LA SCALA A CHIOCCIOLA al Ciak: La recensione

In scena in questi giorni al Teatro Ciak la riduzione del romanzo noir della scrittrice gallese Ethel  Lina White, da cui è stato tratto un film di largo successo nel 1946.

La vicenda sulla scena ci trasporta nell’Inghilterra degli anni ’30: siamo in una grande casa della grigia campagna britannica. L’azione si svolge nell’arco di 24 ore. Mentre fuori imperversa un temporale, dentro la grande casa –che da subito si intuisce appartenere a una famiglia di importanti ascendenze, gli Warren—la giovane collaboratrice avventizia Helen (Martina Carletti) si intrattiene con la signora Oates (Barbara Abbondanza), la ciarliera cuoca di famiglia. Quest’ultima rivela alla giovane che il circondario è stato interessato negli ultimi tempi da alcuni delitti rimasti insoluti: le vittime erano giovani ragazze, proprio come Helen e tutte sono state strangolate. La confidenza non fa altro che accrescere i timori della giovane, già insorti in lei durante una breve passeggiata nel pomeriggio, allorchè –riferisce- si era sentita osservata. D’altronde tutto in quella casa suggerisce trepidazione: una finestra chiusa male non fa altro che sbattere sinistramente, colpi agghiaccianti alla porta, rombi di tuono e sibili di vento, insomma tutto l’armamentario degli indicatori che fanno pensare a un noir, che aspetta soltanto di compiersi.

Per prudenza e per dovere di servizio, la giovane Helen si occupa di serrare bene le finestre e di chiudere fuori il mondo circostante, a protezione dell’apparente sicurezza di quella strana magione, convinta che da lì –da fuori- provenga quella strana sensazione di paura che le chiacchiere della pettegola signora Oates non hanno fatto altro che amplificare in lei. Il medico di famiglia dottor Parry (Riccardo Cascaran) si incarica di tranquillizzare la giovane Helen (per la quale prova un’attrazione particolare).

Ma non tarderanno a manifestarsi altre presenze in quella casa che lentamente avranno la funzione di sparigliare la reale mittenza di quella paura avvertita da Helen: in casa regna –ancorchè allettata- la vecchia Lady Warren (Franco Sciacca)- che comanda a bacchetta la figliastra Blanche (Linda Manganelli) e l’enigmatico figliastro Prof. Sebastian (Giovanni Carta).  I due fratelli Blanche e Sebastian, (quest’ultimo in guisa più estrema) teorizzano il primato delle entità umane superiori e il diritto di queste ultime di togliere di mezzo quelle in sottordine (curiosamente, la giovane Helen sembra rientrare in quest’ultimo novero, per via della bassa statura. In Europa negli stessi periodi si cominciava a sentire qualcosa di simile…).

 A completare il quadro dei presenti, per ampliare il novero dei sospettabili a beneficio dello spettatore del noir, l’allievo del Prof. Warren, Stephen Rice (Claudio Garrubba) e l’ineffabile infermiera Barker (Sivia Siravo), lei sì alta e sprezzante nei riguardi della povera Helen, ormai preda dei timori esterni e di tutte le idiosincrasie di quegli strani personaggi di casa.

L’adattamento del testo è di Andrea Ruggieri e di Anna Masullo, che firma anche la regia. Musiche di Alessandro Molinari, costumi di Valentina Bazzucchi. Gli attori si muovono su una efficace scenografia articolata in più livelli.