La cantata dei pastori: per la nascita del verbo umanato

“Con la tecnica non si fa il teatro. Si fa il teatro se si ha fantasia.” (Eduardo De Filippo)

E’ in scena dal 3 al 15 gennaio 2023 al teatro Sala Umberto di Roma la nuovissima edizione della Cantata Dei Pastori, uno degli spettacoli che hanno fatto la storia della tradizione napoletana. A portarla in alto è certamente Peppe Barra con la regia di Lamberto Lambertini. A fare coppia con il maestro è Lalla Esposito che, pur rimanendo fedele alla nuova sperimentazione drammaturgica, ora interpreta Sarchiapone (ruolo che originariamente era ricoperto dall’attrice Concetta Barra). In scena anche Luca De Lorenzo (Armenzio/il diavolo), Serena De Siena (che interpreta sia il pastore Benino che la Madonna), Massimo Masiello (Ruscellio/Il diavolo), Antonio Romano (San Giuseppe/Cidonio), Rosalba Santoro (che interpreta gli arcangeli Gabriele e Raffaele). Una produzione Ag Spettacoli e Tradizione e Turismo – Teatro Sannazaro.

La cantata dei pastori narra il viaggio di Maria e Giuseppe verso Betlemme e delle insidie che i diavoli frappongono loro per impedire la nascita di Gesù. Il male sarà infine sconfitto ad opera degli Angeli, che saranno adorati dai vari e classici personaggi del presepe: pastori, cacciatori e pescatori. Tra i protagonisti della sacra rappresentazione viene inserito Razzullo, uno scrivano inviato in Palestina per il censimento e comico personaggio popolano perennemente affamato. Sarchiapone, che dato il suo aspetto fisico prende il nome di “scartellato” ossia gobbo, al contrario dello spaventatissimo Razzullo, non ha paura di nulla, nemmeno dei draghi dell’Inferno. Egli è assassino, ladro, deforme, maligno, bugiardo, in poche parole il beniamino di tutti i bambini.

In origine lo spettacolo non aveva canzoni. Anno dopo anno il popolo ha arricchito il copione con tutti i linguaggi, alti e bassi del teatro: farsa, avanspettacolo, commedia dell’arte, musical. Già nell’ultimo dopoguerra Sarchiapone appariva cantando le canzonette più in voga, con il massimo godimento del pubblico. La tradizione popolare stravolse a poco a poco quel testo della controriforma, volgarizzandolo, rovesciandone gli intenti educativi, edificanti, riuscendo così a strapparlo dall’ineluttabile oblio del tempo. Lo spettacolo andava in scena alla mezzanotte del 24 dicembre.

La Cantata dei pastori è un sogno meraviglioso che non tradisce la tradizione (le scenografie vengono cambiate a mano) laddove il canto liturgico si unisce alla prosa dando vita ad una messa in scena che attinge un po’ dalla commedia dell’arte un po’ dal varietà. Maestoso il momento canoro di Rosalba Santoro, che in veste di angelo del paradiso intona un celeste inno. Massimo Masiello è invece, nel secondo atto, un diavolo tutto napoletano che inaspettatamente sorprende il pubblico con un accenno alla grande Pupella Maggio nel ruolo di Concetta in Natale in Casa Cupiello.

Uno degli aspetti più interessanti della nuova edizione della Cantata è, a mio parere nel testo che alterna recitato e improvvisato, l’accenno alla figura del topo al posto della classica gallina o maiale (mi riferisco alla scena in cui in due poveri Razzullo e Sarchiapone vagano disperati in cerca di cibo). Tale animale ha significato rituale e mistico all’interno della drammaturgia napoletana in quanto, gli autori che ne hanno fatto uso, hanno attribuito al topo una certa magnanimità nel guardare Napoli dal basso, dal vicolo, dalla strada proprio come faceva Raffaele Viviani. Ecco un meraviglioso accenno di contemporaneità in un testo classico.

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Elena Salvati

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