Questa volta si va controcorrente. A fronte di enormi elogi, dei giganteschi numeri registrati, dei record battuti, la quarta stagione di Stranger Things non sembra aggiungere nulla di nuovo alla serie sci-fi vintage anni ’80 che dalla prima stagione ha fatto incollare milioni di persone davanti allo schermo. D’altronde squadra che vince non si cambia. Tradotto: se funziona perché stravolgere?
Da subito il mix vincente del franchising è stato proporre al pubblico una scrittura compiacente, che ricalca la moda vintage degli ultimi anni (fotocamere analogiche, vinili e polaroid ritornati nella nostra vita come punto di rottura da una digitalizzazione troppo invasiva), con protagonisti una banda di ragazzini che cerca di sconfiggere il male. Insieme patemi d’amore, crisi di amicizia e adolescenze da high school americana.
Funziona, ovviamente. La prima stagione era arrivata su Netflix (che la produce anche) mescolando nostalgia e avventura, horror e ironia. Un esperimento sicuramente riuscito, che non inventava nulla ma che era riuscito a ricreare quelle atmosfere che colpiscono l’occhio e il cuore nostalgico (nostalgia anche per chi gli anni Ottanta non li ha mai vissuti) dei ragazzi di mezzo mondo. Nel frattempo però, i protagonisti sono cresciuti ma la storia è sempre la stessa: nel Sottosopra c’è un male che sembra inestirpabile, tocca a El (Millie Bobby Brown) e ai suoi compagni affrontarlo.
In questa nuova stagione di Stranger Things Hawkins è nuovamente colpita da quella che sembra una maledizione, giovani vengono trovati morti in circostanze soprannaturali, e la colpa ricade su un gruppetto di giocatori di Dungeons and Dragon guidati da un eccentrico capo, Eddie Munson (Joseph Quinn), che sarà accusato di effettuare riti satanici. Il gruppo è però diviso, qualcuno ad Hawkins, qualcuno in California e chi nell’avversa e nemica Russia. Nonostante ciò, si ritroveranno tutti a combattere un nemico che tra intrecci e capogiri porterà al vero villain di questa stagione: Vecna. Il supercattivo, la cui storia verrà raccontata col passare delle puntate, sarà colui che darà del filo da torcere ai protagonisti.
Nonostante il clamore e le lodi, questa nuova stagione non ha portato nulla di nuovo a quanto già detto in precedenza. Si cerca uno sviluppo dei personaggi che però rimane sterile: caricature esagerate per una linea comica che non viene neanche sfiorata, prove attoriali quasi fastidiose – Eleven, la protagonista, ha una o forse due espressioni, non di più – e scene volutamente emozionanti che non riescono a essere vere. Si salvano l’evoluzione del personaggio di Will (Noah Schnapp) e il rapporto sincero tra Eddie e Dustin (Gaten Matarazzo).
Si punta enormemente sulla spettacolarità. La realtà parallela in cui si muovono i ragazzi è visivamente degna di nota, rendendo il mondo più cupo e dark. Ma rimane solo questo. La noia verso le ultime puntate comincia a prendere il sopravvento, e sembra di guardare sempre la stessa cosa, aspettando che El alzi la manina per fare le cose sue coi superpoteri, poi il sangue dal naso, poi i ragazzetti sfigati che diventano guerrieri fiabeschi. Insomma, un prodotto per intrattenere e niente più.
La quinta e ultima stagione di Stranger Things è già confermata. Andrà alla grande, segnerà record su record. Tocca sperare solamente in un cambio di passo che possa giustificare il fatto che sia arrivata fino alla quinta stagione.