Ultimo appuntamento al teatro dell’Opera prima di Caracalla con il capolavoro di Bizet
La prima parte della stagione del Costanzi, prima di Caracalla e della ripresa autunnale, si chiude con la Carmen, un ritorno a Siviglia dopo l’esperienza itinerante del Barbiere di Operacamion. Il Teatro dell’Opera di Roma ha scelto Bizet per salutare questa metà d’anno.

Allestita seguendo le scene e i costumi originali di Renato Guttuso, che la trasportano in una Siviglia un po’ più pop e italiana di quel che si potrebbe immaginare, questa Carmen di inizio estate ha visto la regia di Fabio Ceresa accompagnata dalla direzione Omer Meir Wellber. Nelle sue mani il lavoro dell’Orchestra del Teatro dell’Opera, un’orchestra energica come il suo conduttore, piena di quella forza musicale che della Carmen è simbolo, tra le sue gitane seduttrici e i toreri celebrati come eroi. Al loro fianco il Coro e le voci bianche del Teatro dell’Opera, diretti dai Maestri Ciro Visco e Alberto de Sanctis. Le voci, soprattutto quelle dei giovanissimi, hanno animato la piazza spagnola, rendendo viva l’ambientazione e il mondo in cui i protagonisti si muovevano, con tutte le contraddizioni di una società rigidamente divisa dalla quale il tentativo di fuggire si dimostrerà scelta nefasta.
Protagonista dell’opera Gaëlle Arquez, la cui voce ha brillato sul palco del Costanzi accompagnata da una presenza scenica che ha dato il suo massimo nel secondo atto. È la Carmen drammatica, consapevole del presagio di morte che le han dato le carte, a elevare l’interpretazione di Arquez, facendo arrivare al pubblico la sensazione di paura e di terrore che avvolge un personaggio carismatico e consapevole di sé ma umano. Umano come Joshua Guerrero, che di Don José ha saputo trasporre i dubbi e le paure per poi arrivare al violento finale, in una sempre minore consapevolezza di sé che il canto non giustifica ma accompagna.
Chi invece ha portato sul palco un personaggio forte e davvero consapevole, calato nel ruolo con maestria sia canora che interpretativa, è stato Erwin Schrott. Il suo Escamillo era il torero acclamato per antonomasia, dalla folla in scena e dal pubblico in sala. Una star del suo tempo che Schrott esalta al massimo, col canto, col movimento, persino con la mimica facciale, riuscendo a costruire un personaggio completo, che non passa inosservato sul palco del Costanzi.
Grandi applausi anche per Mariangela Sicilia, che ha dato vita a un’ottima Micaëla per tutta la durata dello spettacolo, e per Meghan Picerno e Anna Pennisi, con le loro Frasquita e Mercedes, contraltari di una Carmen che man mano si incupisce e lascia sempre meno spazio alla freschezza del primo atto, un mix di carattere e origine che a loro resta e portano avanti.
E buona è stata anche l’interpretazione del Morales di Matteo Torcaso, che ha di fatto aperto l’opera.
Guidata da scene e costumi classici, la regia di Ceresa non azzarda, lascia che la Spagna del maestro sia la base su cui tutto si svolge, tanto nella piazza andalusa quanto tra i monti della regione. Proprio nel passaggio tra i due ambienti si ritrova il più grande cambiamento scenografico; dalla Siviglia mediterranea e colorata, dove il blu la fa da padrone anche più del rosso, ora riservato solo a Carmen, ci si trova tra le montagne scure, cupe. Sembra di essere nella Fucilazione di Goya, in quei monti poco rischiarati che spaventano e non fanno sperare in un futuro limpido.
E anche al ritorno in Siviglia, nell’ultimo atto, la piazza è vuota e tutta la vitalità emanata da militari, sigaraie e bambini è scomparsa. Si sente, ma è lontana, altrove. Esiste ma ha abbandonato Carmen e Don Josè, rimasti soli a veder compiersi il loro destino. Nel contesto dei “Volti del potere” di questa stagione operistica Carmen è più incarnazione di anarchia, di ribellione, di fuga dall’ordine costituito. Una fuga che porta con sé la libertà di una sensualità – forse troppo poco esplicitata – che vuol dettare la sua legge, innamorarsi e scegliere, prendere e lasciare. Fino alla fine, anche quando le sue carte, per lei premonitrici mai dubbie, dicono che non c’è vita ad aspettarla oltre Siviglia.

Non è incoscienza, non è indifferenza. Sa cosa accadrà, forse sa anche come, perché, quando. Ma al destino corre incontro. È la sua forma di libertà.
_________________________
Carmen di George Bizet – Regia Fabio Ceresa – Direttore Omer Meir Wellber – Maestro del Coro Ciro Visco – Scene e costumi Renato Guttuso – Luci Giuseppe Di Iorio – Movimenti mimici Mattia Agatiello – Scene ricostruite da Alessandro Nico – Costumi ricostruiti da Anna Biagiotti – Con; Gaëlle Arquez (Carmen), Joshua Guerrero (Don José), Erwin Schrott (Escamillo), Mariangela Sicilia (Micaëla ), Meghan Picerno (Frasquita), Anna Pennisi (Mercedes), Alessio Verna (Dancairo) – Blagoj Nacoski (Remendado), Nicolas Brooymans (Zuniga ), Matteo Torcaso (Morales) – Orchestra e Coro del Teatro dell’Opera di Roma – con la partecipazione del Coro di Voci Bianche del Teatro dell’Opera di Roma (maestro Alberto de Sanctis) – Allestimento Teatro dell’Opera di Roma – Riproposto nella versione storica del 1970 – Teatro dell’Opera dal 21 al 28 giugno 2025
Foto di ©Fabrizio Sansoni