparente, fa da lavagna dove segnalare lo scorrere del tempo.
Ogni data racconta un episodio significativo della vita di F., e ad accompagnarle vi è volta per volta un aggettivo diverso di cui due voci fuoricampo leggono il significato da un vocabolario.
Da puttana a vergine, passando per troia ma anche per vittima, nel suo viaggio di vita che non ha sempre avuto la fortuna di scontrarsi con l’amore vero, quello sognato da bambina.
Piccoli oggetti le fanno compagnia durante l’interpretazione; bicchieri di superalcolici, pillole, la rappresentazione delle sue dipendenze, delle debolezze colmate con l’inebriarsi dei sensi, per ridere anche quando si vorrebbe piangere o addormentarsi per spegnere il dolore.

Solo un lenzuolo bianco resta costante durante tutta la rappresentazione; fa da copriletto, da coperta, ma anche da abito, diventa velo di sposa o bambino da cullare. Quasi la coperta di Linus di cui F. ha bisogno mentre si spoglia davanti al pubblico, emotivamente molto più che fisicamente.
Per raccontare come il suo corpo è diventato strumento di lavoro mette a nudo la sua anima davanti a chi la ascolta e la segue nel suo intimo viaggio.
Quando siamo costretti a salutarla, uscendo dai flashback e tornando all’attualità, la sua forza d’animo ci sorprende e rincuora.
Lasciamo una F. che crede in sé più di quanto non creda a quell’amore che l’ha troppe volte tradita.
Non sappiamo nulla del futuro che l’attende, ma la sensazione di speranza ci accompagna mentre le luci si accendono.

Fucked di Penny Skinner – regia Martina Glenda – con Chiarastella Sorrentino – scene Sara Palmieri – aiuto regia Arianna Cremona – traduzione Francesca Romana degl’Innocenti e Marco M. Casazza – produzione Khora Teatro